LA STANZA DI    RICCARDO CHISARI


Riccardo Chisari


TRIPOLI BEL SUOL D'AMORE
RACCONTI DI
RICCARDO CHISARI
EDIZIONI S.A.R.C. - LUINO

IL SIGNOR MOSSERO GIUSEPPE

Ci fu un giorno che il mio papà venne a casa entusiasta; aveva incontrato un signore, un certo Mossero Giuseppe, che aveva, chissà come, fatto arrivare da qualche parte dell’Italia o d’Europa una macchina eccezionale: una MG color bianco-panna.- avorio. Quando mio padre la vide, lui che aveva la passione delle macchine grosse Americane, rimase entusiasta perché s’accorse che lì dentro quella sajjarat (1) aveva proprio tutto, anche se il tutto era ridotto ai minimi termini tanto il tutto era piccolo piccolo.               

Dovete sapere che papà, era invece abituato ad usare quelle macchinone con 6 / 8 posti a sedere, con un sacco di sportelli, con il bagagliaio ribaltabile elettronicamente tanto grande e capiente che dentro ci teneva le quattro ruote di scorta regolamentari, i bidoni di benzina, la pala per togliere la sabbia del deserto sotto le ruote, i tappetini con i rinforzi di legno, le due funi per il rimorchio, l’arganetto, il cric e tutte quelle altre cose che servivano normalmente per andare in giro in Africa, nonché anche i due bidoni per contenere l’acqua a cui io e mio fratello minore, l’Alberto, avevamo il compito di vuotare e  riempire tutti i santi giorni.      

Ebbene quel giorno, ricordo doveva essere un giorno di festa, un Venerdì o forse una domenica.  Mio padre Francesco entrò di corsa in matbahu (2), diede un fragoroso bosa (3) sulla guancia della mia mamma e disse: “ Sai Maria, ho visto una macchina favolosa, che va molto bene per te….pensa è  piccola piccola ha due grandi fari sporgenti davanti, ha un volante in pelle, il frontale dove ti metti alla guida in legno lavorato, due soli sportelli per entrarci dentro , uno a destra, l’altro a sinistra e due soli posti davanti….di dietro c’è una specie di buchetto dove al limite ci puoi mettere la borsetta tanto che è piccola, e poi, aspetta ..... è anche molto comoda perchè ha  la ruota di scorta attaccata di dietro all’esterno sul posteriore della macchina ed è per giunta senza tetto”

 Mia madre non gli diede molto peso e disse,” Ma che se ne fa uno di una macchina a due posti,? Senza spazio per mettere la roba per il soccorso e per giunta con una sola ruota di scorta?” Lui rispose: “Ma sai è una macchina per città, e poi, sai  ...è anche bianca”       

Mangiammo, ricordo, tutti in silenzio sentendo raccontare delle meraviglie tecnologiche e delle cromature di quella macchina, con tutti gli annessi e connessi.

L’indomani venne a trovarci il Sig. Mossero Giuseppe, con una signora tanto grassa che bassa e larga, tutta scura di pelle, che per noi tutti ragazzi fu una sorpresa vedere che ci riusciva a stare tutta dentro.     

Lui, il  Mossero Giuseppe, tutto vestito di bianco, foulard annodato alla gola, un paio di occhiali da sole, barba rasata di fresco, sfoderava un sorriso abbagliante con riverbero luccicante dovuto ad un’otturazione dentale sul lato sinistro delle labbra.      

Lei, la compagna, come anzidetto, robusta, aveva occhi scuri, collo taurino, braccia, cosce e polpacci vistosamente sodi e abbondanti, per contrasto vestiva rigorosamente di scuro.  La coppia giungeva alle 14.00 c.a. strombazzando e ,mentre il polverone di sabbia si alzava con un’enorme frenata, si posero di traverso al senso di marcia di fronte alla nostra casa.

