La stanza di Silvio Peluffo

Silvio Peluffo

Ghibli

di Silvio Peluffo

Tempo fa, passeggiando per una via principale di Roma, notai che, nella vetrina di una profumeria, tra i tanti flaconcini di profumo, ne figurava uno con un nome a noi tutti molto familiare: “Ghibli”.

“Ghibli”? Dissi sottovoce. Incuriosito non esitai un solo attimo ad entrare nel negozio per acquistarne uno.

Volli immediatamente odorare il contenuto e fui inebriato dal delicato profumo che ne usciva. La commessa mi guardò meravigliata e perplessa.

“Signorina” le dissi “Questo profumo è sublime come lo è la sua bellezza ma il vero profumo del Ghibli è un’altra cosa!”

Mentre uscivo, mi resi conto di aver aumentato la sua perplessità anziché fugarla. Sono così ritornato  su i miei passi ma soprattutto sono ritornato col pensiero a molti decenni prima.

Avendo attraversato molte volte il Sahara, ho avuto occasione di conoscere qual’era in realtà il “profumo del Ghibli”, vento così chiamato perché proveniente dalla Ghìbla, nome che i Libici danno alla regione a sud della Tripolitania settentrionale. È lo scirocco italiano da cui differisce notevolmente. Soffia impetuoso sollevando minuscoli granelli di sabbia bianchissima se proveniente dalle dune del mare di sabbia di Kalamscio (Sahara orientale libico) oppure di sabbia rossastra se proveniente dalla Hammada el Hamra. Ma oltre a sabbia, viene sollevato anche il feshfesh polvere impalpabile che rende l’aria irrespirabile ed accecante. È un vento secco le cui folate sembrano uscire da una fornace. Spesso riesce ad attraversare il Mediterraneo ed a raggiungere anche le Alpi. Ovviamente perde di intensità e di calore ma lascia il segno: la sua cipria, soprattutto sulle auto.

A volte è molto violento ma probabilmente Erodoto non si riferisce al Ghibli quando dice che durante una spedizione gli Psilli furono tutti quanti seppelliti da un vento impetuoso.

Cosa dire del calore? Ricordo che il termometro che portavo sempre con me molte volte raggiungeva i 60 gradi!

Ma da dove nasce e si sviluppa questo inferno? Non era certo così un tempo quando al posto del deserto c’erano foreste, fiumi, laghi e persino il mare. Il tutto confermato dai ritrovamenti di fossili di varie specie di dinosauri, pesci, uccelli, di enormi tronchi di alberi e di una miriade di piante minori e vegetazione varia.

Gli scienziati hanno formulato diverse teorie sulla desertificazione di tutta quella parte del mondo. Spesso non si sono trovati d’accordo ma una cosa è certa: il deserto continua ad avanzare coprendo di dune, oasi e villaggi.

Ricordo che un giorno, Mr. John Tappin, Ambasciatore degli Stati Uniti d’America in Libia, sapendo che conoscevo molto bene il deserto, mi convocò per chiedermi se potevo aiutare un medico giunto dagli USA su richiesta del Governo Libico perché nella lontanissima oasi di Uau En-Namus (così chiamata perché era infestata da grandi zanzare: namus in arabo), si era sviluppata un’epidemia che procurava, alla popolazione di quell’inospitale luogo, febbre altissima.

Mi permisi di suggerire all’Ambasciatore ed a quel giovane medico presente al colloquio che, per evitare un viaggio enormemente disagevole ed una sfacchinata in auto di un migliaio di chilometri, il mezzo più adeguato sarebbe stato l’aereo.

“Niente affatto”! Disse il medico che probabilmente voleva unire l’utile al dilettevole (secondo lui). “Non voglio perdere l’occasione di attraversare il deserto”!

Il viaggio si svolse in eccellenti condizioni atmosferiche ed il Dott. George Sykes, rimase soddisfatto della sua decisione di compiere il percorso via terra perché oltre alla vasta zona desertica poté visitare anche Hon, Sebha, Uau El Kebir.

Oltre al dottore ed il sottoscritto c’era anche Mohamed Salah l’autista della Land Rover, veicolo adattissimo ad attraversare il deserto. All’arrivo fummo accolti calorosamente dagli abitanti: quasi tutti Tuaregh.

Al Dott. Sykes bastò visitare alcuni ammalati per capire che si trattava di tifo causato dall’acqua inquinata di alcuni pozzi. Avrebbe fatto pervenire urgentemente per via aerea le medicine necessarie e l’epidemia sarebbe stata debellata.

