LA STANZA DI    RICCARDO CHISARI


Riccardo Chisari


TRIPOLI BEL SUOL D'AMORE
RACCONTI DI
RICCARDO CHISARI
EDIZIONI S.A.R.C. - LUINO

IL GIOCO E LA SCUOLA

Ricordo che all’epoca quand’ero ragazzino ed andavo alle scuole medie, la ghumru (1) era tutta un’altra cosa. Ci si alzava presto e dopo una colossale zuppa in scodella bianca smaltata con hobza (2) e caffe-latte si volava di corsa alla madrasat (3), luogo di espiazione del peccato originale che ogni creatura vivente aveva con la cacciata dall’Eden ricevuto in penitenza per redimersi dai peccati.   La nostra scuola era veramente speciale, infatti, essendo una scuola Italiana all’estero, dovevamo oltre alle materie normalmente in uso nel corso di lingua Italiana tenere anche quelle del corso di lingua Araba. Per fortuna che geometria, disegno e matematica erano una scienza polilinguistica !!! E cioè, mi spiego meglio, valevano sia per gli Arabi che per gli Italiani. Si iniziava quindi con fare un paio di saghatan (4) di lingua Italiana, con mughallimuna (5) speudo Italici provenienti dall’isola Siciliana, poi si faceva Storia, Geografia del corso di studio Italiano, in seguito naturalmente Religione Cattolica, fagha’(6) ricreazione con panino, tonno e Felfel (7) – tutt’intorno alla grande fontana con i pesci rossi tra le piante di papiro e le occhiate in su sulla scala per guardare ciò che si poteva poco vedere e molto immaginare esistesse sotto le gonne delle ragazzine che scendevano le scale, discutendo, nel contempo, sulla teoria dell’evoluzione della specie, la più innovativa quella del Darwinismo, di cui ero un acerrimo ed accanito sostenitore e l’altra, quella conservatrice, accolta con il consenso beneplacito di Don Valerio che, invece, affermava i sacrosanti crismi e fatti citati nel libro sacro della Bibbia; la creazione dell’uomo per mano di Dio a sua immagine e somiglianza.

Dopo la pausa ricreativa si ritornava su in classe e si attaccava con Storia Araba, Geografia Araba, Educazione civica Araba e  naturalmente letteratura in lingua Araba, qualche ora di Inglese e tutte le altre puttanate varie compresa l’immancabile Educazione Musicale e Ginnastica Artistica, dove ti facevano gijaragh (8) per un’ora intera dentro il perimetro di una palestra e se invece, ti andava bene, ti facevano arrampicare su una specie di scala in legno o tutt’alpiù di corda fino in cima senza cadere per terra. Quegli anni sono stati favolosi. Ho imparato benissimo l’alfabeto Arabo e tutte le sue tre vocali, in modo talmente bene da riuscire a scandirlo a tempo di Rock and Roll sia in modo crescente che decrescente. Per leggere e scrivere era poi uno spasso, un’ Alif (9) con tutte le sue varianti, da quella minuscola quasi invisibile a quella maxi praticamente formato pagina, e così per tutte le altre 28 lettere dell’alfabeto.

La parte più interessante era poi la combinazione tripartita delle medesime lettere, eccetto quelle solari che avevano un’unica forma calligrafa,  a secondo esse fossero iniziali, mediane e finali. Praticamente ho e abbiamo scritto in tutte le maniere abbinando ed applicando senza sosta una lettera con l’altra facendo, per chi non conosceva la lingua, una sorta infinitamente inesauribile di variabili di varianti in costante mutamento dal tratto più sottile a quello più spesso con aggrovigliamenti e stiramenti tali da riempire con una sola costante di variabile un rotolo di 30 piani di morbidezza.

 La cosa che mi rendeva saghjjd (10) era che un giorno o l’altro la madrasat sarebbe terminata e con la fine dell’espiazione avrei potuto anch’io intraprendere un’attività lavorativa come tutti i grandi.     

