Il  mio  viaggio virtuale a Tripoli

con  Google Earth

Punta Ala, 26 agosto 2008,

E' quasi mezzogiorno e mi sono appena svegliato. Oggi e il mio compleanno, compio sessanta anni. Sono rientrato in casa verso le sette del mattino, dopo aver accompagnato, con la mia in macchina, all'aeroporto Pisa  mio cugino Enzo Accardi, dopo che è stato nostro ospite per due settimane. Siamo partiti col buio alle tre di notte per raggiungere l'aeroporto in tempo utile per il check-in del bagaglio e per ritirare la sua scheda d'imbarco. La sua destinazione è Marsala, dove vive e lavora come insegnante comportamentale presso un Istituto Tecnico Statale.
Sono ancora disteso pigramente sul mio letto, ancora immerso nel torpore di un dolce dormiveglia, dopo una notte passata in bianco. In queste poche ore di sonno mattutino ricordo confusamente di aver fatto un breve sogno strano ma piacevole. Ricordo questo sogno solo in alcune parti e non nella sua interezza, nelle sue immagini sbiadite che scorrono disorganiche e a scatti, come quelle di un vecchio fotogramma. La cosa strana era come se mi trovassi a Tripoli, si proprio Tripoli, la città libica dove io sono nato.
Ancora avvolto da un pigro torpore, decido di alzarmi, di vestirmi e di andare in cucina per prepararmi un'abbondante tazza di caffè con la confortevole speranza di svegliarmi completamente. Con la tazza ancora fumante passo dalla cucina al mio studio, dove su una scrivania troneggia un mio computer portatile HP di15 pollici.
Mi siedo sulla mia comoda sedia girevole di similpelle, morbida ed ampiamente inbottita. Accendo il computer. Aspetto pazientemente un paio di minuti prima che il mio computer si connetta ad internet, sorseggiando il mio caffè. Nel frattempo prendo anche appunti  su un block notes, scrivo alcune parole incolonnate da sinistra verso destra, dall'alto verso il basso. Le prime parole che scrivo provengono dai quei flash di immagini che dicevo prima. Vedo mare, barche arenate sulla battigia di
una spiaggia, vedo deserto con dune mosse del vento, vedo datteri maturi che cadono dalle loro palme ed io li raccolgo da terra.
E' evidente che sono immagini legate ai miei ricordi del paese dove io sono nato sessanta anni fa. Per la cronaca avevo mia madre mi diceva che ero nato in un caldo ed assolato mercoledi pomeriggio nell'Ospedale Principale di Tripoli, quello che era ubicato sulla strada che andava verso Collina Verde.
Vedo che finalmente il mio computer si è connesso. La prima cosa che faccio è controllare se ci sono messaggi nella casella del mio indirizzo di posta elettronica. Ci sono vari messaggi, ma uno in particolare attira la mia attenzione. E' un messaggio che mi viene da Google. Dice così:
Please update your Google Earth program, mi chiede di aggiornare il programma Google Earth. Ricordo di aver scaricato questo programma sul mio computer qualche mese fa. Ricordi che quando si apre appare una immagine del Globo terrestre, immagine che credo venga prodotta attraverso dei fotogrammi satellitari, fotografie aeree e dati topografici, ma non sono andato oltre. Inoltre credo sia un software che occupa molta memoria  nel computer e che può essere utilizzato solo se si ha una connessione ad una linea telefonica a banda larga. Perchè non provarlo proprio ora, visto che il caffè mi ha schiarito la mente?
Penso al mio sogno, penso malinconicamente a Tripoli, penso che sarebbe bello ritornarci da svegli, ma pare che in questo momento non sia possibile, almeno per me. Attualmente purtroppo esiste una strana
 norma voluta dal colonello Gheddafi, che impedisce  agli italiani, nati in Libia, con meno di 65 anni di età, di poter usufruire del visto d'ingresso in Libia.
Vado sul desktop clicco con il mouse sull’icona che simboleggia "Google Earth", che ho posto in evidenza in cima a destra sullo schermo del mio portatile. Dopo qualche secondo di attesa appare una nitida immagine del globo terrestre vista da un satellite artificiale. Mi immedesimo nella visione ed immagino. Ora ho la sensazione  di trovarmi da solo all'interno di una astronave spaziale, che arriva da un posto imprecisato dello spazio. Sono io che manovro il mouse come se fossi il comandante-pilota di questa immaginaria astronave che ne manovra i comandi .

