LA LETTERA DI FORTUNATO

 

Rossosch, 15 gennaio 1943

Cari Peppino e Francesca,

                    mi sono fatto aiutare a scrivere questa lettera da un mio compagno di branda, un bravo picciotto palermitano, un certo Nicola Abbruscato, che ha studiato e che, al contrario di me,  non ha difficoltà a scrivere. Qui in Russia c’è un gran freddo, dicono che la temperatura è   attorno a  30 gradi sotto zero. Di notte andiamo a dormire vestiti nelle nostre brande e  e anche se siamo coperti di tutto punto, con coperte di lana  il freddo, si fa sentire  sempre di più. Ci troviamo a Rossosch,  vicino al fiume Don, ma da venti giorni non vediamo che neve e ghiaccio. Qui si cammina sempre sulla neve, per chilometri e chilometri e sembra che non si finisce mai di camminare. Ogni giorno diventa  sempre più duro e noi siamo tutti stanchi e con il morale sotto i tacchi. Domani è prevista una tappa di spostamento di 35 chilometri verso est. Le nostre scarpe si stanno rovinando. Speriamo che durino un altro po’ perché quelle di riserva devono ancora arrivare. La razioni del nostro rancio sono scarse. Durante le nostre marce di spostamento, quando passiamo per i campi coltivati, ci arrangiamo a raccogliere qualche carota, qualche patata o anche qualche rapa.  Chi rimane ferito è fortunato perché se ne può tornare in Italia. Conosciamo uno di Avellino, un certo Gennaro Capone, è sposato con Sofia  e tiene due figli, Filomena, la più grande di due anni appena compiuti e Gaetano di pochi mesi, che Gennaro non ha mai visto perchè è dovuto partire per la guerra due giorni prima della sua nascita. Gennaro è un bravo "guaglione" e vole bene alla sua famiglia. L'altro giorno, di nascosto e tutto da solo, col suo coltello si è tagliato di netto il dito mignolo della sua mano sinistra. E' andato in infermeria e con questo fatto si è fatto congedare. Sono contento per lui perchè finalmente potrà vedere il piccolo Tano.  Io sono ancora soldato semplice, ma il mio ufficiale superiore, un simpatico fiorentino dai capelli biondi e gli occhi azzurri, un certo Niccolò Nuti,  mi ha detto di tenere duro e mi ha fatto capire che presto  mi promuoverà a soldato scelto. Anche lui è un bravo ragazzo e conosce a memoria molti versi della Divina Commedia di Dante Alighieri. La sera, prima di addormentarci, per tenerci su di morale, ci racconta  alcune storie scritte da un altro scrittore toscano un certo Boccaccio.  Anche a me piacerebbe scrivere ma tu lo sai che a scuola ci sono stato poco  ed ho fatto fino alla seconda elementare.  Poi mi hanno mandato a lavorare ed ho imparato a fare il muratore. Tu sai che ho simpatia per tua sorella Grazzina. Du mesi fà mi sono fatto aiutare da Nicola a scrivere una lettera  a tua sorella Grazzina, ma finora non ho ricevuto nessuna risposta.  Spero che sta bene e che non gli è successo niente. So che si trova a Zuara a casa di zia Ninetta. Quando ritorno, sempre se  lei è d’accordo, vorrei sposarla.

Caro Peppino,  mi scuso con te per la fesseria che ho fatto prima di partire per questa disgraziata guerra, che purtroppo non finisce mai.  Il nostro generale di brigata si chiama Gariboldi, come Garibaldi ma con la o.  Lui dice che è questione di poco tempo e poi la Russia sarà nostra. Sarà, ma da come si stanno mettendo le cose  io ci credo poco. Se anch'io come Gennaro  avessi avuto un figlio come Gaetano farei di tutto per tornarmene a casa.  Mi taglierei non solo un dito ma anche la mano.

Un caro abbraccio

Fortunato

P.S. Spero che Iddio ci aiuti!