MOAMMAR  EL  GHEDDAFI

di Antonio Carella

 
 

ANTONIO CARELLA regista cinematografico, televisivo e giornalista, da anni lavora per la televisione. Ha collaborato a trasmissioni quali MIXER, FILM VERO, GLI ANNI IN TASCA, SPECIALE MIXER, CORREVA L’ANNO. Ha curato, tra l’altro, inchieste e reportage sulla mafia, il lavoro nero, il sangue infetto, le mine antiuomo, il disagio mentale, le stragi di stato. Ha realizzato documentari e film che hanno partecipato  a festival e ricevuto riconoscimenti.
 
 

    “Io sono un beduino sperduto, che non possiede neppure un certificato di nascita…
     
      I ricordi della mia fanciullezza mi rivengono alla mente per immagini, come   flash di luce…
     
      La gente dell’accampamento, i miei genitori, le sorelle, i cuginetti,  gli  zii...Sono   vissuto fra i  nomadi e i beduini,  sotto una tenda…e così ho  potuto conoscere le   difficoltà  quotidiane di una società arcaica…Ho toccato con mano la realtà dei   bisogni… le leggi naturali che regolano la società beduina…
     
      In un tale ambiente, queste leggi  si manifestano chiaramente: non c’è alcun potere  del governo, come sarebbe  possibile, del resto? Senza polizia, senza prigioni,  si ha  una condotta morale e  un comportamento sociale irreprensibili…  ”
     
    1969
    PRIMO SETTEMBRE: IL MOVIMENTO DEI GIOVANI UFFICIALI LIBERI DEPONE IL RE IDRIS E  PRENDE IL POTERE IN LIBIA. A GUIDARLI E’ UNO SCONOSCIUTO CAPITANO DELL’ESERCITO: MUAMMAR GHEDDAFI. HA 27 ANNI

    Alle 6,30 del primo settembre 1969, da radio Bengasi  lo sconosciuto ventisettenne capitano dell’esercito Muammar al-Gheddafi, proclama ai due milioni attoniti abitanti della Libia:

    “Nel nome di Dio il compassionevole, il  misericordioso, o grande popolo libico! …Un sol colpo del vostro eroico esercito ha abbattuto gli idoli e mandato in frantumi le immagini venerate… D’ora in avanti la Libia sara’ considerata una libera Repubblica  sovrana, portera’ il nome di  Repubblica Araba Libica…”

    Il Comitato Centrale degli Ufficiali liberi composto da 12 membri che ha preso il potere, ha fatto scattare  l’”Operazione Gerusalemme” nella notte fra il 31 agosto e 1 settembre, alle 4 del mattino, dopo le rituali preghiere ad Allah, con un’azione coordinata di meno di 1000 uomini.
    Alle sette del mattino e’ tutto finito.
    L’ottantenne re Idris che governa la Libia dal 1952, giorno della proclamazione dell’indipendenza,  e’ stato deposto.
    Il re apprende la notizia sulla terrazza dell’albergo dove si trova vacanza con la regina Fatima sulle sponde del mare di Marmara in Turchia.
    Con un ultimo moto d’orgoglio si mette in contatto con il governo inglese, sollecitandone un intervento militare, in applicazione del patto d’alleanza stipulato nel 1953. Tale patto pero’ contemplava solo il caso di un’aggressione esterna.
    A re Idris non resta che abdicare. Ne da’ l’annuncio a radio Atene.

    Il cinquatatreenne, principe ereditario,  Hassan er- Rida’ dopo aver rinunciato al trono, annuncia il suo sostegno al nuovo regime.
     
    Il bilancio della Rivoluzione e’ di un  morto e 15 feriti.
    E’ stata un’azione da manuale, ideata, programmata e organizzata nei minimi dettagli da un capitano dell’esercito di 27 anni.

    Ma Chi e’ Muammar Gheddafi?

    La data esatta e la localita’ dove nasce Gheddafi non sono certe. Probabilmente nasce nel 1942 in un punto del deserto posto ad una ventina di kilometri dal villaggio di Sirte. Sicuramente nasce in una tenda, disadorna, nella solitudine del deserto.

    Il padre e’ Mohamed Abdel Salam Abominiar, ha quasi 60 anni, quando lui nasce.
    La madre Aisha, ha avuto 10 figli: sei sono morti di malaria in tenerissima eta’. Gheddafi e’ l’ultimogenito. Ha tre sorelle piu’ grandi: Salema, Ateqa e Alzadina.

    La sua famiglia ha patito la dominazione italiana e fascista: un  nonno e un prozio gli sono stati uccisi. Suo padre riporta parecchie ferite subite durante la lotta contro le truppe degli invasori italiani.

    “I miei genitori piangevano quando ricordavano gli anni dell’occupazione italiana…Io non ho vissuto quell’epoca, pero’ ho visto le conseguenze della guerra… Io stesso sono rimasto colpito da una mina italiana…In quell’esplosione sono morti due miei cugini. Quel giorno mi sono salvato per caso…”

    Il padre manda a studiare il giovane Gheddafi, prima nella cittadina di Sirte e, poi, a Sebha nella regione del Fezzan dove frequenterà la scuola media. Già  in quegli anni si infiamma nell’ascoltare per radio la voce di Nasser che incita gli arabi a lottare contro la coalizione anglo-franco-israeliana che combatte l’Egitto, colpevole di avere nazionalizzato il canale di Suez.
    NASSER e’ il suo mito e un punto di riferimento ideale e politico.
     
    Negli anni del liceo, fra il 1957 e 1959, Gheddafi organizza con i suoi compagni manifestazioni di protesta panarabe, contro la dominazione coloniale, contro l’assassinio del leader congolese Lumumba.
    A diciassette anni e’ ormai  un leader riconosciuto da tutti i suoi compagni. La sua figura, già allora, ha quell’aura speciale che in arabo viene definita baraka, e che in occidente è chiamata carisma. Non beve, non fuma, non gioca.

    Organizza le prime cellule politiche di opposizione al re Idris. Per questo viene espulso dalla scuola.

    Negli anni 60 si trasferisce al liceo di Misurata, in Tripolitania, dove non e’ riconosciuto il decreto di espulsione della regione di Fezzan. A Misurata continua la sua attivita’ politica creando nuove cellule del Movimento di opposizione alla monarchia. Si appasiona alla letture politiche di  Sun Yat Sen, Mao Zedong. Prova simpatia per Fidel Castro. Ha un’avversione totale per lo Stato d’Israele.
    E’ negli anni trascorsi a Misurata che Gheddafi matura la decisione di preparare un colpo di stato.

    Si iscrive all’Accademia Militare di Bengasi, con l’intenzione di formare un gruppo di ufficiali unionisti di opposizione al regime di Idris. Il suo modello di rivoluzione si ispira a quello degli Ufficiali Liberi che ha portato al potere Nasser, in Egitto.
    Conclusa l’accademia Gheddafi viene inviato in Gran Bretagna a Beaconfield ad un corso di addestramento di 4 mesi presso il Genio Collegamenti britannico. In pratica un corso da radiotelegrafista. E’un’esperienza per lui negativa :

     “Come si puo’ riflettere in un paese dove si hanno sempre delle nubi in testa?”

    Dopo la sconfitta e l’umiliazione subite dal suo idolo Nasser nel corso della “guerra dei sei giorni”, il ventisettenne  capitano Gheddafi capisce che occorre agire presto e bene. Il regno del vecchio e malato re Idris  e’ in disfacimento e la corsa alla successione e’ diventata una gara di velocita’. Oltre al naturale pretendente, il nipote del re, principe Hassan  er- Rida’ ci sono vari gruppi  pronti al colpo di stato, tra cui quello che fa capo al comandante delle forze armate libiche Abdulaziz esh-Shelhi.

    Gli ultimi mesi prima del colpo di stato sono i piu’ difficili. Dopo una serie di rinvii per motivi di opportunita’, Gheddafi decide che l’“OPERAZIONE GERUSALEMME”,  questo il nome in codice del colpo di stato, deve scattare tra la notte del 31 agosto e 1 settembre.

    Tutto avviene in poche ore: e’ un successo che ha un’immediata risonanza internazionale.
    La storia della Libia, da questo momento, volta pagina.

    Fin dalle prime settimane di potere, Gheddafi alimenta il suo mito rifiutando di abitare la reggia del monarca deposto. Va a vivere sotto una tenda fatta installare nella caserma fortezza di Bab al’ Aziziyyah a Tripoli.

    La tenda e’ un simbolo della vita semplice. Io personalmente sono vissuto in tenda fin dall’inizio della mia vita e ancora oggi non sono riuscito ad abituarmi a vivere in luoghi lussuosi.” Confessera’ ad un giornalista italiano nel corso di una intervista.

    E’ in  questa tenda che riceve i corrispondenti e gli inviati  accorsi da ogni parte del mondo.
    Gheddafi rivela fin dai  primi contatti con i mass-media una straordinaria capacita’ di usarli e strumentalizzarli a suo favore.

    Di me non diro’ niente se non che sono poverissimo e di questo sono  molto fiero”  dira’ ad un giornalista francese curioso della sua vita privata.

    In effetti il gruppo di 12 militari, tutti al di sotto dei trent’anni, che ha guidato la rivoluzione non appartiene ne’ all’entourage aristocratico del sovrano, ne’ alla ricca borghesia degli affari cresciuta sulle fortune del petrolio. Sono quasi tutti figli di beduini poveri e nomadi, di contadini. E’ un altro dei motivi della compattezza del gruppo di cospiratori, perlomeno nella prima fase della Rivoluzione.
     