Ha così  inizio il mio viaggio  virtuale a Tripoli con Google Earth , legato ai miei ricordi di gioventù.

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La Terra vista da 63059,60 km

Sul monitor ora mi appare una palla (il Globo Terrestre), spruzzato qua e là di nuvole, color blu-chiaro (gli Oceani) con delle macchie grigie (i Continenti) immerso in un campo nero (lo Spazio), ricco di minuscoli punti bianchi luminosi (le Stelle) .
In basso a destra c’è un altimetro che mi segnala la mia distanza  dalla Terra e che in questo momento è pari a 63059,60 chilometri. Sulla parte alta a destra dello schermo c’è un cerchio che rappresenta una bussola. Tocco il cerchio con il mouse, il cerchio si allarga e accanto appaiono due linee, una verticale e l’altra orizzontale. Quella verticale ha in cima un segno “+” ed in basso un segno “-“. E' lo zoom, che serve ad avvicinarmi o allontanarmi dalla Terra. Scusate ma ancora non ho capito a cosa serve  la linea orizzontale. Sullo schermo in basso a sinistra c’è un puntatore con dei numeri che scorrono veloci quando muovo il mouse e  indicano le coordinate terrestri.
Che faccio? Mi dirigo verso la Terra? Ma dove vado? Penso ancora al mio ultimo sogno. Decisamente destinazione Tripoli, Libia.
La prima cosa che mi viene in mente è  di sapere e vedere se esiste ancora la strada della mia casa dove sono nato ne

l 1948 e dove vi ho vissuto per circa ventidue anni, fino al 1970. L'indirizzo di quella casa è Via Manfredo Camperio n. 10. Mi domando quante volte ho visto scritto questo nome nelle lettere e nelle cartoline che ho ricevuto ed inviato in quei ventidue anni che sono vissuto a Tripoli. Mi chiedo Via Manfredo Camperio  esisterà ancora? Oppure ora ha un altro nome? Non lo so, vedremo.
Sulla parte alta a  sinistra dello schermo  c’è una casella bianca. Ci scrivo dentro  la parola “Libia” e con il mouse confermo con un clik. I numeri dell’altimetro si cominciano a scendere sempre di più. Mi sto avvicinando ad altissima velocità alla Terra, ed in particolare alla Libia.


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La Libia vista da 2097,45 chilometri di altezza Tripoli vista da 9,5 chilometri di altezza
Tripoli vista da 1,54 chilometri di altezza su un piano ribaltato Tripoli vista da 1,51chilometri di altezza

                                    

 L'altimetro segna che siamo  ad una altezza di 2097,45 chilometri. Ho quasi le vertigini. Sul monitor comincia a lampeggiare na scritta gialla con il nome “Libia.  Più sopra al limite dello schermo vedo anche una scritta bianca “Tarabulus”. Vedo  nuvole e macchie grigie, marroni, gialle. Nello stesso posto, in alto a sinistra del computer, dove è rimasta scritta la parola “Libia”  aggiungo la parola  “Tripoli”. Tocco il tasto dell'invio e mi trovo a scendere ancora più giù, questa volta più lentamente, sulla zona di  Tripoli  ad un’altezza di nove chilometri e mezzo, più o meno la stessa quota su cui volano gli aerei di linea, dopo il decollo. Malgrado l'altezza individuo un puntino piccolissimo, presumo sia il Castello Rosso e lo prendo come punto di riferimento. Il  puntatore segna ora le seguenti coordinate: 32 gradi, 53 primi, 24.45 secondi NORD e 13 gradi, 11 primi e 35.56 secondi EST. Sono le coordinate terrestri che indicano il punto  su cui è il Castello Rosso sulla Terra. Vedo la costa libica, il mare scuro e poi più chiaro dei suoi fondali. Si distingue bene il porto. strade e viali  si intersecano, sembrano le vene ed le arterie di un corpo. Ci sono anche alcuni minuscoli pallini azzurri. Li sfioro appena  con il mouse. In sovrimpressione appare una scritta che indica che quei pallini sono delle  foto. Clicco sopra e appaiono  alcune foto del centro di  Tripoli e dintorni. Andando con il mouse sulla parte alta dello schermo e toccando  la linea orizzontale sopra il cerchio, mi rendo conto che spostando il mouse da destra verso sinistra e viceversa il piano terrestre si ribalta da 0 a 90 gradi e viceversa, dando all’insieme un’affascinante impressione tridimensionale. Toccando poi  la circonferenza della bussola posso ruotare l'immagine di 360 gradi. Mi rendo conto che avvicinandomi sempre di più al suolo le funzioni automatiche diminuiscono. Sto più attento e decisamente prendo in mano il controllo della situazione. Sposto il mouse sulla linea verticale e clicco sul segno “+”, quella dello zoom, per avvicinarmi di più al suolo. Scendo ancora, ora sono ad una distanza di 1,51 chilometri dal suolo.





