LA MIA VITA CON LA MUSICA A TRIPOLI
di Sergio Disco
Foto 01 – Sergio Disco
Dopo l’incontro del 28
maggio del 2006 al Palacavicchi, organizzato
da Paolo Cason, mi sono sentito al telefono con
il mio amico musicista tripolino Roberto Mione
che, rinvangando i nostri trascorsi musicali a
Tripoli, mi ha invogliato non solo a scrivere,
ma ha permesso di farmi ricordare (non l’avevo
dimenticata ma sicuramente l’avevo nascosta nei
meandri dei miei ricordi) quella che è stata la
mia gioventù vissuta a Tripoli e la mia grande
passione che è la musica. Nonostante io abbia
sempre avuto
più dimestichezza con la musica
che con la scrittura mi accingo a scrivere
quelle che sono stati i punti salienti della mia
vita con la musica a Tripoli.
I miei ricordi vanno molto lontano perché risalgono
alla mia tenera età di due anni. Mi divertivo a
vedere mio fratello maggiore
Antonio, più anziano di me di tre
anni, che, seduto davanti alla radio e con due
coperchi di alluminio di pentole da cucina,
seguiva il ritmo delle canzoni che venivano
trasmesse alla radio. Già da allora dimostrava
grandi capacità ed attitudine alla musica; oggi
è professore emerito di piano al Conservatorio
di Treviso.
Tutto questo può sembrare strano a chi
legge, ma grazie al suono ritmato di quei due
semplici coperchi, con cui riusciva ad estrarre
piacevoli e spassose armonie, gli fu regalata
una fisarmonica a 48 bassi dal nostro
indimenticabile zio
Carlo Guarrasi, che all’epoca si
dilettava a suonare sia la fisarmonica che il
pianoforte.
|
|
Foto 02 - Mio fratello Antonio a 6 anni e zio Carlo
Guarrasi
|
|
Inutile dire che dopo nemmeno due mesi mio fratello era
veramente padrone dello strumento e all’età di 6
anni era considerato a Tripoli un bambino
prodigio, tanto che mio
padre Corrado, piccolo artigiano
dell’elettromeccanica, si sentì “obbligato” a
comperargli un pianoforte di terza mano, ma
molto buono. Dico “obbligato” perché all’epoca,
alla fine degli anni quaranta, a casa nostra di
soldi ne entravano veramente pochi, non dico che
si mangiasse a giorni alterni perché questo non
me lo ricordo, però ricordo benissimo che mio
padre, per sostenere la nostra famiglia,
lavorava sette giorni su sette e l’unico riposo
che si concedeva era quando era costretto a
dover dormire.
|
Foto 03 -Mio padre Corrado nel 1948
|
Le buone doti di mio fratello Antonio convinsero i miei
genitori a fargli studiare musica dalla
maestra Scianna. Due o tre volte la settimana mio fratello, con la
fisarmonica a tracolla, si recava a piedi a casa
della maestra, che abitava non lontano dalla
nostra abitazione di Sciara Sidi el Bahlul.
La maestra, con molto tatto e psicologia,
convinse mio fratello, oltre a studiare la
fisarmonica, per lei strumento secondario, a
studiare il pianoforte.
Nel vedere ed ascoltare mio fratello che suonava e
migliorava sempre di più, venne anche a me il
desiderio di imparare a suonare. Ricordo che le
prime basi me le diede proprio lui, insegnandomi
il vario giro degli accordi: tutto questo mi
permise di iniziare a strimpellare qualcosa.
Cosa suonassi all’epoca non lo ricordo più, ma
notavo che anche per me si avvisavano segnali
positivi
per la mia attitudine alla musica. Nel pomeriggio,
dopo il ritorno da scuola, a casa era una
continua gara a chi occupasse prima il
pianoforte. Qui ha inizio la gara tra me e mio
fratello, tutti e due a studiare musica dalla
maestra
Scianna e tutti e due che miglioravamo sempre di più.
|
Foto 05 - Antonio alla fisarmonica ed io al piano con
la maestra Scianna
|
Quegli anni era purtroppo anni di miseria, il petrolio
non era stato ancora scoperto in Libia e la
nostra situazione economica familiare ne
risentiva. Inutile dire che la miseria di quei
tempi era rallegrata dalle nostre suonate, che
principalmente erano dedicate alla musica
classica. Tutti gli amici abitanti in Sciara
Sidi el Bahlul venivano rallegrati, almeno
speravamo, dal nostro pianoforte. Ricordo che
spesse volte i signori Paolo e Maria
Ponzio, con le loro figlie Pinuccia e Mirella,
venivano a casa nostra per trascorrere insieme
la serata. Il signor Ponzio aveva un negozio di
alcolici di fronte casa nostra, all’angolo tra
Sciara Ibn Sina e Sciara Sidi
el Bahlul, pertanto per rallegrare
queste serate, ci portava delle bottiglie di un
ottimo Marsala all’uovo, che lui stesso
produceva con la sua ditta. Ma, sia io e che mio
fratello, preferivamo lo zabaione preparato dal
Signor Paolo, che sbatteva zucchero e uova,
trattate con la chiara e montate dentro un
grande pentolone e,
poco prima di aggiungerci il marsala, ci
riempiva due bicchieroni. Quello si che era
gustoso!
|
|
|
Foto 06 - Mirella Ponzio e Guglielmo Scianna e Mamma
Caterina, Paolo e Maria Ponzio
|
|
|
Tra gli amici, vicini di casa, ricordo anche la Signora
Longo, con i figli Roberto (valente ex redattore
di questo notiziario, che purtroppo ci ha
lasciato poco tempo fa), Guido e Luciana, che
abitavano nell’appartamento sotto al nostro.