Qualche giorno dopo decidemmo di ripartire alla volta di Tripoli. Il tempo si mantenne ottimo fino ad Hon, poi l’odorato sensibilissimo di Mohamed Salah e la temperatura che salì improvvisamente, preannunciarono senza alcun dubbio l’arrivo del Ghibli. Informammo il Dott. Sykes che doveva prepararsi ad affrontare per non meno di tre giorni una violenta tempesta di sabbia quindi chiesi a Mohamed se era il caso di rientrare ad Hon oppure di raggiungere Bun Gem. Decidemmo di raggiungere quel piccolissimo paese dove sapevamo esistesse, vicino al forte, un pozzo di acqua potabile. Chiedendo l’impossibile al motore della grande Land Rover raggiungemmo in gran velocità il pozzo appena in tempo da non essere colpiti dalla tempesta. Avevamo esaurito le scorte d’acqua e le ghirbe che usavamo per mantenere l’acqua ad una temperatura accettabile erano vuote. Ma per fortuna c’era il pozzo e quindi calammo il secchio assicurato ad una lunga corda per rifornire le due ghirbe. Ritirando il secchio colmo, notammo che l’acqua conteneva piccoli vermi di colore rosso. Vermi d’acqua o di qualche piccolo animale precipitato nel pozzo e quindi acqua inquinata? Il Dott. Sykes che aveva seguito tutta l’operazione a bordo dell’auto disse che non avrebbe mai bevuto quell’acqua. Mohamed Salah, nativo di Hon e che di acqua di pozzo se ne intendeva, dopo un accurato esame disse che era solo necessario filtrare l’acqua con un fazzoletto. Personalmente ho sempre avuto fiducia cieca nei confronti degli uomini del deserto e dissi che anch’io non avrei avuto alcuna difficoltà a bere quell’acqua.

Il Dott. Sykes, seccato della nostra decisione, chiese di ripartire immediatamente ma, nel frattempo, il Ghibli era diventato così violento da ridurre la visibilità a nemmeno di un metro rendendo quindi impossibile riprendere il viaggio.

La notte, rannicchiati nell’interno della Land Rover, riuscimmo a dormire qualche ora ma, all’alba, il Ghibli soffiava ancora con violenza e la sete del Dott. Sykes aumentava. Mohamed ed io continuavamo a bere senza aver alcun problema ma non riuscimmo a convincere il dottore. Al terzo giorno ci accorgemmo che il Dott. Sykes pronunciava frasi sconnesse ed a quel punto decidemmo di dargli da bere con la forza. Si riprese, per fortuna, e passata la tempesta raggiungemmo Tripoli dove, alla presenza dell’Ambasciatore, il dottore non finiva mai di ringraziare sia Mohamed che me per avergli salvato la vita.

Ho voluto ricordare questa avventura (e ne avrei tante altre da raccontare) perché il Sahara che sempre mi ha affascinato oltre ad essere quella meraviglia della Natura così ben descritta da scrittori e poeti in termini romantici, è pieno di insidie e non solo per le tempeste di sabbia ma anche per le sabbie mobili e tanti altri imprevisti.

Ma come nasce e si sviluppa con tanta violenza il Ghibli? Lascio a chi di dovere la spiegazione scientifica. Mi limito a descrivere ciò che ho visto e notato più volte. Spesso al tramonto si nota una particolare chiarità ed un’insolita calma nell’atmosfera. È il Ghibli che avverte la popolazione del deserto che sta arrivando e la invita a cercare riparo.

La temperatura mediamente sui 40 gradi sale improvvisamente a 60 gradi circa. Si formano immediatamente numerosi mulinelli di sabbia che si spostano rapidamente alzandosi verso l’alto e diventando sempre più voluminosi. Si crea così una barriera di sabbia che aumenta continuamente di consistenza. A questo punto inizia a soffiare un forte vento da Sud verso Nord che diventa accecante e che soffiando anche in altitudine, spinge sabbia e polvere a grande distanza.

Ecco, così ho visto nascere il Ghibli e ne conservo ancora l’odore che … non è certo quello imprigionato nel flaconcino di profumo da me acquistato a Roma in occasione di una bella passeggiata.

Il vero Ghibli, forse ha lo stesso odore delle rose del deserto. Ne regalerò una alla bella profumiera, uno di questi giorni.

Silvio Peluffo