    A Washington il presidente Nixon ed il consigliere presidenziale Henry Kissinger accolgono con evidente preoccupazione la notizia del colpo di stato.

    La posizione strategica della Libia nel cuore del bacino mediterraneo, con la presenza di seimila militari statunitensi e 4000 famigliari della base aerea di Wheelus Field, e l’importanza delle sue ricchezze petrolifere, creano apprensione alla Casa Bianca.
    Gli Stati Uniti stanno vivendo un momento difficile per l’estendersi della guerra in Indocina e per la guerra di logoramento israelo-egiziana sul Canale di Suez. Non possono che valutare che con preoccupazione l’avvento del nuovo regime, anche se il dichiarato panarabismo e la fedelta’ all’Islam sono considerati una garanzia sufficiente in funzione antisovietica.
     
    La Libia e’ un paese immenso, grande sei volte l’Italia, ma desertico al 95%. La sua unica ricchezza e’ il petrolio, il cui sfruttamento inizia alla fine degli anni 50.
    Dagli anni 60’ in poi, per effetto della chiusura del canale di Suez, le Compagnie Petrolifere Internazionali, le famosi sette sorelle, “sciamavano come api verso l’alveare libico” dira’ un commentatore e giornalista inglese .
    Il re Idris fin dal 1953, ne aveva autorizzato la ricerca e il successivo sfruttamento. Intorno alla sua corte fiorisce una rete di avidi procacciatori d’affari che si arricchiscono senza troppi scrupoli sfruttando le opportunita’ offerte dall’oro nero.

    Fin dai primi giorni si precisa la fisionomia del nuovo regime libico: nazionalista e riformista all’interno, anti-imperialista e panarabo in politica estera.
    Liberta’, Unione, Giustizia sociale  sono i principi su cui Gheddafi intende fondare il suo governo.
     
    Nei primi giorni di novembre vengono libicizzati con l’acquisizione del 51% delle azioni il Banco di Roma, il Banco di Napoli, la Barclay Bank, l’Arab Bank.

    Il Consiglio del Comando della Rivoluzione impone un aumento dei salari degli operai libici impiegati nel settore del petrolio. Il nuovo regime proclama la lotta contro ogni forma di nepotismo, di corruzione, di speculazione. Vengono dimezzati gli emolumenti dei ministri, il trasferimento all’estero dei fondi degli stranieri sono limitati al 60 per cento. L’alcol e l’importazione dei liquori, che garantiva un giro d’affari di diversi miliardi, vengono vietati. Sono chiusi i locali notturni e i casino’. Nelle scuole e’ proibito l’insegnamento dell’inglese e imposto l’uso esclusivo dell’alfabeto arabo.
     
    Nel dicembre del 1969 Gheddafi sposa Fathiah, la figlia di un alto ufficiale del disciolto esercito monarchico. Il matrimonio non dura a lungo. Da Fathiah nascera’  Mohamed, il primo dei suoi cinque figli. Gheddafi sposera’ in seconde nozze Safyah, un’ex infermiera.

    Nel frattempo continua la sua battaglia per liberare la Libia da ogni dipendenza straniera. Il simbolo piu’ significativo di tale presenza sono le basi militari americane e inglesi.
    Il 23 dicembre del 1969 americani e libici trovano un accordo: entro il giugno del 1970 la base di Wheelus Field sara’ evacuata..
     
    Il Paese festeggia la sua “entrata nell’era della indipendenza” con manifestazioni popolari cui partecipano  quasi tutti i capi di stato del mondo arabo.

    Un ulteriore passaggio per liberare la Libia dai residui del colonialismo e’ la cacciata degli italiani.
    Il rapporto di Gheddafi con l’Italia sara’ sempre di amore e odio. Nella sua memoria  sono radicati i ricordi delle sofferenze patite dalla sua famiglia durante la dominazione italiana. Non si puo’ prescindere da questo semplice dato, per valutare l’atteggiamento di Gheddafi verso il nostro paese.

     “La Libia deve essere ripulita dai residui del colonialismo italiano. Voglio che se ne vadano al piu’ presto”, dira’ nel giugno del 1970.

    Ed entro il luglio dello stesso anno migliaia di italiani sono costretti ad abbandonare il paese. La comunita’ italiana che alla fine della guerra superava le 45 mila unita’ si riduce a meno di 500 presenze. Sono gli italiani ritenuti “buoni” dalla Rivoluzione. Agli italiani vengono confiscati tutti i beni, edifici, negozi, terreni, mezzi di trasporto, macchinari, animali. La cattedrale di Tripoli viene trasformata in una moschea intitolata a Nasser, il cui ritratto e’ posto sull’altare.
    Ma non e’ tutto. Gheddafi chiede al governo italiano un ulteriore indennizzo per i danni di guerra subiti dal suo paese ritenendo irrisori quelli versati nel 1956 a re Idris. Sara’ l’inizio di un lungo contenzioso che si protrarra’ per molti anni con i responsabili della Farnesina.
    E ogni anno, in ottobre, alla ricorrenza dello sbarco italiano in Libia, il leader libico riproporra’ con toni piu’ o meno minacciosi il tema dei risarcimenti, che vorrebbe accompagnati da una precisa ammissione di colpa da parte dell’Italia dei danni provocati dal colonialismo.
     
    Dopo le basi militari straniere e la questione italiana l’altro decisivo fronte aperto da Gheddafi e dal suo braccio destro Jallud  e’ quello del petrolio.

     “Nessun potere al mondo puo’ negarci il diritto di nazionalizzare i nostri campi  petroliferi o di cessare di pompare il nostro petrolio, del quale possiamo fare cio’ che vogliamo…” dichiara Gheddafi.

    Quando il Consiglio del Comando della Rivoluzione, appena preso il potere avvia la battaglia per il controllo delle risorse petrolifere del paese, la Libia era la maggiore produttrice di petrolio del continente africano.
    Dopo aver imposto un sostanziale aumento delle royalties alle grandi multinazionali, Texaco, Standard Oil, Shell, BP, Mobil, l’obiettivo di Gheddafi e’ la nazionalizzazione di quelle compagnie che si dimostrano refrattarie alle imposizioni delle nuove tariffe imposte dal governo rivoluzionario.

     Nel 1970, durante una riunione di suoi commilitoni il capitano Gheddafi viene alla unanimita’ promosso colonnello.

    Dal 1970 al 1973 Gheddafi, appoggiato dal fedele ministro Jallud, inizia una metodica politica di riappropriazione delle risorse di petrolio del paese.

    Ad operazione conclusa nel 1973, Gheddafi e Jallud hanno centrato il loro obiettivo: in Libia operano ormai soltanto le piccole e medie compagnie che hanno accettato il diktat libico. Delle famigerate sette sorelle in Libia non c’e’ piu’ traccia.
     
    La NOC la nuova compagnia petrolifera libica controlla il 70% della produzione del greggio e svolge funzioni di produzione raffinazione e distribuzione di tutto il petrolio estratto nel paese.
     

    1973
    SCOPPIA  LA GUERRA  ARABO-ISRAELIANA DEL KIPPUR. GHEDDAFI NAZIONALIZZA IL   51%    DEL   PATRIMONIO   DELLE MULTINAZIONALI PETROLIO . ESCONO I PRIMI CAPITOLI  DEL LIBRO VERDE.

    La guerra del petrolio e’ vinta.
    Tutto l’Occidente, nel 1973, e’ in ginocchio a causa della prima grave crisi petrolifera  di cui cade vittima per le nuove misure adottate dall’OPEC che riunisce i 13 paesi maggiori produttori di petrolio, di cui la Libia fa parte.
    Il prezzo del greggio e’ quadruplicato.

    Il leader libico puo’ ora dedicarsi ad uno dei suoi progetti piu’ esaltanti:
    l’unificazione dei  paesi arabi in un’unica grande Patria che vada dall’atlantico al Golfo Persico. Gheddafi concepiva la Libia come una specie di regno sardo-piemontese animatore dell’unificazione araba. Nei primi 15 anni del suo regno cerchera’ per sette volte di realizzare l’unificazione del mondo arabo.
     
     “Dinanzi  all’Europa che sta per unirsi, agli Stati Uniti e al blocco sovietico l’unita’ araba e la creazione di un insieme arabo-africano sono una necessita’. Africani e arabi non hanno altra scelta  che quella di mettere in comune le loro risorse e di  unirsi se essi vogliono restare se stessi per raccogliere la sfida del mondo moderno…” dichiara in un’intervista a “Le Monde” nel 1973.

    E’ a Nasser che Gheddafi rivolge da subito la sua attenzione come interlocutore privilegiato per tale progetto. Nasser e’ il personaggio politico arabo che ha ispirato la sua rivoluzione. Da sempre e’ il suo punto di riferimento per la realizzazione dell’unita’ araba. Non bisogna dimenticare i tentativi fatti dal rais per realizzare la Repubblica Araba Unita (RAU) con la Siria, che dura appena tre anni dal 1958 al 1961 e fallira’ a causa del colpo di stato di Hassad in Siria.

    Nel dicembre 1969, a soli due mesi dalla presa del potere, quando i due leader si incontrano, Nasser e’ gia’ al tramonto della sua parabola politica. Malato e deluso delle conseguenze disastrose della guerra “dei sei giorni” del 1967 con gli israeliani, firma senza troppa convinzione un progetto di federazione tra Egitto, Libia e Sudan.