Luciana, in particolare, era una
fan
della cantante Mina, di cui conosceva a menadito
tutte le canzoni. Inoltre aveva delle
ottime doti canore e spesso nel pomeriggio la si vedeva passeggiare e cantare
nel cortile della sua casa
Le
mille bolle blu, Tintarella di Luna, E’ l’uomo
per me, Il cielo in una stanza, E se domani, La
città vuota e tutte le altre canzoni
che all’epoca avevano fatto di Mina una cantante
di “grido”, con la sua estensione di voce, una
cantante veramente straordinaria. Luciana non
era da meno; essendo molto giovane, era ben
intonata e
quadrata (termine musicale) ed ho sempre
pensato che prima o poi anche lei sarebbe
diventata una cantante veramente brava.
|
|
Foto 07 – Roberto e Rosetta Longo sposi tra mio padre
Corrado e mia madre Caterina
|
|
Nell’abitazione adiacente alla nostra viveva un’amica
araba, molto bella e prosperosa, si chiamava Attiga. Spesso anche lei veniva a trovarci, il suo modo di fare
era molto aggraziato ed attraente … forse molto
attraente. Aveva un carattere
spigliato, tanto che quando era con noi,
all’interno delle mura di casa nostra, si
toglieva i veli e spesso per scherzare saltava
in braccio a papà…Mamma Caterina spesso si
mostrava un po' gelosa, ma Attiga, per
rabbonirla, abbracciava pure lei.
Attiga spesso andava nell’officina di mio
padre per preparare sia a lui che ai suoi operai
lo sciai (tè), usanza molto seguita dalla
gente libica. Oggi pensando ad Attiga mi viene
il dubbio che papà sia stato sempre fedele alla
mamma, ma se così non fosse, papà si era “concesso”
ad una bellissima donna araba. Tra gli operai di
papà ricordo Guglielmo Scianna, figlio della
nostra maestra di musica e
Pippo Melilli, famoso
per la sua Lambretta, che riverniciava spesso
con colori diversi o che ne modificava il motore
per renderla ancora più veloce.
|
Foto 08 - Luciana ed Elvira Longo e Guglielmo
Scianna con mio fratello Duilio in
braccia
|
Ritornando ai ricordi delle nostre esibizioni musicali, queste
avvenivano nelle serate quando non veniva
trasmesso alla radio il gioco musicale a quiz Il Musichiere di Mario
Riva o quando, con l’avvento della
televisione, non riuscivamo a prendere i canali
della televisione italiana. Antonio ed io
ci cimentavamo a far ascoltare i nostri
progressi a tutti gli amici, per la gioia e la
soddisfazione di papà e mamma. Erano belle
serate,
indelebili nella mia memoria per la gioia
che procuravano a me e agli altri,
trascorse veramente in un’atmosfera di
serenità unica.
Mi
piacerebbe far capire l’atmosfera di quei tempi,
quando un po’ di musica ed il calore di
un’amicizia fraterna riusciva ad allontanare
cattivi pensieri ed i problemi che giornalmente
assillavano chi aveva l’onere di sostenere
dignitosamente
una famiglia numerosa come la nostra.
Eravamo alla fine degli anni cinquanta, quando
in Libia la situazione economica era incerta ed
il boom economico per la scoperta del petrolio
non era ancora scoppiato. Nel 1958 mio
padre Corrado, per la morte di mia sorellina
Daniela, vissuta soltanto cinque giorni, firmò
addirittura delle cambiali per poter affrontare
le spese del funerale.
La sera
prima della morte di mia sorellina mi trovavo
insieme a mio zio Carlo e mia zia Assunta in
casa di suo padre Gaspare
Guarrasi, che aveva una locanda di fronte al
Lido Vecchio e
dove alcune volte passavamo in compagnia
le nostre serate a giocare al Mercante in Fiera
o a tombola. Mio zio era molto spassoso quando
teneva il banco e noi tutti ci
divertivamo ad ascoltarlo quando con la
sua parlantina imitava il dialetto
maltese-tripolino-siciliano.
|
Foto 09 - Famiglia Guarrasi al Lido, Famiglia
Guarrasi a cena e zio Carlo
|
Quella sera vinsi circa 50 piastre, che l’indomani
spesi tutte per comprare dei fiori alla mia
sorellina Daniela, tanto desiderata da miei
genitori e purtroppo persa così prematuramente.
Premetto
che la presenza di mio zio Carlo fù importante
per la
mia vita
musicale.
Quasi tutti i sabato e le domeniche, andava a
suonare con la sua
band
in giro per Tripoli per festeggiare battesimi e
nei matrimoni. Viste le ristrettezze economiche
del tempo, racimolare qualche sterlina faceva
comodo e poi era anche un divertimento. Mio zio,
notando che mio fratello Antonio era ormai
diventato un provetto musicista, lo
volle portare con sé a suonare nelle serate
tripoline. Il complesso musicale
di mio zio era molto richiesto dalle
famiglie maltesi che abitavano nella Città
Vecchia e ogni occasione (battesimi, comunioni e
matrimoni) era buona per ingaggiarlo a suonare.