Il guaio era fatto, tutti noi ragazzi uscimmo al volo interrompendo all’istante ciò che al momento stavamo facendo, mia madre si asciugò in fretta sul grembiule le mani bagnate con l’acqua ed il  sapone dei piatti.  Mio padre, seduto sul cesso invece fu colto di sorpresa e fece leggermente attendere gli ospiti. Mentre la coppia, seduta in cucina, beveva il gahua ( 4) noi  ragazzi eravamo tutti distesi sull’auto; io al volante facevo spostare le ruote, Alberto al mio fianco giocava con le levette, Maurizio e Renato rispettivamente l’uno sul cofano, l’altro sulla ruota di scorta saltavano di gioia constatando quanto era robusto e resistente l’automezzo.          

 Il tempo del caffè ed il Mossero con un saiihu (5) assordante ci fu sopra, io mi sentii tirare un orecchio, l’Alberto ricevette un calcio nel culo, Maurizio un sonoro ceffone, mentre Renato (il Nanni) il più piccolo schivò una pedata di rovescio che mise in frantumi il fanalino posteriore.  Che scandalo, buukii (6) era furente, ummii (7) addolorata di questi suoi figli sempre in costante movimento, teneva a fatica la bella compagna priva di sensi appoggiata sulla sua spalla. 

Ci volle un bel po’ per ristabilire il controllo di tutta la situazione. 

Il Mossero Giuseppe, aveva il piede sanguinante, mentre il bidone aveva ricoperta la faccia con impacchi di acqua frizzante.  Io ed i miei fratelli al sicuro, osservavamo il tutto in silenzio arrampicati , chi sul banano e chi sul pero, chi sulla vite e chi sulla palma. 

Quando mio padre aprì il portafoglio, la dolce signora si riprese dal fatto ed il Giuseppe si alzò di scatto, afferrò 100 sterline (8) e si avviò a controllare il funzionamento della macchina, non aprì, ma saltò lo sportello, ma inciampando cadde a faccia in giù sbattendo il grugno sulla leva del cambio. L’auto allora messasi in folle si spostò all’indietro e mentre papà le correva dietro prendendo sempre più velocità s’infilava a ritroso, passando sotto le nostre postazioni, nel lungo viale e verso il cancello d’ingresso, qui giunta, come impazzita curvò ed andava a cozzare con violenza sul pilastro amama (9) al cancello.

Di colpo fu un altro disastro poiché sul pilastro un vaso di fiori si ruppe di botto. La zavorra di sassi volò sul cofano della macchina, mentre le verdi pale di Fichi d’India s’inficcarono nella schiena e sulla spalla sinistra del povero Giuseppe. Con eccezionale  tempismo, nel frattempo che mia madre teneva con una mano  e con l’altra faceva vento sul volto  del “vagone” e mentre  il mio vecchio rimuovendo le verdi pale tirava fuori il “bianco seduttore”, noi ragazzi di colpo arrampicandoci sul pergolato di Bougonville e Gelsomino (10) fuggimmo e ci mettevamo al riparo, sul tetto della casa, dal tiro di eventuali sonori ceffoni. Grida, urla ed imprecazioni furono un tutt’uno, e noi ben consci di ritardare l’inevitabile punizione decidevamo di resistere sul tetto.  Verso l’imbrunire la bianca MG acceso i fari lentamente rivarcò il nostro cancello e noi approfittando del calare della notte ci apprestavamo a calare i nostri calzoni.

Non saprò mai luà (11) Arfii (12) fece qualche giorno dopo società col Giuseppe, se fu per obbligo morale o per l’ MG ammirazione.

VOCABOLI IL SIG. MOSSERO GIUSEPPE

1

sajjarat

macchina

2

matbahu

cucina

3

bosa

bacio

4

gahua

caffè

5

saiihu

grido

6

buukii

mio padre

7

ummii

mia madre

8

sterline

banconota locale valeva 1000 piastre  - nel 1970  1 piastra valeva 17 lire

9

amama

vicino

10

Bougonville  Gelsomino

era uso comune realizzare pergolati costituiti da Bougonville e  Gelsomino abbinando all’effetto estetico del colore arancio-rosso l’intenso  profumo del Gelsomino

11

luà

perchè

12

Arfii

Arf = Capo  ii = mio = mio capo = mio padre

  

 Tarabulus el gharb

  Donna araba

 

Gioiello in argento

 

Testimonianze storiche

 

 

 Dune

       Piazza Verde                         

artigianato locale

 

 



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