    Poco meno di un anno dopo, il rais egiziano muore, ma Gheddafi non rinuncia al suo sogno ambizioso.

    L’interlocutore questa volta e’ Anwar al-Sadat, che succede a Nasser. Con lui riprende a tessere la tela dell’Unione Araba. Riesce a strappargli la promessa della proclamazione dell’Unione delle Repubbliche Arabe, che non verra’ mai realizzata e impiega tutte le sue energie per convincerlo a fare dell’Egitto e della Libia una sola nazione.
    Sadat per un po’ asseconda le ambizioni di Gheddafi, ma la sua politica lo sta portando a sperimentare altre strade.

    In verita’, il leader egiziano non ha mai stimato gran che Gheddafi: nel 1971 aveva concesso la nazionalita’ egiziana all’ex re di Libia Idris e nel 1976 nel periodo piu’critico dei rapporti libico-egiziani  giungera’ a definirlo il “pazzo di Tripoli”.
     
    Quando il 6 ottobre del 1973 Gheddafi apprende dalla televisione che Sadat e il siriano Assad hanno scatenato la quarta guerra del Kippur contro Israele senza neppure consultarlo, si sente tradito e profondamente colpito nel suo orgoglio di arabo.
    Tra l’altro, sembra che gran parte dell’arsenale utilizzato da egiziani e siriani sia stato fornito dalla Libia.
    La guerra durera’ 16 giorni. Dopo una situazione favorevole agli eserciti sirio-egiziani, che sfruttano l’elemento sorpresa, l’esercito israeliano, forte degli immediati aiuti militari degli Stati Uniti, passa alla controffensiva e costringe gli arabi ad un armistizio.
    Gheddafi  con sarcasmo definira’ il conflitto una “guerra da operetta”.
     
    Respinto  ad Ovest nel suo progetto di unita’ araba, il leader libico pensa di prendersi una rivincita ad Est.
    Nel gennaio 1974 insieme al presidente Habib Bourghiba sottoscrive a Djerba un accordo che unisce la Libia e la Tunisia in una sola nazione, la Repubblica Araba Islamica.
    Passano tre giorni dalla solenne proclamazione della Repubblica islamica, e Bourghiba manda a monte gli impegni presi, pare consigliato dal presidente algerino Boumedienne, che teme la presenza di un aggressivo Gheddafi ai confini dell’Algeria.
    Bourghiba corre in Svizzera a sottoporsi agli annuali controlli medici e Gheddafi lo insegue precipitosamente fino a Ginevra, senza ottenere alcun risultato.

    Ancora una volta l’idea di realizzare una grande nazione araba sulle sponde del  mediterraneo gli viene negata. Nonostante l’ennesima  delusione il  leader  libico non rinuncera’ mai  definitivamente a questo suo sogno.

    Il periodo compreso tra il 1973 e il  1976 e’ di frenetica attivita’ per il giovane leader libico. Trova anche il tempo di elaborare la “TERZA TEORIA UNIVERSALE”, che, nei suoi intenti, deve contrapporsi alle dominanti ideologie del capitalismo e del socialismo. Questo suo sforzo teorico portera’ alla pubblicazione del famoso “LIBRO VERDE” prodotto in 53 lingue e stampato in milioni di esemplari.

    “Lo sciovinismo e l’egoismo sono caratteristiche dei governi atei, la TERZA VIA universale respinge entrambi questi vizi e predica la fratellanza umana”

    Al di la’ delle facili critiche il LIBRO VERDE e’ una delle poche risposte del mondo arabo islamico alle teorie politiche dell’occidente. Fra i vari temi affrontati un posto di rilievo occupa l’attacco al sistema parlamentare ed ai partiti:

    “Il Parlamento e’ una rappresentanza ingannatrice del popolo ed i sistemi parlamentari costituiscono una falsa soluzione del problema della democrazia… Il partito e’ la dittatura contemporanea…poiche’ rappresenta il potere di una parte sul tutto… L’esistenza di piu’ partiti inasprisce la lotta per il potere, che si risolve nella distruzione di ogni conquista del popolo…”

    In alternativa Gheddafi identifica nella “democrazia diretta ” il suo metodo ideale di governo, che egli vede articolata in un sistema di “Congressi e Comitati popolari” che confluiscono nel “Congresso Generale del Popolo”.

    “ Il Libro Verde presenta la soluzione definitiva del problema dello strumento di governo” proclama ambiziosamente Gheddafi.

    “Non inventate l’elettricità, l’ hanno già fatto - commentera’ sarcasticamente  un famoso commentatore politico egiziano - vi si chiede di saperla utilizzare non di scoprirla”.

    E’ nel celebre discorso che pronuncia in Tripolitania, a Zuara al Garbia, il 15 aprile 1973, giorno della nascita di Maometto, che Gheddafi precisa e da’ avvio alla sua “Rivoluzione Culturale”. Quella data per lui rappresenta il vero inizio della Rivoluzione Libica.

    Ispirandosi a Mao Zedong,  Gheddafi promuove ed incita il suo popolo  ad un radicale cambiamento delle strutture e delle istituzioni dello Stato. E’ con questo discorso che rimette ogni potere nelle mani dei Comitati Popolari, il cui compito sara’ quello di ristabilire l’ordine rivoluzionario.

    Come immediata conseguenza di tutto ciò, sono messi al bando i nemici della rivoluzione da lui identificati nei comunisti, nei fratelli mussulmani, nei nostalgici della monarchia. Un migliaio di oppositori sono incarcerati.
    Una mano altrettanto pesante Gheddafi  ha con gli ulema,  i depositari della legge islamica. Riducendoli al silenzio, rivendica una propria rilettura del Corano che si concili con il proprio pensiero politico.
    Non meno feroce e’ la sua critica della cultura occidentale. Fra gli altri, finiscono al rogo i libri di Sartre, Baudelaire, Graham Greene, Henry James, D.H Laurence.

    Mentre promuove questi radicali cambiamenti, c’è chi, però, nelle sue stesse fila, trama contro di lui.
    Si contano a decine i tentativi di complotti e attentati contro la sua persona ed il suo regime organizzati dall’interno e dall’esterno della Libia nei 30 anni e più di potere di Gheddafi.

    Nel 1975 un’opposizione interna al Consiglio del Comando della rivoluzione, guidata da tre dei famosi 12 ufficiali che hanno guidato la rivoluzione del 1969, organizza un colpo di stato. I cospiratori raccolgono il malcontento di molti che non sono assolutamente d'accordo con i movimenti di destabilizzazione promossi dal loro leader in alcuni paesi arabi moderati. Fallito il putsch due dei responsabili saranno arrestati, il terzo Omar al Meheishi, ministro della Pianificazione, troverà rifugio dapprima in Tunisia e poi in Egitto dove, protetto da Sadat organizza una fazione di oppositori al regime libico.
    Questo e’ un ulteriore motivo di peggioramento dei rapporti  tra Egitto e Libia che dopo il fallimento dell’Unione giungono ad una vera e propria guerra di frontiera nel luglio 1977. Truppe egiziane varcano il confine ed aerei egiziani bombardano la base militare di Al Adem. L’obiettivo dichiarato di Sadat e’ di far crollare il regime del Colonnello Gheddafi. La guerra durerà solo 4 giorni con un centinaio di morti.
    Ma lo scontro tra Gheddafi e Sadat continua sul piano politico.

    Quando il 17 settembre 1978 il presidente Sadat firma l’accordo di pace con Israele a Camp David, Gheddafi accusera’ il capo di stato egiziano di “alto tradimento” della causa palestinese e dara’ vita al “Fronte del rifiuto” da parte degli Stati Arabi in funzione anti-israeliana. E’ la fine dell’abbandono della sua politica di non allineamento e l’inizio di un progressivo avvicinamento all’area di influenza dell’Unione Sovietica.
    Sicuramente Gheddafi  non avrà provato rammarico il 6 ottobre 1981 quando Sadat viene assassinato dal tenente di artiglieria Khaled al-Islambouli, appartenente al gruppo integralista dei Fratelli Mussulmani.

    Uno degli obiettivi del leader libico, la costruzione di uno stato, socialista ed islamico, ha nel 30 dicembre 1976, una data storica. In un importante discorso televisivo, Gheddafi dà l’annuncio della nascita della Jamahiriyya araba libica popolare e socialista. E’ la proclamazione che il potere in Libia e’ in mano alle masse popolari.

    Il Colonnello rinuncia, da questo momento, ad ogni carica ufficiale, politica e istituzionale.
    Diventerà più semplicemente la “Guida della Rivoluzione”.

    In effetti, nulla, ancor oggi, viene deciso in Libia senza la sua personale approvazione.

    Tutto si può dire di Gheddafi, tranne che non sia un personaggio politico imprevedibile e alla ricerca di strategie che molte volte colgono di sorpresa anche gli osservatori  più attenti: il primo dicembre 1976, tra lo stupore di tutti, sia nel mondo politico, sia di quello industriale, acquista il 10% delle azioni FIAT, versando alla casa automobilistica torinese 415 milioni di dollari. Paga i relativi titoli 4 volte il loro valore di borsa.

    Altri progetti miliardari vengono stipulati in questi anni tra Libia e industrie italiane. I più importanti sono con la SNAM PROGETTI per la costruzione di raffinerie e di un impianto di produzione di ammoniaca secondo la sperimentata formula delle “chiavi in mano”.