La mentalità di quel tempo imponeva che mio
fratello, ancora un ragazzino, pur essendo
probabilmente il migliore musicista del gruppo,
venisse pagato meno degli adulti; ma per
lui questo non aveva alcuna importanza,
lanciato com’era nel mondo della musica.
7
Zio Carlo al piano e Antonio all'organo
Una sera tornando da una di queste feste, Antonio mi
disse che aveva incontrato una persona che lo
aveva molto apprezzato come musicista e dato che
possedeva una tromba in disuso gliela regalò.
Sul momento non diedi importanza a questo regalo,
che rimase dentro una sacco di juta non so per
quanto tempo. Il mio studio con il pianoforte
proseguiva bene ma non con gli stessi risultati
di mio fratello, che dimostrava sempre più di
essere nato per suonare il pianoforte. Io sarei
sempre stato secondo rispetto a lui e questa
cosa mi inquietava. Il mio grande desiderio era
sempre stato quello di suonare assieme a mio
fratello, perché
forse avremmo battuto un record a
Tripoli: fino ad allora due pianisti nello
stesso gruppo musicale non erano mai stati
richiesti.
Antonio
nel frattempo era entrato a far parte del gruppo
Stardust. Questo gruppo
era formato da Mario Rocca al basso, Nini
Occhipinti alla batteria, mio cugino Salvino
Ragusa cantante e Giuseppe Perissinotto, capo
orchestra, alla tromba, e che tromba, era un
piacere ascoltarlo mentre provavano a casa mia.
|
Foto 11 - Il complesso STARDUST con Mario Rocca,
Giuseppe Perissinotto, Nini
Occhipinti, mio fratello Antonio e
Salvino Ragusa
|
Bisognava trovare un rimedio al mio “secondo posto” ed
il rimedio lo avevo davanti agli occhi, quel
sacco di juta con una tromba vecchia da
riaggiustare che forse poteva fare al caso mio.
Purtroppo non sapevo come suonarla, ci soffiavo
dentro e non usciva nessun suono. Siccome sono
sempre stato caparbio di natura, per prima cosa
incominciai ad osservare minuziosamente come la
suonava il simpatico Perissinotto. Innanzi tutto
notai che metteva le labbra in una certa
maniera ed in questo modo era capace di farne
uscire delle note stupende. Ma la cosa non era
così semplice come appariva, perchè non
capivo come facesse a suonare con soltanto
tre pistoni, che si muovevano in una serie di
combinazioni.
Per non
fare sentire lo straziante rumore che facevo
uscire soffiando dentro quella tromba me
ne andavo lontano da casa, su in terrazza.
Malgrado avessi preso questa piccola precauzione,
un giorno papà, forse innervosito per gli affari
che non gli andavano bene, si precipitò in
terrazza, mi tolse la tromba dalle mani e la
gettò per le scale causandole dei danni
abbastanza seri. Ci rimasi molto male e nello
stesso tempo capii che forse stavo sbagliando a
suonare quello strumento.
Passarono alcuni giorni e papà, pentito del suo
gesto, chiese
di ripararla ad un suo amico, il signor
Mattiuzzi che, oltre a fare il tornitore era un
bravo musicista ed esperto in riparazioni di
strumenti a fiato e di ottone.
Dopo qualche giorno mio padre mi riconsegnò la tromba, non solo riparata
in tutte le sue ammaccature ma più funzionante e
più bella di prima. Questo significava che avevo
ottenuto da mio padre
l’intrinseco consenso di continuare a
scoprire come funzionasse questo strumento
diabolico.
Qualche
giorno dopo andai nel negozio
di articoli musicali
di Vincenzo Tinè e lì, con i miei pochi
risparmi, riuscii a comprare la prima parte del
metodo
Gatti per tromba in
Sib. Visto che conoscevo già
la musica per aver studiato per quattro anni il pianoforte, decisi di
affrontare molto più seriamente e caparbiamente
lo studio della tromba.
Nel giro
di pochi mesi riuscì ad ottenere dei suoni molto
più dolci e grazie all’aiuto inconsapevole di
Giuseppe Perissinotto, a cui rubavo con gli
occhi le impostazioni più corrette sia delle
labbra che delle mani,
iniziò la mia vita da trombettista.
Malgrado i miei primi positivi approcci con la tromba
continuavo a suonare il pianoforte. In quel
periodo conobbi Piero Mallo, cantante, che
insieme a Franco Carbone, Albino Pluda e a
Walter Lupi suonavano in un ristorante,
La Riviera,
che si trovava a Zavia, nei dintorni di Tripoli.
Piero ebbe modo di sentirmi suonare al
pianoforte e gli piacque subito come lo
accompagnavo. Mi disse che, per motivi di lavoro,
Walter Lupi li doveva lasciare e quindi
avevano la necessità urgente di un avere un
nuovo pianista. Era il 1961 ed io allora avevo
poco meno di quattordici anni ed il mio problema
più grosso era quello di dovermi assentare da
casa fino a tarda ora.