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Tripoli, Zona Lido vista da 1250 metri di altezza

Tripoli, Zona Lido vista da 789 metri di altezza






Mi sposto leggermente ad ovest del Castello per andare finalmente alla ricerca della mia via, la via Manfredo Camperio. Muovendomi ancora col mouse verso ovest vedo dove è ubicato lo Stadio Municipale,ora, denominato "11 Giugno",  e vedo anche quella che un tempo doveva essere la Via Amerigo Vespucci, dove mio padre aveva la sua bottega di fabbro. Ancora non vedo Via Manfredo Camperio. Zoommando ancor di più constato che il numero delle di strade e e stradine  è aumentato in maniera considerevole rispetto a 37 anni fa. Ma ancora non riesco ad orientarmi. Ho un idea! Guardo il mare in cerca di uno scoglio che io conosco bene. L'ho trovato, eccolo! Questo scoglio dista approssimativamente 800 metri dalla spiaggia  del Lido Vecchio. Noi tutti lo chiamavamo semplicemente  "Lo Scoglio".



Mia madre affacciata alla terrazza e  a distanza lo Scoglio

Questo scoglio fu meta, con i miei amici,  di robuste nuotate in anni giovanili  e di numerose immersioni subacquee per la pesca di ricci, cernie, saraghi. E' ancora un punto di riferimento importante ed immutabile perchè io mi possa orientare meglio? Vedremo.

Ora col mio mouse scendo a 304 metri di altezza. Metto a fuoco i miei ricordi d'infanzia, cerco di ricordare i particolari  di Via Manfredo Camperio, per cercare di trovarla  fra tutte queste numerose strade con nomi nuovi che mi disorientano in un turbinio di incroci e di rotonde. Quello che focalizzo ora è una strada larga, sembra un grande viale, denominato Al Kurnish Road, che  parte dalla zona del Porto e si snoda  lungo quella  parte dove era situato l'Ex Monumento dei Caduti, ora sede di grattacieli e di lussuosi alberghi con vista mare (vedi foto in basso, colonna sei, foto uno e due da sinistra), costeggia le spiagge del Lido Vecchio e  del Lido Nuovo e si congiunge a Sciara Omar El Muktar vicino alla zona del Lido, inglobando la mia Via Camperio.  Quando me ne rendo conto, provo  un senso di delusione ed insieme di fastidio. Via Camperio non esiste più! Ma i miei ricordi ci sono ancora e nessuno me li potrà cancellar. Io abitavo, quasi al centro di Via Camperio, a circa 100 metri dal cancello ingresso della spiaggia del Lido Vecchio, in un palazzo tutto pitturato di bianco. Questo palazzo era composto da quattro appartamenti, due al piano terreno e due al primo piano, coperti da un enorme terrazza. Io abitavo in uno di questi  appartamenti, al  piano terreno, nella parte destra entrando dal grosso marrone portone d'ingresso del palazzo Nello stesso palazzo, sempre al piano terreno, porta contro porta, vi abitava la famiglia D'Amico. Anche loro hanno vissuto lì per tanti anni. Al secondo ed ultimo piano del palazzo c'era una grande terrazza, che occupava tutto lo spazio del perimetro del palazzo. Quella terrazza era condominiale ma, da un lato,  c'erano quattro ripostigli, di circa otto metri quadri di area cadauno, tutti provvisti di lavatoi che servivano a lavare a sciacquare la biancheria, che poi veniva stesa ad asciugare su delle solide corde per stendere i panni, corde sorrette da dei paletti in ferro che mio padre stesso aveva fabbricato. Quando preferivo giocare all'aria aperta anziche dentro casa, andavo in terrazza. Da questa terrazza si ammirava un bellissimo panorama con vista mare. Lì aiutavo mia madre a stendere i panni, sempre lì, una volta l'anno, mia madre lavava la lana grezza dei nostri materassi per asciugarla al sole ed io l'aiutavo ad allargarla e renderla più soffice e  rimetterla dentro i materassi. Sempre sulla Via Camperio, in una villetta dall'altra parte della strada, ci abitava la famiglia Salemi. Più avanti sullo stesso lato c'era il palazzo dei Cannucci, poi il cancello verde della villetta dei De Marchi, subito dopo  quello marrone di ferro dei Cubisino, infine all'angolo con Corso Sicilia c'era il bar mescita di Michele Gaudio.