    Uno degli artefici dei rinnovati interessi commerciali tra Italia e Libia e’ sicuramente Giulio Andreotti, in qualita’ di Presidente del Consiglio prima e Ministro degli Esteri, poi.

     Se l’unificazione della nazione araba è uno degli obiettivi perseguiti da sempre da Gheddafi, ce ne sono almeno altri due che hanno dettato tempi e scelte della sua politica internazionale: liberare l’Africa dagli ultimi retaggi del colonialismo europeo e restituire una patria ai palestinesi cancellando lo Stato di Israele.

    Per seguire questi obiettivi Gheddafi si sobbarca durante gli anni 70 e 80 una serie di impegni economici e militari con una ventina di movimenti di liberazione: dall’OLP di Arafat al fronte eritreo di liberazione, dai guerriglieri del Polisario ai terroristi dell’IRA, dal Movimento democratico dell’Angola ai Kanak della Nuova Caledonia. In tutti questi anni non c’e’ movimento di liberazione al mondo che non abbia avuto un sostegno economico o militare dalla Libia.
    Sempre in questi anni, Gheddafi scatena più di una guerra in Africa. La  più lunga e disastrosa, durerà oltre 20 anni, dal 1973 al 1994:  è quella contro il Ciad.
    Approfittando della guerra civile che dilania quel paese dal 1965, Gheddafi garantisce l’appoggio militare al capo di stato ciadiano Goukuni Oueddei contro il suo rivale Hissein Habre’.
    In realta’ l’intento di Gheddafi e’ occupare la striscia di territorio di Aouzou che considera da sempre un’oasi libica e che può diventare una specie di ponte libico verso il Centro Africa. Senza tralasciare che questo territorio e’ estremamente ricco di uranio. Gheddafi stipula un accordo con Oueddei per realizzare un’unita’ completa tra i due paesi nella prospettiva di creare una futura Repubblica Araba Sahariana.

    Questa decisione scatena le reazioni della Francia di Mitterand che teme e disapprova le mire espansionistiche africane di Gheddafi.
    Mitterand fara’ affluire 3500 soldati francesi a difesa di Hissein Habre’, che nel frattempo ha deposto Oueddei, che trova rifugio a Tripoli.
    Dopo alterne vicende, durate vent’anni, che porteranno ad una pesante disfatta dell’esercito libico con migliaia di morti e centinaia di moderni mezzi militari perduti, il 3 febbraio 1994 Gheddafi accettera’, infine, le decisioni della Corte Costituzionale dell’Aia e rinuncera’ definitivamente alle sue pretese territoriali sul Ciad.
    Questa guerra ha ingoiato migliaia di miliardi delle casse dello stato libico ed e’ motivo, ancor oggi, di gravi  malumori del suo popolo.

    Insieme alla fama, non sempre limpida e disinteressata, di sostenitore dei popoli oppressi, Gheddafi vede crescere negli Stati Uniti e in Europa, anche quella di Principe del Terrorismo internazionale.

    I primi documenti in cui si parla delle supposte attivita’ terroristiche di Tripoli risalgono ad ambienti americani e inglesi e datano il 1974.

    Alcuni membri del Consiglio del Comando della Rivoluzione sono ritenuti i mandanti degli attacchi agli aeroporti internazionali di Atene dell’agosto 1973 con quattro morti e 55 feriti e di Fiumicino del dicembre dello stesso anno dove perdono la vita 32 persone e 18 rimangono ferite. Entrambi gli attentati sono rivendicati dai palestinesi, ma americani e inglesi ritengono che dietro di essi ci sia Gheddafi.

    Gheddafi e’ entrato, ormai, nel mirino della CIA. In un rapporto del 1981 la  CIA  individua nel governo libico uno dei principali responsabili dei circa 760 atti terroristici avvenuti nel solo 1980:

    “La Libia e’ oggi uno dei massimi fattori di disgregazione della politica e della legalita’ internazionali” afferma il consigliere del Segretario di Stato americano Henry Kissinger.

    Nel 1985 il Dipartimento di Stato americano pubblica un Libro Bianco sull’opera di destabilizzazione internazionale attuata dalla Libia:

    “Tripoli gestisce numerosi campi di addestramento per terroristi - si dice, tra le altre cose nel documento- ha piani per assassinare leader arabi moderati, colpevoli ai suoi occhi di non voler proseguire la lotta militare contro Israele, protegge il gruppo terrorista di Abu Nidal…ha dato asilo al famigerato terrorista Carlos, responsabile di numerose azioni, tra cui la cattura dei ministri dell’OPEC tenuti in ostaggio a Vienna nel 1975…La ferma volonta’ di Gheddafi e’ di colpire gli interessi degli Stati Uniti e di diffondere la sua filosofia rivoluzionaria…

    In altri rapporti pubblici e segreti Gheddafi e’ accusato di sovvenzionare l’ETA basca, la banda Bader Meinhof in Germania, i terroristi di Ordine Nuovo, Prima Linea e le Brigate Rosse in Italia, di avere rapporti quanto meno ambigui con alcuni ex-agenti della CIA che gli procurano armi e gli addestrano i terroristi arabi.
    Senza contare la caccia agli oppositori che il suo regime scatena in Europa: dall’aprile al giugno 1980 sono uccisi 4 commercianti libici a Roma, un giornalista ed un avvocato a Londra ed altri sono uccisi a Bari, Atene, Beirut.

    Come si difende Gheddafi da questi durissime accuse?

    “Innanzitutto il governo americano non e’ legittimato a parlare di terrorismo - dichiara ad un giornalista del Time nel 1981 - dal momento che lo pratica piu’ di chiunque altro…Dovrebbe correggere il proprio comportamento prima di sindacare quello degli altri…Piu’ volte abbiamo sottolineato che siamo contrari al terrorismo vero e proprio…Non c’e’ alcun rapporto tra i movimenti di liberazione e le bande dei terroristi…”

    Ed in un’intervista concessa ad Hamid Barrada nel 1983 si difende ancora una volta attaccando:

    “…I sionisti che dominano i mass-media seminano deliberatamente confusione, gettano discredito sulla lotta legittima dei popoli e in modo particolare su quello palestinese…E’ il sionismo che ha deciso nel 1948 che gli ebrei dovevano essere nemici degli Arabi obbligando gli arabi a combattere gli ebrei…”
     

    Vere o false che siano le accuse che gli vengono rivolte, e’ indubbio che la Libia nel giro di pochi anni diviene il paese piu’ armato dell’Africa. I proventi del petrolio permettono, infatti, a Gheddafi di allestire uno degli eserciti piu’ moderni dell’intero continente africano.
    All’inizio degli anni 80 con un esercito di soli 30 mila uomini, possiede 3000 carri armati, 2000 velivoli blindati, 1500 cannoni, 300 caccia, centinaia di velivoli di addestramento, trasporto e ricognizione, 30 unita’ della marina ed un numero imprecisato di missili di ogni tipo.
    Fra i suoi fornitori di armi figurano in prima fila l’Italia, seguita dalla Francia, Gran Bretagna, Unione Sovietica, Cecoslovacchia.

    E’ in questo clima di continue tensioni, guerre, accuse di terrorismo che il 27 giugno 1980 precipita nel mare di Ustica un DC9 dell’Itavia, colpito da un missile francese o americano, nel corso di una operazione “coperta” che avrebbe avuto come obiettivo l’eliminazione del colonnello Gheddafi. Il fallito attentato provochera’ 81 morti . Oltre alle inevitabili polemiche ed alle infinite indagini e processi che si trascineranno nel nostro paese per anni, l’episodio e’ il segno che ormai il clima dei rapporti fra Stati Uniti e Gheddafi va verso un progressivo deterioramento.

    La mediazione libica richiesta dal presidente Carter nel corso della crisi iraniana del 79, con la presa in ostaggio di sessanta funzionari americani dell’ambasciata a Teheran, non ha migliorato i rapporti tra i due paesi.
    La situazione peggiorera’ ulteriormente con l’elezione a presidente degli Stati Uniti del repubblicano Ronald Reagan, che avviene nel novembre 1980.
    Appena arrivato alla Casa Bianca, Ronald Reagan  decide di espellere dagli Stati Uniti l’intero corpo diplomatico libico.
    Il Segretario di Stato generale Alexander Haig dichiara nel maggio 1981:

    “I redditi del petrolio della Libia sono quasi eslusivamente consacrati all’acquisto di armamenti, all’addestramento dei terroristi internazionali e ad interventi diretti negli Stati del nord-est dell’Africa, il piu’ recente dei quali in Ciad” ed invita tutto l’Occidente ad un’azione coordinata contro il leader libico.

    In realta’ il  Dipartimento di Stato e la CIA stanno progettando il modo per rovesciare il regime di Gheddafi per rafforzare la propria presenza nel Mediterraneo e dare una risposta forte agli Stati Arabi del “Fronte del Rifiuto”, nella prospettiva dell’apertura di una via di comunicazione nel Golfo Persico. Si sta ridisegnando la strategia della presenza statunitense nell’area Medio Orientale.
    La tensione fra i due paesi giunge al suo apice quando nel corso  delle esercitazioni aereo-navali della Sesta Flotta americana, che si svolgono nel golfo di Sirte il 19 agosto 1981, due caccia bombardieri americani  abbattono due caccia Sukoi libici in missione di esplorazione.
    La reazione di Gheddafi arriva alcuni giorni dopo. Accusa Reagan  di essere un “attore fallito” ed un  “politico incompetente” e minaccia;

    “La Sicilia e la Grecia ascoltino e cosi’ tutta l’Europa occidentale. E ci credano quando diciamo che sono in serio pericolo, poiche’ in esso sono coinvolti dall’America…”

    Il piano americano per eliminare Gheddafi e’ ormai messo in atto. Si tratta di attendere il momento opportuno. Reagan vuole isolare Gheddafi ed il suo regime demolendone la credibilita’ e demomnizzandolo come un “un cancro che deve essere estirpato”.