Generalmente si suonava solamente il
sabato sera e questo non mi creava problemi per
la scuola, ma ero troppo piccolo per ottenere il
permesso dai miei genitori. Piero Mallo mi disse
di non preoccuparmi perché, oltre ad essere un
bravo cantante, era un eccellente negoziatore:
non solo riuscì a convincere mio padre a farmi
andare a suonare con loro e che ci prestasse
anche la sua macchina. Papà all’epoca aveva una
Fiat 1100 familiare, con una bagagliaio spazioso,
molto adatto al trasporto degli strumenti che
erano veramente ingombranti. A La
Riviera suonammo
per circa sei mesi. Incominciai così a
guadagnare i miei primi soldi, che mi
permettevano di non pesare sul bilancio
familiare.
Contemporaneamente conobbi Nini Occhipinti che
progettava di creare un complesso che
ricalcasse le orme del famoso cantante Peppino
di Capri,
in quei tempi
idolo musicale per antonomasia. Il
progetto di Nini vedeva al pianoforte mio
fratello Antonio, alla chitarra Sandro Fargion,
cantante Salvino Ragusa, io alla tromba
e lui alla batteria. Il progetto si
concretizzò a breve, anche se fu un complesso
anomalo perché suonavamo senza il basso,
strumento indispensabile in qualsiasi gruppo.
Provammo
per diversi mesi a casa di Sandro Fargion e
tirammo fuori un repertorio molto bello e
completamente uguale a quello dei
Rockers di
Peppino di Capri. I pezzi forti erano Parlami
d’amore Mariù, Voce ‘e notte, Luna caprese, Twist again, Don’t play that song,
I’ te vurria vasà, Nessuno al mondo, Malatia,
Nun è peccato, Roberta, Addio mondo crudele,
Champagne. Insomma tutto il repertorio di
Peppino al quale ne aggiungemmo tanti altri tipo
Tequila,
Peter Gunn (musica famosa a quei tempi per i
film che vedevamo alla televisione americana del
Wheelus).
Sapore di sale invece era cantata con maestria
da Nini Occhipinti e che la dedicava alla sua
girl
friend dell’epoca, Mary Wray, una ragazza
americana bellissima che incantava con i suoi
dolci occhi verdi.
C’era anche Il cielo in una stanza, oltre
a tutto il repertorio di Mina. Ma per esibirci
in pubblico avevamo la necessità di comprare
un’amplificazione più consona alla nostra
levatura, ma purtroppo mancavano i soldi. Per
risolvere il nostro problema ci venne incontro
la mamma di Sandro Fargion che ci finanziò
l‘acquisto, con l’accordo che l’avremmo
rimborsata senza interessi con i soldi ricavati
dalle nostre esibizioni musicali. Nacque così il
complesso
The Jets; era
il
1962 ed io avevo poco più di 14 anni. La nostra
prima esibizione avvenne al Casinò Uaddan dove
riscuotemmo un grande successo,
non solo per il repertorio che
presentavamo, ma anche grazie alla bravura di
mio fratello Antonio che era riuscito ad
organizzare bene tutti i pezzi musicali e a
Sandro Fargion che alla chitarra era veramente
bravo (il suo pezzo forte era
Apache).
Foto 12 - Da sinistra Sergio Disco, Nini Occhipinti,
Salvino Ragusa, Antonio Disco e Sandro Fargion
Iniziammo così a suonare in tutta Tripoli dove le
nostre quotazioni crescevano sempre di più ed i
compensi erano sempre più alti tanto che
saldammo quasi subito il debito con la Signora
Fargion.
I locali dove ci esibivamo maggiormente
erano il
Beach Club e l’Under Water Club. In quest’ultimo locale furono organizzate
meravigliose feste in maschera dove ci
imbattemmo con colui che presto sarebbe
diventato un grande impresario teatrale,
David Zard (per gli amici
Dodi).
Foto 13 - David Zard
Credo che Dodi
iniziò questa sua attività proprio con
noi, quando ci chiamò a suonare all’Hotel
Mehari, ad un
defilè, durante una
serata organizzata per mostrare gli abiti di un
grande stilista di moda o unicamente per la
bellezza di alcune stupende ragazze francesi che
ci sfilavano davanti, facendoci innamorare al
loro passaggio.
Quella sera tutti noi sembravamo
stregati da tanta bellezza, anche se
loro, quasi fossero dee, ci degnavano solamente
del loro conturbante sorriso.
Col passare del tempo il gruppo subì purtroppo qualche
trasformazione perché Sandro Fargion ci dovette
lasciare per dedicarsi interamente alla
preparazione degli esami di maturità dell’ultimo
anno del Liceo. A lui subentrò Albino Pluda al
sax, anche lui molto bravo, ma perdemmo quella
che era una caratteristica importante del
complesso che stavamo imitando. La
caratteristica dei
Rockers
era la chitarra ed il sax, per cui perdemmo quei
fraseggi particolari fatti con la chitarra che
si sentivano nelle canzoni di Peppino di Capri,
ma subentrò il sax tenore di Albino con una
voce che nulla aveva da invidiare al
sassofonista di Peppino di Capri.
Chiamammo
questo nuovo gruppo
New Jets.
The Jets
e i New
Jets durarono complessivamente circa
due anni.
