Alchimia nel mondo islamico

Con il KOHL (solfuro di antimonio) di colore nero si delineavano gli occhi e le sopracciglia, queste rasate, per allungarli sino alle tempie. Per colorare la palpebra veniva applica la malachite verde, polvere miscelata a grassi o saliva. Le tavolozze delle donne Egizie erano ricche di colori, dal rosso del cinabro alle ocre nei vari toni del giallo e dell'arancio, al viola derivato dal manganese o gli azzurri dei sali di rame ed altri ancora. L'attitudine al trucco, nei vari utilizzi, continua a svilupparsi, assumendo talvolta, nell'uso eccessivo, anche significato identificativo per prostitute come nel periodo romano imperiale. 

La distruzione del Serapeo e della Biblioteca di Alessandria segnò la fine del centro culturale greco, spostando il processo dello sviluppo alchemico verso il Vicino Oriente. L'alchimia islamica è molto meglio conosciuta perché meglio documentata e molti dei testi antichi giunti sino a noi si sono preservati come traduzioni islamiche.

Alchimisti islamici come al-Razī (in latino Rasis o Rhazes) diedero un contributo fondamentale alle scoperte chimiche, come la tecnica della distillazione, e ai loro esperimenti si devono l'acido muriatico (l'antico nome dell'acido cloridrico), l'acido solforico e l'acido nitrico, oltre alla soda (al-natrun) e potassio (al-qali), da cui derivano i nomi internazionali di sodio e potassio, Natrium e Kalium. L'apporto di nomenclatura alchimistica a tutta la posteriore cultura occidentale è di origine araba: termini arabi sono infatti alchimia, atanor (fornace), azoth (forma corrotta da al-zawq, 'mercurio'), alcool (da al-kohl, 'antimonio'), elisir (da al-iksīr, "pietra" filosofale) e alambicco. La scoperta che l'acqua regia, un composto di acido nitrico e muriatico, potesse dissolvere il metallo nobile - l'oro - accese l'immaginazione degli alchimisti per il millennio a venire.

I filosofi islamici diedero anche grandi contributi all'ermetismo alchemico. Al riguardo la più grande e influente figura è probabilmente Jabir ibn Hayyan (in arabo جابر إبن حيان, il Geber o Geberus dei Latini). Questo importante alchimista, nato agli inizi dell'VIII secolo, fu il primo, a quanto sembra, ad aver analizzato gli elementi secondo le quattro qualità base di caldo, freddo, secco e umido. Jābir ipotizzò che, siccome in ogni metallo due di queste qualità erano interne e due esterne, mescolando le qualità di un metallo, si sarebbe ottenuto un altro metallo. La grande serie di scritti che gli vengono attribuiti esercitò una enorme influenza sulle correnti alchimistiche europee.