    Nel luglio del 1985 un commando palestinese sequestra il transtlantico “Achille Lauro” con 454 persone a bordo. Nelle fasi concitate del sequestro viene ucciso e gettato in mare un invalido americano, di origine ebrea. Il capo del comando e’ Abu Abbas. A causa sua scoppiera’ la crisi di Sigonella fra Stati Uniti e Italia.

    Quello stesso anno, durante le feste di Natale, altri terroristi palestinesi guidati da Abu Nidal lanciano bombe a mano contro i banconi della “El Al” e della “Twa” all’aeroporto di Fiumicino: ci sono 16 morti e 77 feriti. E nella sala transiti dell’aeroporto di Vienna un altro commando palestinese provoca due morti.
    Paventando eventuali ritorsioni contro il suo paese, Gheddafi ammonisce gli Stati Uniti:
    “Se Abu Nidal, Arafat e Gheddafi sono dei terroristi allora lo sono stati anche Washington, Lincoln, Garibaldi, Cavour, Mazzini”

    Nella primavera dell’86, nel corso di manovre militari americane nel Golfo di Sirte dei missili sono lanciati contro aerei americani. Immediata la reazione statunitense: vengono colpite basi missilistiche e postazioni radar libiche.

    Qualche giorno dopo, il 2 aprile scoppia una bomba su un Boeing della Twa in volo tra Roma e Atene: ci sono 4 morti.
    Passano tre giorni e, a Berlino Ovest, in una discoteca frequentata da soldati americani scoppia un ordigno: muore un sergente americano ed una donna turca. I feriti sono 230.

    A questo punto il presidente americano Reagan, rompe ogni indugio e mette in atto quello che da tempo aveva programmato.
    In aprile scatta  una operazione diretta contro la Libia. Il suo nome in codice e’: “Operazione Colorado Canyon
    Partendo dalle basi aeree inglesi di Mildehall e Fairfard della Royal Air Force, 44 cacciabombardieri alle 2 di notte del 15 aprile sono affiancati da altri 26 caccia alzatesi in volo dalle portaerei americane Coral Sea e America. Gli obiettivi da colpire sono 5: gli aeroporti militari di Tripoli e Bengasi, una base missilistica in Cirenaica e la caserma di Bab al’ Aziziyyah, dove vive Gheddafi con la sua famiglia.
     

    1986
    GLI AMERICANI  BOMBARDANO TRIPOLI   E   BENGASI:    L’OBIETTIVO   E’ L’UCCISIONE DI GHEDDAFI   CHE   SI     SALVA   MIRACOLASAMENTE

    Le bombe da 272 e 952 kili a guida laser danneggiano gravemente gli uffici della caserma dove vive Gheddafi, ma colpiscono anche obiettivi civili: le ambasciate di Francia, Austria, Finlandia.
    Il raid causa una cinquantina di morti, tra cui la figlia adottiva di Gheddafi. Sono feriti, Safyah, moglie di Gheddafi e due dei suoi figli, Seif al-Islam e Saadi.

    Nessuno dei 535 caccia libici si alza in volo. Due missili Scud lanciati contro la base militare di Lampedusa finiscono in mare fallendo il bersaglio.

    Gheddafi per un giorno intero non compare in pubblico, tanto da rendere credibile l’ipotesi di una sua uccisione o di un golpe per rovesciarlo. Solo il giorno dopo parlera’ in televisione:

    “Non potevo immaginare che in questo secolo ci fossero dei barbari che progettavano di attaccare la mia famiglia nel sonno…La casa e’ crollata… e’ diventata un ammasso di macerie. Mi sono precipitato a salvare i bambini, era  difficile farsi strada tra le bombe e le fiamme…mia moglie era immobilizzata per un’ernia del disco…” dichiarera’ a dei giornalisti occidentali ad alcuni giorni di distanza.

    Dal canto suo, Ronald Reagan  non puo’ fare a meno di dimostrare tutta la sua soddisfazione per il parziale successo dell’operazione il cui obiettivo principale, l’uccisione di Gheddafi, e’ tuttavia fallito.

    “Oggi abbiamo fatto cio’ che dovevamo fare. Se necessario, lo rifaremo in futuro.  Gheddafi contava che l’America sarebbe rimasta passiva dinanzi l’ondata di Terrorismo da lui orchestrata. Ebbene si e’ sbagliato…”

    In Italia, intanto, e’ scattata la massima all’erta.
    Il presidente del Consiglio Bettino Craxi, ha parole di condanna per l’operato degli Stati Uniti. Nel frattempo a Tripoli viene arrestato il vescovo cattolico Giovanni Martinelli, insieme ad alcuni dirigenti dell’Impresit.

    Come ritorsione contro l’Italia, gli Stati Uniti bloccano la fornitura della FIAT per 178 trattori per il corpo dei marines. A questo punto i dirigenti FIAT ritengono che sia giunto il momento di ricomperare la quota azionaria detenuta dalla Libyan Arab Foreign Investment Company: e’ quello che accade il 23 settembre 1986.

    Ma e’ proprio vero che il Colonnello Gheddafi sia lo stratega occulto del terrorismo internazionale, come afferma Ronal Reagan?

    Gia’ Bob Wodward il famoso giornalista che fece esplodere il caso Watergate, che costrinse Nixon alle dimissioni, aveva sollevato dubbi sulla matrice libica di molti attentati che gli Stati uniti hanno accreditato a Gheddafi. Compreso quello della discoteca di Berlino che sembrerebbe avere responsabilita’ siriane.

    Ad un mese dal bombardamento di Tripoli nuove prove emergono sugli ultimi episodi di terrorismo nel mondo.
    L’unico terrorista sopravvissuto all’attentato di Fiumicino del 1985 dichiara agli inquirenti italiani che l’ideatore del piano e’ Abu Nidal e che i mandanti e finanziatori sono siriani.
    Damasco e non Tripoli sembra essere, quindi, l’epicentro del terrorismo internazionale, ma cio’ nonostante Reagan e gli Stati Uniti continuano ad alimentare una campagna diffamatoria nei confronti di Gheddafi, non abbandonando l’idea di una sua eliminazione fisica. Il Colonnello rafforzera’ ancora di piu’ le misure di sicurezza intorno alla sua persona.

    Non e’ casuale che, dopo i bombardamenti della sua abitazione di Tripoli Gheddafi scompare dalla scena per alcuni mesi.
    Come gli e’ sempre accaduto nei momenti piu’ difficili della sua vita, trova rifugio e occasione di riflessione nel deserto.

    Una cosa e’ certa: la Libia del dopo 1986 non sara’ piu’ quella di prima.
    E lo stesso si puo’ dire di Gheddafi.

    Se e’ vero che l’immagine pubblica e internazionale del leader libico, dopo questa azione terroristica degli Stati Uniti, e’ riabilitata, se e’ vero che riceve la solidarieta’ di tutto il mondo arabo, la Libia e Gheddafi scoprono di essere, in qualche modo isolati, nel contesto internazionale.
    Con i redditi del petrolio arrivati ai minimi storici ed un’eccessiva esuberanza di mano d’opera straniera, con una popolazione che non e’ sicuramente disposta rinunciare al benessere creato dal petrolio, la Libia di Gheddafi sta vivendo un passaggio difficile della sua giovane storia.

    Si impone una svolta. E la svolta non puo’  che essere la scelta di una politica piu’ moderata a livello internazionale e piu’ attenta ai bisogni veri della sua gente.

    Innanzitutto Abu Nidal che trovava rifugio e protezione in Libia viene invitato a lasciare il territorio.
    Viene ridotto drasticamente il sostegno ai movimenti rivoluzionari.
    Sono rimossi 500 dirigenti dei Comitati Popolari, accusati di lassismo e corruzione. E intanto il leader libico svolge un’opera di mediazione fra i vari movimenti di liberazione palestinese che riunisce per un accordo a Sabha, con esclusione di Abu Nidal.
    Pone, poi, le basi per l’Union du Maghreb Arabe (UMA), una specie di mercato comune maghrebino.
    Ripristina i rapporti con gli stati arabi confinanti: Tunisia, Egitto, Algeria.
    E mentre trasferisce momentaneamente la sua residenza nell’oasi di Al Giofra, in pieno deserto a 350 km dal mare, libera 400 detenuti politici dalle prigioni di Tripoli e Bengasi.
    E’ l’inizio di quella che da molti osservatori e’ stata definita la “Primavera di Tripoli” che culminera’ il 15 giugno 1988 con la Promulgazione della Carta Verde dei Diritti, che segna il passaggio della Libia da uno Stato di Regime ad uno Stato di Diritto.
    Fra i principi affermati dalla carta:

      -l’uguaglianza giuridica fra uomini e donne,
      -la possibilita’ per i libici di trasferirsi in ogni parte del mondo  senza bisogno di permessi,
      -la commutazione della pena di morte in ergastolo.