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Tripoli, percorso Corso Sicilia visto da 540 metri di altezza

Qui comincia il mio percorso a piedi. Parto dal bar di Michele e mi avvio verso il Centro Città lungo Corso Sicilia, una strada a doppio scorrimento con macchine che andavano verso est al Centro città mentre sull'altra carreggiata andavano verso ovest, verso Giorginpopoli e Gargaresh. Sulla parte destra del viale (che noi verrà chiamato Sciara Omar el Muktar) non c'erano costruzioni, ma solo alberi (tamerici e spini di giuda), più in dentro, trenta metri più in là, c'erano i binari della vecchia ferrovia. Questo viale mi fa venire in mente un momento della mia infanzia. Dovevo avere circa quattro anni quando per un certo periodo di tempo verso mezzogiorno venendo da casa nostra in Via Camperio, mia madre ed io, attraversavamo Corso Sicilia per andare verso i binari della Stazione Ferroviaria di Tripoli. In quel periodo mio padre, che era capo operaio presso l'officina dei Fratelli D'Alba, aveva il compito di smantellare i binari della ferrovia. Quindi noi gli portavamo il pranzo in un panierino, Molte volte restavamo con lui ci sedevamo all'ombra di qualche albero vicino ed insieme facevamo una sorta di picnic.
Dall'altra parte del viale sul lato sinistro c'era una fila di case abitate dalle alcune famiglie. C'erano i D'Anna-Veri, i Pozzati, i Gallo, gli Annino, i Branciamore. Poi alla confluenza di Via Dante (chiamata poi Al Ma'arri Street) con Corso Sicilia, c'era la casa dei fratelli Barabani, che avevano l'officina  meccanica accanto a quella di mio padre, in Via Amerigo Vespucci, di fronte allo Stadio di calcio.  Proseguendo più avanti, sul lato destro di Corso Sicilia, vicino al Palazzetto dello Sport, c'era una vasta area recintata, che veniva usata  per stivare legnami ed altri materiali di legno, in cui ci abitava la famiglia di un mio compagno di giochi d'infanzia, Corrado Spatola. Pià avanti sulla destra, quasi di fronte all'ingresso principale della Fiera, c'erano  un gruppo di appartamenti a due piani, che si distinguevano per i loro balconi protetti da chiusure a graticcio, chiamate 
musharabia , che servivano  a  filtrare l'abbagliante luce del sole e a proteggere la propria intimità da sguardi sconosciuti. In uno di questi appartamenti ci abitava Marco Abate Daga, un caro amico, che frequentavo spesso,  specialmente durante le mie vacanze estive nella spiaggia del Lido Nuovo.
Più avanti a sinistra c'era il cinema estivo Rivoli, metà di tante nostre spensierate serate estive tripoline e di fronte al cinema, tra Via Bramante e Via Giotto, c'era il Palazzo dei Tascone. Dalla parte opposta,  all'angolo con Via Gioberti, c'era il negozio di biciclette di Giuma Muntasser, dove tradizionalmente avveniva l'operazione di punzonatura, prima dell'inizio ogni gara ciclistica che si svolgeva nei dintorni di Tripoli.  A seguire il negozio di un macellaio arabo, il negozio di merceria dei Barbagrigia, il negozio di genere alimentari di Dante ( così lo chiamavano tutti) e subito dopo un altro negozio di generi alimentari, quello di Paolino Bevilacqua, adiacente al negozio di rivendita di generi alcolici dei Sortino. Dopo i Sortino,  nel palazzo a lato, ci abitava la famiglia di un mio ex compagno di scuola, Piero Provenzano. Dalla parte opposta c'erano delle case, dette popolar, in cui vi abitavano i Paternò ed i Lasciarrea.
Proseguendo c'era una strada traversa chiamata Via Ippolito Nievo, dove all'angolo con Corso Sicilia c'era il negozio di barbiere dei Dama, padre e figlio. Dopo i Dama c'era il portone del palazzo dove abitavano i Guma, miei professori al Liceo.  Un centinaio di metri dopo c'era il ristorante 
Ittihad, dove  vendevano anche cibo da asporto. Mi sembra di sentire ancora il delizioso odore del cuscus di agnello che proveniva dalle loro cucine.  Di fronte al ristorante c'erano  i giardini pubblici, che sono stati sede per anni di famosi circhi, quali Medrano, Togni, Orfei etc.  Un lato del  perimetro dei  giardini pubblici  partiva da via Giotto, dove c'era il parcheggio delle carrozze trainate dai cavalli, per arrivare  fino a  Via Raffaello. In quella via  abitava la famiglia di un mio ex compagno di scuola elementare, Giancarlo Biscari.  Proseguendo per Corso Sicilia, dallo stesso lato più avanti, c'era la Chiesa della Madonna della Guardia, oggi, dicono,  trasformata in complesso sportivo e palestra di judo. Più avanti la cartoleria Serrag. Duecento metri oltre, dalla parte opposta,  un palazzo che aveva una forma tondeggiante che tutti chiamavano  Il Colosseo, e più avanti ancora una moschea.