Una sera
capitai insieme ad alcuni amici al night del
Suk el
Muscir dove suonavano i fratelli Rocca
Carmelo, Mario e Antonio insieme a Walter
Deodati e
Piero Mallo. Piero mi invitò a prendere
addirittura il posto al pianoforte facendo
alzare il grande Walter Deodati.
Quella sera suonammo un paio di canzoni
insieme, ma fu l’occasione per conoscere Walter,
al quale precisai che nulla avevo a che
fare con il pianoforte se non per averlo
studiato per un po’ di anni, ma lo misi a
conoscenza che stavo imparando a suonare la
tromba.
Tutto ciò ebbe su di me un effetto
positivamente scatenante, perchè ero riuscito a
farmi conoscere da quelli che erano definiti i
Big
della musica di Tripoli. Passavano a suonare da
un locale all’altro,
senza mai smettere una sola serata: dal
Mokambo,
al Suk el Muscir, dal Florida
all’Uaddan,
dal Rose’s Garden al Bowlarena, tutti
night
club, i cui proprietari (cito Mohammed Nga,
Mustafà
Greghni
e Ubaldo Contenti) conoscevano bene i fratelli
Rocca e Walter Deodati, come dei veri
professionisti, di cui si fidavano ciecamente e
a cui potevano affidare senza problemi
l’esecuzione musicale di qualsiasi balletto
straniero che venisse ad esibirsi a Tripoli.
Walter Deodati, dopo essere rientrato in Italia
a seguito degli eventi del 1970, fu assunto alla
RAI come assistente musicale e anche lì ha fatto
valere le proprie qualità di vero e grande
musicista.
Certi pezzi erano scritti con un tempo molto
difficile; c’era la musica turca in 11/8 ed
alcuni pezzi in 7/4,
dove solo la sua bravura
e quella dei fratelli Rocca permetteva di
non perdere la cadenza in quella che era la
ritmica particolare di quei
brani e dove i balletti danzavano con una
coreografia ben precisa. Tante volte Antonio
Rocca era costretto
a barcamenarsi tra due locali: prima
andava ad accompagnare lo spettacolo all’Uaddan,
perché il batterista non era in grado di
eseguire certi ritmi e subito dopo si
precipitava al
Bowlarena,
per un’altra esibizione.
In realtà non si trattava di night
club ma di
cabaret,
il cui ambiente sicuramente non era adatto ad un
ragazzo della mia età, anche se tutto questo mi
ha permesso di crescere molto in fretta.
Aggiungo che tutto sommato, da buon samaritano,
mi ero facilmente ambientato ai locali notturni.
Con Walter iniziai ad approfondire lo studio della
tromba, tanto che due volte alla settimana mi
recavo a casa sua, dove gratuitamente me la
insegnava a suonare. Imparai tante cose
da lui e presto mi capitò l’occasione di
prendere parte agli show che venivano
rappresentati al
Circolo
Italia. Questo era un circolo ricreativo,
con vista sul lungomare, dove si riunivano una
buona parte dei molti italiani che risiedevano a
Tripoli, dove si svolgevano incontri di boxe, si
festeggiavano matrimoni, compleanni, battesimi,
cresime e comunioni, dove nel teatro all’interno
venivano invitati ad esibirsi
artisti e cantanti italiani di fama e
dove si svolgevano giochi e quiz a premi e
recite teatrali.
Finalmente
avevo il privilegio di suonare insieme a
Giuseppe Perissinotto, Cassiba e Bicio Aliffi,
tutti bravi trombettisti, facendo così parte
della grande Orchestra della trasmissione locale
Venerdi
Quiz, creata dall’indimenticabile
Roberto Longo, sotto la direzione musicale del
maestro Walter Deodati. Suonare con loro è stato
molto bello e dilettevole e, visto che mi
consideravano il “cucciolo” del gruppo, facevano
a gara a dispensarmi consigli utilissimi alla
mia formazione musicale. Nello spettacolo
Follie di
Primavera, durante le prove, Walter aveva
scritto il pezzo introduttivo
e pensava che dovesse essere cantato da due
persone di sesso diverso. Se per la voce
femminile avevamo in Clara Clementi la migliore
interprete, c’erano invece problemi a trovare
una buona voce maschile. Molti
dei migliori cantanti erano temporaneamente
assenti perché impegnati nel lavoro, come ad
esempio mio cugino Salvino Ragusa, che lavorava
nel settore petrolifero nel deserto e che
tornava a Tripoli solo per circa due settimane
ogni due mesi e su cui non potevamo contare.
Foto 14 - Clara Clementi ed io
(Guardate il filmato e ascoltate la canzone
cliccando sulla foto)
Un pomeriggio
durante le prove
il maestro Deodati, sempre alla prese con
il problema del
cantante, volse il suo sguardo verso l’Orchestra
e poi verso di me. Aggiustandosi gli occhiali
disse: -
Sergio, queste sono le parole, imparatele a
memoria, tu farai coppia con Clara -. In
precedenza non avevo mai cantato e questa
sua idea mi aveva preso alla sprovvista e mi
spaventava, ma non osavo contraddirlo. Il mio
battesimo di cantante insieme a Clara ebbe un
successo discreto. Non avevo una gran voce ma in
compenso ero intonato, tanto da non ricevere
nessun fischio da parte della platea ma solo
applausi anche grazie alla buona copertura
dell’orchestra.