    Gheddafi liquida i Comitati Rivoluzionari, covi di assassini e inizia a concedere ai contadini il  permesso di vendere liberamente i propri prodotti.

    A livello internazionale, pur perdurando l’ostracismo nei suoi confronti da parte degli Stati Uniti, rilancia la sua immagine di legislatore illuminato e si rincilia con tutti gli Stati con cui era entrato in conflitto negli ultimi anni, primi fra tutti gli Stati africani, il Kenya, la Liberia, il Senegal, lo Zaire, il Gabon.

    Riavvia un dialogo costruttivo con l’Italia.
    Pur ritornando ogni anno, in ottobre, sul discorso delle rivendicazioni di risarcimento per i danni di guerra, sono ripristinati i rapporti commerciali, che, in verita’ non erano stati mai del tutto interrotti. Nel 1988 operano in Libia 57 ditte italiane, con 3000 addetti e un giro d’affari di 700 miliardi.

    In questo clima di ritrovata fiducia e collaborazione il presidente del Consiglio italiano, Bettino Craxi, nel 1988, seppure a titolo personale, esprime la condanna del colonialismo italiano, tanto attesa da Tripoli, nel corso di un incontro con il ministro degli esteri libico, maggiore Jallud:

     “Penso che bisogna proprio rivederlo il giudizio storico su questo signor Giovanni Giolitti…E’ inutile auspicare un miglioramento dei rapporti con
      la Libia, quando i libici sentono ancora forte un problema che gli italiani si ostinano ad ignorare…”

    Riconquista faticosamente la distensione, a livello internazionale,  il 21 dicembre 1988 nel cielo di Lockerbie in Scozia esplode, per un attentato, un Jumbo della Pan Am: le vittime sono 270.

    Ronald Reagan ancora una volta individua in Gheddafi il responsabile dell’accaduto.

    Qualche giorno dopo, il 4 gennaio 1989 a meta’ strada tra le coste libiche e l’isola di Creta due Mig libici sono abbattuti da due caccia americani.

    Immediata la risposta di Gheddafi che invoca l’intervento della flotta sovietica nel Mediterraneo e chiede la convocazione urgente del consiglio di sicurezza dell’ONU.

    In Italia il Consiglio dei Ministri convocati d’urgenza condanna l’operato del Presidente degli Stati Uniti Ronal Reagan.
    Andreotti e’ particolarmente severo con  Washington:

     “Gli Stati Uniti stanno scivolando verso un isolamento che mai avevano  conosciuto negli ultimi anni Bisogna convincerli che e’ un errore…”

    Neanche l’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio del 1989, George Bush, portera’ ad un mutamento dei rapporti fra i due paesi.
    Gia’ nel febbraio, il neo eletto presidente attraverso un documento del dipartimento di Stato da’ il segno che i rapporti tra Stati Uniti e Libia sono tutt’altro che mutati.
     
     “La Libia si serve del terrorismo come di uno strumento di politica estera e i bersagli di Abu Nidal coincidono spesso con gli obiettivi antioccidentali della Libia”

    Il 1989 e’ il ventennale della Rivoluzione.
    Quale occasione migliore per il colonnello Gheddafi per esaltare i successi del suo regime e la potenza del suo esercito?
    E’ anche un’occasione  per riscatenare l’offensiva delle rivendicazioni libiche sull’Italia. Pur avendo parole di elogio per il Presidente del Consiglio Andreotti che considera:
     “un amico della Libia e una delle poche persone immuni da spirito di crociata”

    Gheddafi chiede che sia concesso a 170 libici di visitare i luoghi dove sono le tombe di detenuti libici, morti in Italia durante la dominazione coloniale.
    Il 24 ottobre atterra a Fiumicino la delegazione libica munita di regolari visti a cui e’ stata concessa l’autorizzazione di visitare i cimiteri di Favignana, Ustica, Gaeta.  Ma, contemporaneamente, si apprende che una nave traghetto, la “Garnata”, salpata dalle coste libiche con 846 libici a bordo sta raggiungendo il porto di Napoli per inscenare una manifestazione di protesta e condanna del governo italiano che non ha ancora riconosciuto i danni di guerra rivendicati da anni. E mentre centinaia di persone assediano l’ambasciata italiana di Tripoli, i libici, a Napoli, inscenano una manifestazione contro il governo italiano.
    Ancora una volta tocchera’ al presidente del Consiglio Andreotti di stemperare le polemiche e invitare il governo libico alla moderazione:
     
     “La Libia sta facendo da tempo una politica estera saggia: la fine delle ostilita’  nel Ciad, la collaborazione con la Tunisia, il Marocco, l’incontro di Gheddafi  con Mubarak, il ritiro dei soldati inviati in Libano. Ma viceversa si accentuano i toni di propaganda contro l’Italia, eccitando vecchi risentimenti e confondendo problemi e tempi storici. L’Italia non ha mai raccolto provocazioni come si addice ad una democrazia seria e responsabile”

    Poche settimane prima, frattanto, il 29 settembre era esploso in volo un DC-10 dell’UTA in volo  da  Brazzaville a Parigi. I morti questa volta sono 170. Ancora una volta, alcune piste riconducono a Gheddafi.

    L’attenzione dello scenario internazionale sul leader libico, viene pero’ rubata da un evento imprevisto che esplode nell’agosto del 1990.

    Le truppe irakene di Saddam Hussein invadono il Kuwait, accusato di rubare petrolio e territorio irakeno. Saddam Hussein proclama l’annessione all’Irak del Kuwait. Immediata la risposta delle potenze occidentali. Mentre l’Iraq chiude le proprie frontiere impedendo agli stranieri di lasciare il paese, una risoluzione dell’ONU approva l’uso della forza se Saddam Hussein non ritirera’ immediatamente le sue truppe dal Kuwait.
    Tutto l’Occidente si coalizza contro l’Iraq di Saddam Hussein.
    Nel giro di pochi mesi una coalizione di 27 azioni guidata dagli Stati Uniti rovescia tutta la propria potenza militare contro l’Iraq. E’ l’operazione “Desert Storm”.
    In poche settimane l’Iraq viene reso inoffensivo con una spettacolare azione militare, di cui la vittima principale e’ il popolo irakeno.

    Allo scoppio della guerra, Gheddafi, sorprendendo tutti,  condanna l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein, ma non puo’ fare a meno di lanciare le sue critiche agli Stati Uniti:

    “Non c’e’ dubbio che Saddam Hussein ha commesso un atto illegale, ma anche  l’America e i suoi alleati commettono un’illegalita’ intervendo militarmente nel  nel Golfo Persico”

    E si appella alla risoluzione del consiglio di sicurezza dell’ONU che ha stabilito il boicottaggio economico e diplomatico nei confronti di Baghdad, ma non misure di tipo militare.

    Mentre continua la “politica del sorriso” del leader libico, il 20 settembre 1991, il giudice istruttore Jean Louis Bruguiere, in Francia, dichiara che i mandanti dell’attentato terroristico contro il DC-10 dell’UTA esploso in volo il 19 settembre 1989 nel cielo del deserto del Tenere’ sono funzionari dei servizi segreti libici.

    Un mese dopo, a fine ottobre, vengono spiccati quattro mandati di cattura internazionale contro altrettanti libici, uno dei quali e’ lo stesso cognato di Gheddafi, Abdullah Senussi.

    Passa un altro mese e, il 14 novembre 1991, Stati Uniti e Gran Bretagna annunciano che dopo lunghe indagini hanno accertato che i responsabili della strage del Jumbo della Pan Am esploso a Lockerbie il 21 dicembre 1988, sono degli agenti segreti libici.
    “Stiamo valutando le risposte adeguate da adottare contro il governo libico - dice a Washington il presidente degli Stati Uniti George Bush - Non escludiamo alcuna opzione”
    Dal canto suo il ministro degli esteri inglese Douglas Hurd dichiara:
    “Noi ci aspettiamo che la Libia risponda pienamente alla nostra richiesta di estradizione nell’interesse della giustizia, perche’ i due sono responsabili di un diabolico atto di crudelta’ che non puo’ essere dimenticato”

    Questa volta gli Stati Uniti non agiscono da soli contro la Libia, come nel 1986. Chiedono la collaborazione degli alleati.

    Le richieste delle sanzioni degli Stati Uniti contro Gheddafi sono precise e pesantissime:

        embargo petrolifero
        blocco aereo navale
        chiusura delle ambasciate libiche
        e, in ultima istanza, azione militare per catturare i due libici incriminati

    Rispetto agli altri paesi occidentali, la posizione dell’Italia, anche per merito di Giulio Andreotti,  tende a differenziarsi: in primo luogo, perche’ il nostro paese dipende per un terzo dalla Libia per il suo approvvigionamento energetico, in secondo luogo, perche’ l’Italia e’ contraria ad una risoluzione militare della questione. Su questa posizione il nostro paese si allinea con la Lega Araba e l’Egitto di Mubarak.

    Comparendo a Telemontecarlo il 28 novembre  Gheddafi dichiarera’:

    “Gli Stati uniti trattano il mio paese come se fosse una bottiglia di Pepsi Cola. L’agitano, l’agitano per farla scoppiare”
    Poi annuncia che non consegnerà’ mai ad una potenza straniera i due cittadini libici accusati di strage.

