IL
SIGNOR MOSSERO GIUSEPPE
Ci
fu un giorno che il mio papà venne a casa
entusiasta; aveva incontrato un signore, un
certo Mossero Giuseppe, che aveva, chissà
come, fatto arrivare da qualche parte
dell’Italia o d’Europa una macchina
eccezionale: una MG color bianco-panna.-
avorio. Quando mio padre la vide, lui che
aveva la passione delle macchine grosse
Americane, rimase entusiasta perché
s’accorse che lì dentro quella
sajjarat (1) aveva proprio tutto, anche
se il tutto era ridotto ai minimi termini
tanto il tutto era piccolo piccolo.
Dovete
sapere che papà, era invece abituato ad
usare quelle macchinone con 6 / 8 posti a
sedere, con un sacco di sportelli, con il
bagagliaio ribaltabile elettronicamente
tanto grande e capiente che dentro ci teneva
le quattro ruote di scorta regolamentari, i
bidoni di benzina, la pala per togliere la
sabbia del deserto sotto le ruote, i
tappetini con i rinforzi di legno, le due
funi per il rimorchio, l’arganetto, il cric
e tutte quelle altre cose che servivano
normalmente per andare in giro in Africa,
nonché anche i due bidoni per contenere
l’acqua a cui io e mio fratello minore,
l’Alberto, avevamo il compito di vuotare e
riempire tutti i santi giorni.
Ebbene quel
giorno, ricordo doveva essere un giorno di
festa, un Venerdì o forse una domenica. Mio padre Francesco entrò di corsa in
matbahu (2), diede un fragoroso
bosa
(3) sulla guancia della mia mamma e disse: “
Sai Maria, ho visto una macchina favolosa,
che va molto bene per te….pensa
è
piccola piccola ha due grandi fari
sporgenti davanti, ha un volante in pelle,
il frontale dove ti metti alla guida in
legno lavorato, due soli sportelli per
entrarci dentro , uno a destra, l’altro a
sinistra e due soli posti davanti….di dietro
c’è una specie di buchetto dove al limite ci
puoi mettere la borsetta tanto che è piccola,
e poi, aspetta ..... è anche molto comoda
perchè ha
la ruota di scorta attaccata di
dietro all’esterno sul posteriore della
macchina ed è per giunta senza tetto”
Mia
madre non gli diede molto peso e disse,” Ma
che se ne fa uno di una macchina a due posti,?
Senza spazio per mettere la roba per il
soccorso e per giunta con una sola ruota di
scorta?” Lui rispose: “Ma sai è una macchina
per città, e poi, sai
...è anche bianca”
Mangiammo,
ricordo, tutti in silenzio sentendo
raccontare delle meraviglie tecnologiche e
delle cromature di quella macchina, con
tutti gli annessi e connessi.
L’indomani
venne a trovarci il Sig. Mossero Giuseppe,
con una signora tanto grassa che bassa e
larga, tutta scura di pelle, che per noi
tutti ragazzi fu una sorpresa vedere che ci
riusciva a stare tutta dentro.
Lui, il
Mossero
Giuseppe, tutto vestito di bianco, foulard
annodato alla gola, un paio di occhiali da
sole, barba rasata di fresco, sfoderava un
sorriso abbagliante con riverbero luccicante
dovuto ad un’otturazione dentale sul lato
sinistro delle labbra.
Lei, la
compagna, come anzidetto, robusta, aveva
occhi scuri, collo taurino, braccia, cosce e
polpacci vistosamente sodi e abbondanti, per
contrasto vestiva rigorosamente di scuro.
La
coppia giungeva alle 14.00 c.a.
strombazzando e ,mentre il polverone di
sabbia si alzava con un’enorme frenata, si
posero di traverso al senso di marcia di
fronte alla nostra casa.
Il guaio era
fatto, tutti noi ragazzi uscimmo al volo
interrompendo all’istante ciò che al momento
stavamo facendo, mia madre si asciugò in
fretta sul grembiule le mani bagnate con
l’acqua ed il
sapone dei piatti.
Mio padre, seduto sul cesso invece fu
colto di sorpresa e fece leggermente
attendere gli ospiti. Mentre la coppia,
seduta in cucina, beveva il
gahua ( 4) noi
ragazzi
eravamo tutti distesi sull’auto; io al
volante facevo spostare le ruote, Alberto al
mio fianco giocava con le levette, Maurizio
e Renato rispettivamente l’uno sul cofano,
l’altro sulla ruota di scorta saltavano di
gioia constatando quanto era robusto e
resistente l’automezzo.