Andavo a scuola alle 8,05  in punto, pena l’arresto e l’espulsione dalla classe, alle 13,30 ricreazione ore 14,00 ancora in classe fino alle 18,15 , rientro in casa, quattro pedate nel sedere da chi di dovere, merenda, poi compiti sino alle 22,00, cena con i genitori e naturalmente ripasso dalle 23,00 in avanti, tanto ..... c’era il caldo e non si poteva mica dormire tanto facilmente.

Il mio papà invece, titolare d’azienda, andava con tutti i suoi dipendenti ed operai a lavorare alle 9/9,30,  pausa Shai alle 11,00  panino e tonno e Felfel alle 13,30, riposo con pisolo ronfante in ditta fino alle 16/16,30 , sgranchita di gambe con il Kura (11) all’interno della ditta, ripresa del lavoro alle 17,00  fino alle 19,00 circa, minuto più, minuto meno. Pulizia generale, doccia, Eskiimu (12) o Shaj per eliminare la stanchezza, un tuffo al mare, rientro a casa, quattro salti sul letto, cena, passeggiata ristoratrice, un zic di radio, un incontro di box alla televisione Americana e mega ronfata ristoratrice finale. Tutto questo sapevo sarebbe ben presto finito, perchè è noto che anche gli adulti avevano fatto il medesimo percorso, ma sia io che i miei compagni nel frattempo ci rodevamo lo stesso dentro.     

Secondo i suggerimenti degli adulti, sia insegnanti che genitori, dovevamo giocare, nei limiti del tempo all’epoca a noi concesso, con i ragazzini Arabi per socializzare e per imparare usi e costumi.  

Prima quindi che potessero scendere inesorabilmente  gli ultimi raggi del sole ci riunivamo sul luogo neutrale - la pubblica strada - si iniziava a giocare “al sociale”e se giocavamo ad Indiani e Cowboys era evidente che gli Italiani erano i Cowboys e gli Arabi invece erano gli Indiani.   

Il più delle volte vincevano gli Indiani, perché menavano di brutto, erano più veloci nel correre e saltavano benissimo da una palma all’altra nel raccogliere i datteri, altre volte invece ci mettevamo d’accordo e vincevamo noi, d’accordo però, che la volta dopo ce l’avrebbero fatta pagare di brutta.       

Ogni tanto invece, su loro insistenza,  facevamo delle partite a Zarbuta (14) e lì succedeva il finimondo perché era un gioco “serio” e si giocava senza alcuna intransigenza . Erano veri e propri  tornei e ci si batteva sia individualmente che per squadra.

Dovete sapere che quelle Zarbute erano praticamente indistruttibili (quelle che si facevano loro) e che venivano praticamente fatte volare per aria.

Ogni tiro era una mazzata e nel giro di 3/4 colpi le nostre trottole si aprivano come meloni in due proprio nel mezzo!!!

Avevamo chiesto aiuto a tutti i nostri amici grandi, ma non riuscivamo a scoprire con quale legno gli Arabi se le facevano.

Tutto poteva avere senso ma non quello.   Non vedevo l’ora che il periodo di Madrasat -espiazione finisse, solo così avrei ed avremmo potuto sottrarci ad occuparci dell’aspetto prettamente sociale ed a quelle  umiliantissime zarbutate al calar del sole.    

 

VOCABOLI IL GIOCO E LA SCUOLA

1

ghumru

vita

2

hobza

pane

3

madrasat

scuola

4

saghatan

ore

5

mughallimuna

insegnanti

6

fagha’

quindi

7

Felfel

piccante

8

gijaragh

correre

9

Alif    

prima lettera dell’alfabeto praticamente corrisponde alla lettera A

10

saghjjd

felice

11

 Kura               

Palla

12

Eskiimu 

Ghiacciolo

13

Zarbuta

trottola di legno

 

Conquista araba Zarbuta

 


Ernandes homepage la passeggiata della domenica sera cambiano i tempi Indice Chisari