Chiaramente questa fu l’unica volta che mi
cimentai come cantante.
Foto 15 - L’Orchestra di Walter Deodati durante Venerdi
Quiz
Con Valter presto ci fu l’occasione per suonare insieme
al
Giardino d’Inverno del
Casinò
Uaddan: tutto questo accadde nell’estate del
1967, dopo la guerra dei 6 giorni con Israele.
Tripoli rimase sotto il coprifuoco per tutto il
mese di giugno, gli ebrei furono costretti a
fuggire in massa con tutti i mezzi; molti di
loro trovarono asilo in Italia ed in Israele
dove vivono tuttora.
Malgrado
tutto fu un’estate molto positiva per me, perchè
suonare con Walter Deodati era per me un grande
motivo d’orgoglio. Il gruppo musicale era
formato da Emanuele Mallo (detto
Nele),
cantante e contrabbassista, Franco Carbone alla
batteria, Walter Deodati al pianoforte, Albino
Pluda al sax ed io alla tromba. Ormai ero
lanciato, suonavo con il grande Walter! Lì
suonammo per circa tre mesi e notavo che ero
sempre più richiesto anche da altri musicisti come
i fratelli Rocca Carmelo, Mario e Antonio, che
rispettivamente suonavano il sax tenore, il
basso e la batteria. (questa parte è ripetuta
più sotto)
Oggi, a pensarci bene, posso affermare che la Tripoli
di allora potesse essere definita la città dei
musicisti, dove ne nascevano in continuazione
come i fiori. Sicuramente il fatto di essere una
città cosmopolita e l’influenza di gruppi
stranieri famosi come i
Beatles,
Rolling Stones, Pink Floid, Genesis, quelli
italiani come i
Rockets, i
Giganti, l’Equipe 84, i Camaleonti ecc.
spingeva per imitazione molti giovani tripolini
alla musica. Oltre alle grandi orchestre dirette
dai maestri Loris Cavazzi e Walter Deodati, era
sorta una straordinaria abbondanza di gruppi
musicali. Ricordo i
Gabbiani,
i
Milords, The Beatnicks, The Hepetas, The
Diggers, The Golden Boys, The Laramy, Gemini,
5+1, The Wormy Circumstance, i
Tombstones
di cui ne feci parte per qualche tempo. Poi
c’era il gruppo musicale formato dai fratelli
Rocca, di Antonio De Vita e Marcello Puglisi,
amici inseparabili. Con quest’ultimi mio
fratello Antonio ed io suonammo per diverso
tempo
al
Circolo Sottufficiali della base americana
del
Wheelus. Ricordo Letterio Alabiso, Roberto
Drago, i fratelli Nicolosi, il fisarmonicista
Alfio Privitera, il padre di Michele (pianista
della scuola della maestra Drago), con il quale
suonai per poche settimane al
Golf Club.
Ricordo il grande batterista Terranova, che,
successivamente, diventando un pezzo da novanta
all’Alitalia fu costretto a trascurare l’hobby
della musica per impegni più importanti in
Italia.
E’ indimenticabile per me la grande occasione che ho
avuto di suonare insieme a Valter Deodati in un
grande spettacolo all’Uaddan,
che lui stesso organizzò, insieme ad un gruppo
che in quel momento si stava esibendo nello
stesso Casinò, il cui capo orchestra era un suo
vecchio amico, Eddie Caruso (trombettista ancora
in auge). Di questo gruppo facevano parte il
bravissimo sassofonista, Walter Monanni e anche
il giovane Tullio De Piscopo, oggi noto
batterista, cantautore e percussionista di
livello internazionale. La
Big Band in quell’occasione era formata da circa 14 elementi:
quattro trombe, tre tromboni, quattro sax,
batteria basso e pianoforte e in più si
aggiunsero tre cantanti americani che si
alternarono in vari pezzi di jazz di moda
all’epoca. Lo spettacolo si chiamò FESTIVAL DEL
JAZZ ed ebbe un grandissimo successo grazie alla
bravura di Deodati, Caruso e
De Piscopo.
Foto 16 - Eddie Caruso e Tullio De Piscopo
Facendo ricorso alla mia memoria altri ricordi
affiorano alla mia mente. Sicuramente gli anni,
dal 1967 fino al nostro forzato rimpatrio in
Italia, mi hanno visto impegnato molto con la
musica, malgrado fossi stato assunto proprio
quell’anno come ragioniere
alla Libia Motor. A partire dalla scoppio
della guerra dei
sei giorni
tra Israele ed Egitto, tutto si fermò a Tripoli.
Per me era l’ultimo anno di Ragioneria;
affrontai gli esami di Stato con la paura di
ritorsioni anche nei confronti di noi italiani,
mentre tutta la comunità ebraica fu costretta a
lasciare la Libia. Molti di loro si trasferirono
sia Italia che in Israele dove vivono tuttora.
Dopo un paio di settimane di coprifuoco per la
comunità cattolica italiana
si tornò alla vita normale e nel luglio
del 1967 il signor Mohamed Nga, proprietario del
Casinò
Uaddan cercò di riavviare il suo locale e in
particolare volle riaprire il
Giardino
d’Inverno, che era la parte esterna del
Casinò. Il locale aveva una bellissima vista sul lungomare di Tripoli, al
centro c’era una grandissima piscina e intorno
ad essa c’erano i tavolini per i clienti.