Il
tempo del caffè ed il Mossero con un
saiihu (5) assordante ci fu sopra, io mi
sentii tirare un orecchio, l’Alberto
ricevette un calcio nel culo, Maurizio un
sonoro ceffone, mentre Renato (il Nanni) il
più piccolo schivò una pedata di rovescio
che mise in frantumi il fanalino posteriore.
Che scandalo,
buukii (6) era furente,
ummii (7) addolorata di questi suoi
figli sempre in costante movimento, teneva a
fatica la bella compagna priva di sensi
appoggiata sulla sua spalla.
Ci volle un
bel po’ per ristabilire il controllo di
tutta la situazione.
Il Mossero
Giuseppe, aveva il piede sanguinante, mentre
il bidone aveva ricoperta la faccia con
impacchi di acqua frizzante.
Io
ed i miei fratelli al sicuro, osservavamo il
tutto in silenzio arrampicati , chi sul
banano e chi sul pero, chi sulla vite e chi
sulla palma.
Quando mio
padre aprì il portafoglio, la dolce signora
si riprese dal fatto ed il Giuseppe si alzò
di scatto, afferrò 100
sterline (8) e si avviò a controllare il
funzionamento della macchina, non aprì, ma
saltò lo sportello, ma inciampando cadde a
faccia in giù sbattendo il grugno sulla leva
del cambio. L’auto allora messasi in folle
si spostò all’indietro e mentre papà le
correva dietro prendendo sempre più velocità
s’infilava a ritroso, passando sotto le
nostre postazioni, nel lungo viale e verso
il cancello d’ingresso, qui giunta, come
impazzita curvò ed andava a cozzare con
violenza sul pilastro
amama (9) al cancello.
Di colpo fu
un altro disastro poiché sul pilastro un
vaso di fiori si ruppe di botto. La zavorra
di sassi volò sul cofano della macchina,
mentre le verdi pale di Fichi d’India
s’inficcarono nella schiena e sulla spalla
sinistra del povero Giuseppe.
Con eccezionale
tempismo, nel frattempo che mia madre
teneva con una mano
e con l’altra faceva vento sul volto
del “vagone” e mentre
il mio vecchio rimuovendo le verdi
pale tirava fuori il “bianco seduttore”, noi
ragazzi di colpo arrampicandoci sul
pergolato di
Bougonville e Gelsomino (10) fuggimmo e
ci mettevamo al riparo, sul tetto della
casa, dal tiro di eventuali sonori ceffoni.
Grida, urla ed imprecazioni furono un
tutt’uno, e noi ben consci di ritardare
l’inevitabile punizione decidevamo di
resistere sul tetto.
Verso l’imbrunire la bianca MG acceso
i fari lentamente rivarcò il nostro cancello
e noi approfittando del calare della notte
ci apprestavamo a calare i nostri calzoni.
Non saprò
mai
luà (11)
Arfii (12) fece qualche giorno dopo
società col Giuseppe, se fu per obbligo
morale o per l’ MG ammirazione.
VOCABOLI IL
SIG. MOSSERO GIUSEPPE
1
|
sajjarat
|
macchina
|
2
|
matbahu
|
cucina
|
3
|
bosa
|
bacio
|
4
|
gahua
|
caffè
|
5
|
saiihu
|
grido
|
6
|
buukii
|
mio
padre
|
7
|
ummii
|
mia
madre
|
8
|
sterline
|
banconota locale valeva 1000 piastre
-
nel 1970
1 piastra valeva 17 lire
|
9
|
amama
|
vicino
|
10
|
Bougonville
Gelsomino
|
era
uso comune realizzare pergolati
costituiti da Bougonville e
Gelsomino abbinando
all’effetto estetico del colore
arancio-rosso l’intenso
profumo del Gelsomino
|
11
|
luà
|
perchè
|
12
|
Arfii
|
Arf
= Capo
ii = mio = mio capo = mio
padre
|
|
|
|
|
Tarabulus el gharb
|
Donna araba
|
Gioiello
in argento
|
Testimonianze storiche
|
|
|
|
|
Dune
|
Piazza Verde
|
artigianato locale
|
|
|