    George Bush ed il Primo Ministro inglese John Major non mutano atteggiamento nei confronti del leader libico, anche quando su segnalazione dei servizi segreti israeliani arrivano informazioni precise secondo cui la pista da seguire per l’attentato di Lockerbie sarebbe quella siriana.
     

    1992
    L’ONU IMPONE L’EMBARGO AEREO ALLA LIBIA COME CONSEGUENZA DEGLI ATTENTATI DI LOCKERBIE
     
    Il 21 gennaio 1992 con 15 voti a favore e nessuno contrario il Consiglio di Sicurezza dell’ONU approva la risoluzione 731 che ribadisce e approva le richieste avanzate contro la Libia, da Stati Uniti, Inghilterra e Francia.

    Mai la Libia era stata messa al bando in tal modo a livello internazionale.

    Gheddafi, dal canto suo respinge duramente le richieste di estradizione dei due libici e accusa l’ONU di essere succube e sottomessa agli Stati Uniti e all’Inghilterra.
    Il 3 marzo investe della controversia la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia.

    Mentre Stati Uniti, Francia e Inghilterra invitano i propri cittadini residenti in Libia ad abbondare il paese in previsione dell’imminente embargo, il fronte delle nazioni antilibiche, anche per effetto dell’attivita’ e delle rimostranze di Gheddafi, nel mese di marzo appare meno compatto.

    Nella seduta del 31 marzo del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la risoluzione 748 che e’ definitiva dal punto di vista delle sanzioni, passa di stretta misura con l’astensione di Cina, India, Marocco, Zimbawe, Capo Verde.
    Il Consiglio di Sicurezza risulta spaccato in due: da una parte i paesi piu’ ricchi del mondo, dall’altra i rappresentanti di quelli poveri.

    Alle ore 6,01 del 15 aprile 1992, scattano le sanzioni: da questo momento, la Libia, e’ isolata dal resto del mondo.
    E’ un duro colpo per Gheddafi, che proprio negli ultimi anni aveva fatto di tutto per migliorare la sua immagine in Occidente.

    Per la Libia inizia, da questo momento, un periodo molto difficile.

    Celebrando nella Piazza Verde la fine del ramadan Gheddafi si appella alla solidarieta’ del mondo islamico:

    “Mussulmani di tutto il mondo, i crociati dell’Occidente cristiano, finita la battaglia contro il comunismo, combattono ora quella contro l’Islam. Facciamo rullare i nostri tamburi, serriamo i ranghi e affiliamo le spade, pronti allo scontro”

    Intanto nel paese sono diminuite drasticamente le importazioni e si e’ riattivato il mercato nero, mentre i salari sono fermi da cinque anni.
    Sul giornale “Al Jamahiriya”, l’organo dei Comitati Rivoluzionari iniziano dei violentissimi attacchi contro il Leader della Rivoluzione:

    “Tu ci hai fatto un grave torto - si legge in un editoriale del 9 giugno 1992 -  e noi ogni volta ti abbiamo creduto…devi leggere correttamente la realta’ e comprendere che gli arabi non esistono…il nostro interesse, anche a costo di allearci con gli ebrei e’ prioritario. Vai dove vuoi, noi non ti seguiremo…”

    Vera, o sapientemente orchestrata da Gheddafi stesso, questa campagna di stampa a suo sfavore e’ sicuramente la piu’ violenta da quando e’ salito al potere.
    Un dato e’ sicuro: le sanzioni dell’ONU hanno scatenato all’interno del regime libico un’aspra lotta di potere fra diverse fazioni, che fino a questo momento Gheddafi era riuscito a controllare.
    Da una parte i “puri e duri” della rivoluzione capeggiati da Jallud, dall’altra i filo occidentali e i filo egiziani capitanati da due cugini di Gheddafi i fratelli Ahmed e Sayed Kaddhafedem.

    Il leader libico nel tentativo di ammorbidire il conflitto con gli Stati Uniti, sollecita il suo ministro degli esteri in un incontro con il Segretario generale dell’ONU Boutros Ghali, a dare la sua disponibilita’ a discutere il luogo del processo ai due attentatori libici senza alcuna pregiudiziale.

    La sua disponibilita’ al dialogo lo fa entrare in aperto conflitto con il numero due del regime, il fedele Abessalam Jallud.

    L’elezione del democratico Bill Clinton a presidente degli Stati Uniti non modifica l’atteggiamento degli americani contro il Colonnello Gheddafi. Su loro sollecitazione il Consiglio di Sicurezza dell’ONU inasprisce ulteriormente le misure contro la Libia: viene ordinato il congelamento dei beni libici all’estero ed e’ proibita la vendita a Tripoli di apparecchiature per la raffinazione ed il trasporto del petrolio. L’intento piu’ o meno dichiarato degli Stati Uniti e’ quello di bloccare la capacita’ libica di produrre e trasportare petrolio.

    Questa volta Gheddafi non usa toni aggressivi contro gli Stati Uniti ed in un incontro privato con Giulio Andreotti, il 4 dicembre 1993, non piu’ Presidente del Consiglio, ma semplice direttore della rivista cattolica “30 GIORNI” dichiara:

    “Temo che avvenga una guerra religiosa a livello mondiale, alla quale non potremo opporci…E con rammarico devo dire che in occidente c’e’ chi sta battendo i tamburi di questa guerra… Non e’ solo la questione di Lockerbie…Il massacro dell’86 non ha forse lasciato vittime e cittadini colpiti? E’ questo che crea odio. Sembra che le loro vittime siano umane, mentre le nostre sono delle bestie…”

    Le sanzioni e i danni causati dall’isolamento internazionale, se rafforzano presso il mondo arabo l’immagine di Gheddafi come emblema del mondo islamico vittima della violenza dell’Occidente, all’interno del paese provocano disagi e malumori sempre piu’ diffusi.
    In Libia non si muore di fame anche perche’ sono aperte le frontiere terrestri e marittime, ma lo Stato deve costantemente intervenire per sovvenzionare le famiglie libiche nell’acquisto di beni di prima mecessita’, pane, zucchero, vino, olio. Auto e vestiari raggiungono prezzi proibitivi.

    Nell’ottobre 1993 il malcontento si manifesta in un ennesimo complotto contro il regime di Gheddafi. L’insurrezione militare coinvolge diverse guarnigioni militari a Misurata, Garian, Zuara. A difendere il regime devono intervenire l’aviazione e la Guardia Rivoluzionaria. Il bilancio dopo 4 giorni di aspri combattimenti e’ di 200 morti. Qualche osservatore, anche in questo caso, parla di legami e finanziamenti della CIA a favore degli insorti.

    Ma c’e’ un altro nemico piu’ subdolo e temibile che nel frattempo si sta insinuando in Libia. Sono i fondamentalisti islamici, che hanno messo salde radici nel paese e riescono a coagulare il malcontento popolare.
    All’inizio i rapporti del leader libico con i rappresentanti del fondamentalismo islamico sono alquanto contraddittori. Non va dimenticato che ha offerto asilo a Benazzouz Zebda, uno dei fondatori del Front Islamique du Salut e che considera suoi amici personali alcuni importanti esponenti del FIS, che insanguina l’Algeria. Ne’ vanno trascurati le simpatie di Gheddafi per tutti quei movimenti integralisti islamici che dagli anni 70 in poi hanno agito nel Medio Oriente. Non e’ un caso che da alcuni di questi gruppi, all’inizio degli anni 90, gli venga proposta la carica di califfo, con la possibilità’ di riunire sotto la sua guida tutti gli integralisti del mondo islamico.

    Dopo un’attenta riflessione, consapevole del pericolo che puo’ rappresentare anche per il suo regime il fondamentalismo islamico, Gheddafi giunge ad una chiara e definitiva condanna :

    “Sono decisamente contrario ad ogni forma di califfato. Non si possono unire nazioni con storia e cultura tanto diverse, in nome del califfato…Gli episodi di estremismo ai quali assistiamo oggi sono atti di pura follia. Ci sono gruppi terroristici che dovrebbero essere rinchiusi in manicomio anziche’ in galera…”

    In un discorso pronunciato all’Universita’ di Tripoli nel 1993 arriva a definire tutti i fondamentalisti nemici del regime, ponendo in evidenza le divergenze ideologiche nel campo economico e sociale tra i principi applicati in Libia dal 1969 e quelli invocati dai fondamentalisti. Nei mesi successivi promuove un’aspra campagna di stampa contro gli “eretici” “sostenuti finanziariamente e moralmente dall’Occidente e, in particolare, dai servizi segreti sionisti e americani“ Numerosi seguaci del fondamentalismo sono arrestati.
    Nel 1995 i fondamentalisti libici creano un’ala militare, l’Associazione Islamica Combattente in Libia , che si impegna a condurre una guerra santa  per abbattere il potere pervertito di Gheddafi e ristabilire la Sunna del Profeta.
    Scontri avvengono a Derna nel giugno del 1995. Altri nella regione di Bengasi con una trentina di morti. A luglio l’escalation fondamentalista provoca 350 morti tra gli integralisti e 250 tra soldati e poliziotti.
    Nel febbraio 1996 Gheddafi sfugge ad un attentato mentre e’ in visita a Sirte.

    Nonostante il clima sempre piu’ pesante che si respira in Libia e nonostante l’isolamento internazionale in cui e’ costretta a vivere, la fantasia e l’attivismo di Gheddafi escogita un altro evento di grande risonanza e prestigio per il suo paese.