L’ubicazione dell’orchestra era su un piano
rialzato.
Il signor Nga chiamò Walter, il quale si
diede da fare per organizzare un valido gruppo
musicale. Questo era formato da Nele Mallo
cantante e contrabbassista, Franco Carbone alla
batteria, Walter Deodati al pianoforte, Albino
Pluda al sax ed io alla tromba. Fu un’estate
bellissima e
piacevole. Tutto sommato ci eravamo
buttati dietro le spalle quel brutto periodo di
giugno e cercavamo di guardare avanti. L’aver
suonato accanto al maestro
Deodati aveva notevolmente migliorato la
mia conoscenza musicale: ormai ero lanciato,
suonavo con il grande Walter. Lì ci esibimmo per
circa tre mesi.
Le mie quotazioni salivano sempre di più,
poichè godevo della stima di altri grandi
musicisti; specialmente dei fratelli Rocca:
Carmelo, Mario e Antonio, che rispettivamente
suonavano il clarinetto e sax tenore, il basso e
la batteria che in quel periodo, insieme a mio
fratello Antonio e a Piero Mallo, si esibivano
al Bowlarena.
Nel 1968 fui ingaggiato dal capo orchestra Mimmo
D’Amore che suonava all’Uaddan con un bravissimo
gruppo e con lui accettai di fare una
tournée
all’estero con un contratto che prevedeva di
suonare per sei mesi in Iran, a Teheran,
in un bellissimo locale di nome
Chattanooga. Fui costretto a dimettermi
dalla Libia Motor ed il mio direttore, che amava
molto la musica, mi disse che facevo bene a fare
questa esperienza e che comunque quando fossi
ritornato
in Libia potevo sempre contare sul mio
posto alla Libia Motor. In Iran feci
un’esperienza meravigliosa ma mi mancava molto
la mia famiglia; ero giovane e non ero ancora
abituato a vivere lontano da loro per un tempo
così lungo.
Passati i sei mesi in Iran ebbi un’altra
chance
di andare a suonare per due anni in
Giappone ma rifiutai proprio per questi motivi.
Tornato a Tripoli ripresi a lavorare nuovamente alla
Libia Motor e contemporaneamente fui ingaggiato
da un meraviglioso gruppo musicale chiamato
Tombstones,
di cui facevano parte Paolo Taliana, Carlo Cappa,
Pino Calvo e Leroy Johnson, un ragazzo di colore
americano che si trovava temporaneamente
a Tripoli presso
la Base Americana, in attesa di andare a
combattere in Vietnam.
Foto 17 - I Tombstones al Libya Palace Hotel
Aveva una voce meravigliosa e riusciva a trasmettere un
feeling che mandava in estasi non solo chi ci
suonava insieme ma anche tutto il pubblico, tra
cui c’era una bellissima ragazza di nome Kelly.
Proprio con lei ha inizio una storia particolare
che inciderà sul destino della mia vita. Mentre
mi esibivo con i
Tombstones
al
Bowlarena
mi fu presentata Kelly, una bellissima
ragazza, che in realtà si chiamava Lina
diminutivo di Carmela.
Me ne innamorai subito. Iniziai a
corteggiarla tanto da riuscire a conquistarla.
Ci fidanzammo, come si usava all’epoca, con
tanto di ricevimento ufficiale a casa di quelli
che dopo diventarono i miei suoceri. Ci sposammo
in Italia nel 1971 (il nostro matrimonio fu
celebrato da Padre Modesto, nostro professore di
Religione) e da Lei ho avuto tre figli
meravigliosi. Purtroppo sono ormai 13 anni che
lei non c’è più ma il suo dolce ricordo rimane
indelebile nel mio cuore ed in quello dei nostri
figli.
Foto 18 - 1971 Padre Modesto con me e mia
moglie Lina
I Tombstones
durarono fino a quando Leroy Johnson fu
costretto a recarsi in Vietnam e Paolo Taliana
si trasferì in Australia insieme alla sua
famiglia. Ho provato inutilmente a rintracciare
Leroy in America ma purtroppo non sono riuscito
ad avere sue notizie, nemmeno con l’aiuto di
alcuni amici americani. Con Paolo Taliana sono
tutt’oggi in contatto: vive a Melbourne dove è
diventato maestro di chitarra e continua a
suonare con vari gruppi riscuotendo un grande
successo oltre ad essere autore di numerose
canzoni.
Foto 19 - Paolo Taliana e consorte in vacanza due anni fa in Italia insieme
a Pino Calvo, Carlo Cappa e Felice Fortuna
Finita la parentesi dei
Tombstones, nei primi mesi del 1969 ripresi a suonare con
Valter Deodati, Piero Mallo ed i fratelli
Rocca al
Bowlarena. Qui ci esibimmo
tutte le sere fino a domenica 31 agosto
1969. Quella sera lo spettacolo andò avanti fino
alle 3 di notte e appena giunto a casa, prima di
coricarmi, sentii alcuni spari provenire delle
vicinanze. Anche se preoccupato ero così stanco
che mi addormentai subito. Mi risvegliai a colpo
di stato avvenuto. Seppi che alcuni militari,
alla guida di Muammar Gheddafi, avevano
rovesciato la monarchia e dichiarato la nuova
repubblica araba di Libia.