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Tripoli, Zona Centro vista da 1320 metri di altezza


Di fronte alla moschea, sotto gli archi,  ricordo alcuni negozi. Il negozio  di scarpe Varesino, gestito dai signori Provenzano e Malerba, la cartoleria Onestinghel, più avanti il negozio di scarpe Bata. Poi, verso Piazza Italia, prima dell'entrata principale dell'ex  Banco di Roma, c'era una lunga fila di lustrascarpe, che oltre ad esercitare il loro mestiere di pulizia delle scarpe alla modica cifra di due piastre, almeno fino alla fine degli anni cinquanta, avevano delle bancarelle dove venivano esposte per la vendita riviste e fumetti di seconda mano, per lo più in lingua inglese, provenienti dalla base americana del Wheelus Field. Dalla parte opposta sotto i portici c'era  il negozio del barbiere Calvo e proseguendo il palazzo della Riunione Adriatica di Sicurtà e poi  il palazzo del Governo. Arrivo a Piazza Italia (poi Maidan Aushhada), una larga piazza con una bella fontana. Al centro della piazza c'è  una vasca circolare di circa 10 metri di diametro, in cui giacciono, semisommersi, cinque cavalli di cemento. Sulla loro criniera, è adagiata una vasca più piccola, ricamata con ghirigori, da cui fuoriescono due coni zampillanti d'acqua. Così come il  numero dei cavalli , anche  le vie che si diramano da Piazza Italia sono cinque. Guardando la piazza d'alto,  queste cinque vie sembrano aprirsi come le dita di una mano, cosi' di seguito: pollice, Corso Sicilia; indice, Via Piemonte  (poi Sciara el Luadi, ed ora ora Amr Bin Al A'ss Street); medio, Via Lazio (poi Sciara Mizran); anulare, Via Costanzo Ciano ( poi Sciara 24 Dicembre, ora 1st September Street);  mignolo, Corso Vittorio (poi Giaddat Istiklal, ora Imhimmid al Mqaryif Street). (Dal libro "Reminiscenze tripoline" di Roberto Nunes Vais  ). Io aggiungerei una sesta strada quella che porta alla Città Vecchia, alla Medina, che ha inizio da Suk el Muscir

Mi prometto di percorrere queste sei strade ripartendo sempre da Piazza Italia. All'incrocio  con l'ex Via Piemonte  c'era il cinema teatro Alhambra. Accanto al cinema il negozio di specialità culinarie e dolci arabi, Shahrazade. Lì si trovavano i più disparati tipi di dolci arabi, addolciti quasi sempre col miele. La loro preparazione è basata su alcuni ingredienti ricorrenti: le mandorle, l'uva sultanina, i datteri, i fichi secchi, i pistacchi e l'acqua di fiori d'arancio. Secondo me il miglior dolce arabo, se preparato e conservato bene, è la baklava.  


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Baklava, dolce arabo

Proseguendo più avanti sul lato destro, mi c'è il Cinema Lux, dove proiettavano film in inglese, con sottotitoli in arabo ed italiano. Soltanto la domenica pomeriggio venivano proiettati film doppiati in italiano. Quasi ogni domenica ero solito andare in questa cinema con alcuni miei amici coetanei, Giglio Gennaro, Tonino Virone, Piero Provenzano, Enzo Vaccarini (amici che durante le vacanze estive incontravo nelle Spiagge del Lido Nuovo e del Lido Vecchio).



Da sinistra io, con Piero Provenzano e Tonino Virone al Lido Vecchio

Dopo il film avevamo preso l'abitudine di fermarci ad una  friggitoria di fronte al cinema e ognuno si comprava un panino con hamburger condito con cipolle fritte e una Kitty Cola o una Pepsi Cola per digerire tutta quella frittura.