    Il primo settembre 1996, nel festeggiare il 27esimo anniversario della presa del potere, vengono aperte le paratie del secondo tratto del “Grande fiume artificiale”, un grandioso acquedotto che pompando acqua sotto la sabbia del Sahara libico, in falde immense che si sono formate in migliaia di anni, portera’ ettolitri di acqua purissima, non piu’ salmastra, in ogni angolo remoto della Libia.

    E’ l’ottava meraviglia del mondo”  proclamera’ Gheddafi.

    In effetti al di la’ dai toni enfatici, il progetto che costera’ all’erario oltre 30 miliardi di dollari fino alla sua completa attuazione, che dovrebbe avvenire nel 2007, il “Grande Fiume Artificiale” e un’opera faraonica che risolvera’ per i prossimi 40-50 anni l’endemico bisogno di acqua della Libia.

    Ma il leader libico non finisce di sorprendere. Nel novembre di quello stesso anno l’editore Favre di Losanna pubblica un libro di racconti e quattro saggi dal titolo “Escapade en enfer et autres nouvelles” mentre al Cairo compare un libro di favole intitolato “Il villaggio, la terra e il suicidio di un’astronauta”. L’autore dei racconti e’ Muammar Gheddafi.
    Le copie del libro vanno a ruba. Le critiche specialistiche anche in Italia sono favorevoli: la sua prosa e’ visionaria, poetica, moraleggiante eppur ribelle.

    All’inizio del 1997 il fronte antilibico dell’Occidente appare sicuramente meno compatto.
    Da anni, ormai, la Libia e’ in pace con tutti i suoi vicini, ha definitivamente risolto il conflitto ventennale contro il Ciad, e Gheddafi si mostra piu’ conciliante rispetto ad un eventuale processo contro i dirottatori libici, a patto che avvenga dinanzi alla Corte dell’Aia.
    Anche  gli investimenti italiani in Libia hanno un ulteriore incremento. I rapporti con il governo Prodi e il ministro degli Esteri Dini sono cordiali e viene riavviata dal nostro paese una politica di cooperazione euro-mediterranea con la partecipazione della Libia. Rimane ancora in sospeso, per Gheddafi, la condanna netta e precisa da parte dell’Italia del colonialismo giolittiano e fascista.
    Oltre all’Italia ed alla Francia che si dimostrano sempre piu’ riluttanti ad un’applicazione rigida delle sanzioni contro la Libia anche il Vaticano le considera inique.
    Il 10 marzo 1997 il portavoce del Papa Joaquin Navarro da’ lo storico annuncio dell’apertura delle relazioni diplomatiche fra Libia e Vaticano.
    La conferma che la Libia e’ diventata il 165esimo Stato riconosciuto dalla Santa Sede e’ data da Gheddafi nel corso di un’intervista concessa al TG3.

    Nonostante cio’ l’11 luglio 1997 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite decide di prolungare l’embargo aereo contro la Libia.

    Bollato come un criminale dagli Stati Uniti, Gheddafi comincia ad essere corteggiato in Africa, Medio Oriente, Europa.
    Il 22 ottobre 1997 la visita ufficiale in Libia di un leader carismatico come Nelson Mandela da’ ulteriore prestigio a Gheddafi.

    Gheddafi e’ mio amico - dichiara Mandela appena sbarcato a Tripoli - Egli ci ha aiutati quando eravamo soli e quando quelli che avrebbero voluto impedirci di essere oggi qui, aiutavano i nostri nemici…“  E a proposito delle sanzioni contro la Libia, aggiunge: “Non puo’ esserci uno Stato che si arroga il ruolo di gendarme del mondo. Se altri paesi permettono a questo Stato di dettare loro un comportamento, il Sud Africa non lo accettera’ mai!”
     

    2000
    GHEDDAFI ATTUA LA SVOLTA AFRICANA: DAL PANARABISMO A LEADER DELL’ UNIONE  AFRICANA.

    Il 5 aprile 1999 con la mediazione di Nelson Mandela, Gheddafi  consegna alla giustizia scozzese i due libici accusati della strage di Lockerbie.
    E’ una decisione sofferta ma  sicuramente garantisce un definitivo sdoganamento internazionale della Libia e soprattutto la fine delle sanzioni.

    Il 2 dicembre dello stesso anno segna una svolta nei rapporti fra la Libia e il nostro paese.
    Per la prima volta dal 1992, un capo occidentale visita la Libia. A Tripoli arriva in visita ufficiale il nostro presidente del Consiglio D’Alema. E’ un modo per dare un segnale alla comunita’ internazionale che e’ ora di far uscire la Libia dall’isolamento a cui gli Stati Uniti l’hanno condannata. E’ un viaggio che ha un’importanza decisiva.

    D’Alema, inoltre, si impegna a contribuire alla bonifica dei campi minati che ancora oggi provocano vittime in alcune zone della Libia e assicura il governo libico che verra’ fatto ogni sforzo  per far luce sul destino di migliaia di deportati libici in Italia nel periodo compreso fra il 1911 e il 1930.

    E’ l’inizio di una nuova fase dei rapporti economico-commerciale fra l’Italia e la Libia.

    Alla fine degli anni 90 in un mondo arabo sempre piu’ corroso dalla presenza del fondamentalismo islamico, Gheddafi si e’ reso definitivamente conto che l’unita’ araba, come la intende lui, e’ impraticabile. Abolire le frontiere dell’Africa e fare del continente un unico blocco politico ed economico in grado di competere con Stati Uniti ed Europa questo e’ il nuovo ambizioso sogno del leader libico.

    Il 12 luglio del 2000 a Lome’, capitale del Togo,  di fronte a 44 capi di stato, l’Unione Africana diventa una realta’. E’ il trionfo di Gheddafi sul piano internazionale. La realizzazione di uno dei suoi sogni piu’ ambiti. Forse l’unico che e’ riuscito a realizzare pienamente nella sua piu’ che trentennale carriera politica.
    Non solo.
    Dopo dieci anni di isolamento internazionale e di stagnazione, oggi la Libia e’ un grande cantiere di opere pubbliche verso cui corrono tutti gli stati occidentali, soprattutto quelli europei. Non e’ soltanto il petrolio ad attirarli, sono i 3000 km di ferrovie da realizzare, e’ la transahariana che deve collegare la Libia al Ciad, sono gli aeroporti e gli impianti di telecomunicazioni da rimodernare. Il prodotto nazionale lordo, uno dei piu’ alti d’Africa e’ passato dai 6500 dollari pro capite del 1994 ai 7900 del 1999.

    E poi soprattutto c’e’ da far crescere, alimentare, progredire, anche fra mille divergenze e difficolta’, il grande progetto dell’Unione Africana.

    “Mi sono addormentato accanto a quattro milioni di libici e mi sono svegliato accanto a quattrocento milioni di africani”

    Ancora una volta la fantasia di Moammar Gheddafi, la sua ambizione di leader e di navigato attore della politica internazionale, s’e’ rimessa in navigazione.
     
    Quali saranno le sue prossime mete? Le sue mosse imprevedibili? Quale ruolo giocherà la Libia nel futuro dei sempre più difficili rapporti fra Occidente e Islam?

    Intanto, fra lo stupore di molti osservatori, subito dopo l’11 settembre 2001, si e’ schierato senza alcuna incertezza a fianco degli Stati Uniti definendo i talebani un “movimento di ipocriti atei e depravati che seminano morte, con il folle disegno di distruggere l’islam…Siamo contro questa gente e li combattiamo, come ci combattano…”.

    E rispetto ai dirigenti iraniani e ad politici dei paesi arabi che hanno condannato l’intervento americano in Afghanistan, Moammar Gheddafi ha riconosciuto agli Stati Uniti “il legittimo diritto all’autodifesa in seguito all’orribile attacco dell’11 settembre”.
    Da nemico dichiarato dell’Occidente, Gheddafi si sta trasformando in baluardo della nostra civilta’ contro le minacce del fondamentalismo islamico?

    Sara’ questa la sua ultima camaleontica rappresentazione  nel grande scenario della politica internazionale?

    Dopo trentatre anni ininterrotti di potere la domanda che ci poniamo e’ quella che ci siamo posti all’inizio:  chi e’ veramente Moammar Gheddafi?

    “Gheddafi e’ un beduino, un beduino dalle sette vite, di cui conosciamo apparentemente  tutto, ma di cui non sappiamo praticamente nulla, perche’ nel cuore dell’uomo e nel cuore di un beduino leggere e’ praticamente impossibile”
     (Igor Man)

     

    BIBLIOGRAFIA CONSULTATA

    Mino Vignolo: GHEDDAFI, islam, petrolio, utopia   - Rizzoli, 1982
    John K. Cooley: MUAMMAR GHEDDAFI E LA RIVOLUZIONE LIBICA -  Edit. Corno, 1983
    Angelo Del Boca : GLI ITALIANI IN LIBIA - Laterza, 1991
    Angelo Del Boca : GHEDDAFI, UNA SFIDA DAL DESERTO- Editori Laterza, 2001
    Alessandro Baruffo : MUAMMAR GHEDDAFI e la nuova Libia - Datanews, 2001
    Moammar el Gheddafi : IL LIBRO VERDE
    Carlo Palermo: IL QUARTO LIVELLO - Editori Riuniti, 2001
    Luigi Bonanate: TERRORISMO INTERNAZIONALE - Giunti, 2001

Mappe e foto del Wheelus