Fu
quasi l’ultima sera che
suonammo a Tripoli, dico
quasi,
perché qualche settimana dopo mi accadde
qualcosa che ora vi racconto anche perché lasciò
un segno particolare nella mia vita.
Passato il periodo del coprifuoco, il proprietario del
Bowlarena
Sig. Mustafà, chiese ed ottenne il permesso
dalle nuove autorità di riaprire il locale; così
informò i fratelli Rocca che potevano riprendere
a suonare. Nel frattempo sembrava che la
vita a Tripoli fosse tornata quasi alla
normalità: io ero ritornato al mio
lavoro
alla Libya Motor. Lina, la mia fidanzata,
più giovane di me, aveva iniziato il suo anno
scolastico all’Istituto Guglielmo Marconi e io,
alla fine delle lezioni giornaliere, le facevo
da cavalier servente accompagnandola a casa con
la mia Fiat 850 special. Questo accadeva tutti i
giorni; stare con lei, anche per
cinque minuti, mi rendeva immensamente
felice.
Ai primi di ottobre arrivò la serata che, con il mio
gruppo e la mia tromba, tornavo ad esibirmi dopo
circa un mese di pausa forzata al
Bowlarena.
Sceso dalla mia macchina, vidi che vicino
all’ingresso del locale c’era parcheggiata una
camionetta della polizia, in cui, alla destra
del guidatore, stava seduta nella penombra una
persona vestita in borghese che indossava una
camicia bianca a maniche corte e dal profilo
noto, ma sul momento non gli diedi peso. In quel
momento era più importante per me ritrovare i
miei amici musicisti e riprendere la mia
attività musicale. Dopo aver iniziato a
riscaldare (termine musicale) gli strumenti, alle 21.00 precise
Carmelo Rocca, il nostro capo orchestra, come
sempre super puntuale, diede il via al primo
pezzo consegnando gli spartiti a tutti noi. In
genere all’inizio della serata, essendoci poca
gente nel locale, il primo pezzo era unicamente
strumentale, poichè prevedeva anche una
improvvisazione jazz di tutti gli strumenti.
Appena iniziata la nostra esibizione venimmo
circondati da alcuni soldati che ci puntarono
addosso i loro mitra e ci intimarono con faccia
feroce che dovevamo smettere immediatamente di
suonare e che eravamo tutti sotto arresto. Solo
allora mi resi conto chi poteva essere quella
persona che avevo intravisto dieci minuti prima
seduto nella penombra all’interno della
camionetta davanti all’ingresso del locale: era
proprio lui, il colonnello Muammar Gheddafi,
pronto a preparare la retata e
che ci avrebbe arrestato con l’accusa di
corruttori
della civiltà islamica. Cosa che tuttora mi
fa inorridire al solo pensarci. Venni portato a
spintoni su una camionetta e fui imprigionato in
una caserma di Polizia in Giadat Omar el Muktar,
di fronte al Caffè Garibaldi, a non più di cento
metri da casa mia. Passai una notte insonne
dentro una cella insieme ad un prigioniero
libico. Ero molto preoccupato, non tanto per me
ma per il fatto che la mia famiglia e la mia
fidanzata
non fossero state avvisate e
che potessero stare in pensiero per la
mia sorte. Ricordo che in prigione non fui
trattato male, ma continuavo ad essere molto
nervoso. Quando al mattino un poliziotto mi
portò un cappuccino ed un pezzo di pane per
colazione,
io lo rifiutai
e mi misi a strillare perché volevo solo
un telefono per avvisare i miei.
A questa mia sfuriata il poliziotto non
se la prese, ma mi chiese comunque di firmare un
foglio che dichiaravo di aver ricevuto la
colazione e che se non lo avessi firmato avrei
potuto avere delle noie, specialmente perché il
mio arresto era stato voluto proprio dal
Colonnello in persona.
Poi, siccome era una persona cortese, mi
tranquillizzò dicendomi che sarei uscito presto.
Uscii di prigione intorno alle ore 14, quando
purtroppo la mia Lina era già uscita dalla
scuola. Giunto a casa fui abbracciato da mio
padre, che era stato informato del mio arresto
dal mio amico Antonio Cavallaro, che la sera
precedente si trovava al
Bowlarena
come cliente. Comunque mio padre non era molto
preoccupato perché tramite un avvocato libico
aveva saputo che sarei stato rilasciato quanto
prima e di questo ne aveva informato la famiglia
della mia fidanzata Lina.
Il ricordo di questo triste episodio della mia vita,
accadutomi a Tripoli, me lo porto dentro ancora
oggi, ma non per questo ho perso l’amore per
quella bellissima terra, dove sono nato e che
spero di poter rivedere quanto prima. Sarebbe
per me un bel sogno se mi invitassero a
ritornare e mi permettessero di suonare con la
mia tromba per tutti i miei amici libici il loro
inno Ya
Biladi e per tutti i loro parenti morti
recentemente in battaglia Il silenzio, magari accompagnato al piano da mio fratello Antonio.
Imshallah!!