Panino con hamburger e cipolla
Tappo Kitty Kola
Bottiglia di Pepsi Cola

Camminavamo e mangiavamo soddisfatti del sapore del nostro panino. Poi parlavamo di varie cose, del film visto, di calcio, di pallacanestro, di atletica ma sopratutto dei nostri primi giovanile approcci con le ragazze. Generalmente la nostra serata domenicale terminava dopo una lunga passeggiata sul Lungomare Adrian Pelt, che faceva da barriera al mare. Ma torniamo in Via Piemonte e ripartiamo da dove c'era il cinema Lux. Proseguo questo mio giro cittadino andando duecento metri più avanti, sul lato sinistro della strada,  dove c'erano due enormi cancelli, che erano i due ingressi, quello della Scuola Media e quello dell'Avviamento Commerciale ed Industriale. Per ricordare le altre strade torno in Piazza Italia e riparto dalla strada del nostro figurativo dito medio , cioè Sciara Mizran (ex Via Lazio), la strada dove c'era il Liceo “Dante Alighieri” e l'Istituto Tecnico per geometri e ragionieri “Guglielmo Marconi”.
Guardo verso il centro dello schermo e riconosco il Porto, il Castello, l'enorme Piazza ora chiamata Piazza Verde da cui si dirama l'ex Lungomare Adrian Pelt (ora Al Fatah Street) con i due filari  di palme di datteri, disposti dal lato mare.  Dicono che ora che questo viale non costeggia più il mare. E' stata creata un'estensione di cemento larga circa centoventi metri, che parte dalle vicinanze del Castello e si allunga per circa un chilometro e mezzo. Ora su questa estensione passa uno stradone a sei corsie, che si snoda  parallelo all'ex viale Adrian Pelt. Più in là c'è la rotonda di Piazza Gazzella con accanto tutto il verde degli alberi dei giardini pubblici. Mi ricordo gli spumeggianti zampilli d'acqua di questa bella fontana che bagnavano la scultura bronzea di una gazzella, resa verdastra dal tempo e dall'acqua, unita alla scultura di una donna nuda, sdraiata in una posa languida, insieme  alla gazzella.  La donna che aveva dei capelli pettinati con due trecce, stava al centro della vasca colma d'acqua, e con la mano sinistra  teneva una brocca e con la destra  accarezza il collo della gazzella

(fine prima parte) 

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La Tripoli di oggi (foto scaricate da Google Earth)

 

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01
  Tripoli 1 Tripoli2 Tripoli 3
02
  Barche 1 Barche 2 Barche 3
03
  Castello Castello 2 Castello 3
04
  Piazza Verde Piazza Italia 1 Piazza Italia 2
05
  Galleria De Bono 1 Galleria De Bono 2 Tripoli 3a
06
  Ex Cattedrale Ex Cattedrale 2 Ex Piazza Cattedrale
07
  Ingresso Fiera Grand Hotel Piazza Gazzella
08
  Tripoli 5 Ristorante sul mare Tripoli 6
09
  Ex Palazzina  Reale Entrata  Medina Verso la Medina
10
  Suk  nella Medina Strada  della  Medina Grattacieli 1
12
  Grattacieli 2 Nuovo Vialone 1 Nuovo Vialone 2
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  Spiaggia Strada  Gargaresh Verso Zliten
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  Moschea di Zliten 1 Moschea di Zliten 2 Tomba - Zanzur 1
15  
  Tomba - Zanzur 2 Tomba - Zanzur 2  
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  Vecchia Cattedrale Confine Libico-Tunisino Grattacielo  Una grande moschea

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Hotel Corinzia vicino al porto Ingresso Medina 1 Ingresso Medina 2 Vicoli della Medina

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Grattacielo Medina Medina Medina

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Moschea Karamanli Moschea di Gurgi Interno Moschea di Gurgi Sabrata

20

  Sabrata 1 Sabrata 2

Misurata 1

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Misurata 2

Marsa Brega 1

Marsa Brega 2

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Leptis Magna 1

Leptis Magna 2

Leptis Magna 3

23

 

Leptis Magna 4

Leptis Magna 5

Leptis Magna 6

24

  Bengasi Cirene Apollonia
25

  Chiesa Bizantina Montagne Verdi Un'oasi vicino Tripoli

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Vecchia pianta di Tripoli