LA STANZA  di  VITTORIO SCIUTO
  


Vittorio Sciuto
   


Vittorio Sciuto: omaggio alla mia città natale.



Piantina della Libia e degli Stati limitrofi

All'inizio è stata Oea per i Fenici, Cartaginesi e Romani, poi gli Europei per distinguerla dall’altra nel Libano, sulle mappe l’hanno chiamata Tripoli di Barberia, e gli Arabi “Tarabulus Al-Gharb” (Tripoli d’occidente). Gli Ottomani e i Pascià della dinastia dei Karamanli, ottomani essi stessi, ci sono rimasti  dal 1552 al 1911, quindi è stata la volta degli Italiani (1911-1943), infine nel 1951 è  divenuta  la   capitale  della   Libia  indipendente sotto il Regno di Idris Al-Awal (1951-69). Sono questi ultimi 20 anni circa quelli di riferimento di questa “dedica” alla  mia città  natale,  quando la  fase coloniale era passata ed una nuova era si apriva alla Libia:  in quegli anni ero là e posso testimoniare. Quello che è successo dopo è un’altra storia, lasciamo che a raccontarla siano i testimoni con le loro emozioni, o gli storiografi con le loro ideologie. 


 Città di Tripoli, da “Possedimenti e Colonie”- guida d’Italia del T C di L. V. Bertarelli,  Milano 1929

Tripoli sorge su un promontorio adagiato nel Mediterraneo, sufficientemente proteso nel mare, per prendere i primi raggi del sole all’alba e gli ultimi al tramonto. La città vista da lontano, è dominata dal bianco dei suoi edifici che l’hanno resa bella ed affascinante fino alla definizione in altri tempi di “bianca sposa del Mediterraneo”.
In quegli anni, arrivando dal mare come accadeva agli emigranti, da lontano svettavano i campanili e i minareti, e davanti al porto si innalzava maestoso, stagliato sulla città vecchia, il castello rosso di As-Saraya Al-Hamra, iniziato nel VII sec. d. C. dagli Arabi su una fortezza romana, poi in epoche successive completato dagli Spagnoli, Maltesi (Cavalieri di Malta), Ottomani, Italiani. Imponente ed austero, si ergeva e si erge a testimone di secoli di storia, affacciato da un lato sull’omonima piazza, da un’altro si specchia nel mare, gli altri due lati danno sulla Città Vecchia.  Allora ospitava un museo ricco di statue e reperti provenienti da Leptis Magna, Sabratha, Cirene, Apollonia, dove le civiltà trascorse hanno lasciato imponenti vestigia estese su vaste aree archeologiche.


Lungomare Giuseppe Volpi (Governatore della Tripolitania 1921-25) con la Fontana della Gazzella

La città si distingueva in città vecchia, Medina Al-Qadima, e in città nuova Medina Al-Gedida. Della sua origine di oasi, restavano i palmeti della periferica Mellaha, mentre nei dintorni a est si collocava l’oasi di Tagiura e a ovest quella di Zanzur, a sud si estendevano le fertili campagne di Sidi El-Masri, Ain Zara, Collina Verde, Gurgi, a nord si protendeva lo specchio d’acqua del porto circoscritto dai moli, ed oltre, il mare fino all’orizzonte.
Il clima era mite, e quando capitava che piovesse molto, nella città scendeva un uadi (fiume asciutto percorso da acque piovane stagionali) dal Gebel Nefusa che ne allagava la periferia ovest: il Megenin.
Se caratteristiche della Città Vecchia erano le viuzze strette tra le vecchie case abitate ed i reperti storici di civiltà trascorse, tra cui quelli d’epoca romana testimoniati dall’arco di Marco Aurelio (163 d. C.), la Città Nuova godeva di strade larghe, edifici pubblici e privati di pregevole architettura, piazze spaziose. Ai lati delle arterie principali, Giaddat Omar Muktar (ex Corso Sicilia) e Giaddat Istiklal (ex Corso Vittorio Emanuele III), sorgevano magnifici edifici dotati di porticati utili quando pioveva e quando batteva il solleone.
Lungo il mare della parte nuova, si estendeva la città-giardino, ricca di sontuose ville, hotel, ambasciate, edifici pubblici e privati, adorna di aiuole fiorite e palme proiettate al cielo. La città aveva ereditato dal periodo coloniale (1911-43) splendidi edifici come il Palazzo del Governo, il Teatro Miramare, il Grand Hotel, la Banca d’Italia, la Cassa di Risparmio, la Cattedrale, l’Albergo Casinò Uaddan, il Palazzo del Governatore in stile moresco che vide Italo Balbo primo inquilino e più tardi fu il Palazzo Reale di Idris Al-Awal. Altri edifici ed opere importanti erano l’Ospedale Maggiore, i Palazzi dell’INPS e delle Poste, l’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane intitolato al Principe Umberto di Savoia, edifici scolastici in genere, e per lo sport lo Stadio Comunale.



Tra questi edifici spiccava sontuoso, il Palazzo del Governatore completato nel 1933, in tempo per ospitare Italo Balbo che volle essere governatore unico della Libia (Tripolitania e Cirenaica unite). L’edificio realizzava una pregevole combinazione architettonica di stili orientale e occidentale, espressa dal’accostamento armonioso di cupole ed archi. Nel 1951 divenne il Palazzo degno del Re Idris.
Tra le piazze più belle, Maidan Ashiuhada (ex Piazza Italia) con la fontana dei cavalli alati, Piazza Castello con le colonne dei simboli della città, la caravella e il cavaliere della Gefara (sostituto della lupa), Maidan Al-Jazira (ex Piazza della Cattedrale) collegata alla Piazza della Fontana della Gazzella ed alla suggestiva passeggiata sul lungomare, estesa come un interrotto balcone affacciato sullo specchio d’acqua bluastra del porto, approdo di mercantili e barche da pesca che qui avevano la loro banchina di scarico del pesce. Il porto mostrava un grande fermento: c’erano navi ormeggiate in banchina che scaricavano le loro merci, altre in uscita trainate da rimorchiatori incrociavano quelle nuove in arrivo. 
Tra le chiese, oltre alla solenne Cattedrale (1928), c’erano Santa Maria degli Angeli  (sec. XVIII), il Santuario della Madonna della Guardia (1926), la Chiesa di S. Francesco alla Dahra (1936) e di S. Antonio nel quartiere popolare delle Case Operaie. Di questi luoghi santi, dopo il 1970 rimase aperta al culto cattolico la chiesa di S. Francesco, la Cattedrale è divenuta moschea, le altre sono state diversamente destinate.
Dopo l’indipendenza della Libia (1951), la città ha continuato a crescere, e nelle periferie sono stati realizzati interi quartieri abitativi come Giorgimpopoli verso Gargaresc, opere pubbliche tra cui nuove moschee come quella di Sidi Belimam, edifici privati come l’Hotel Mediterraneo, i palazzi delle Compagnie Petrolifere e commerciali come la Mitchell Cotts. Negli anni 1951-69 la città era cresciuta in bellezza!




La città vecchia conservava tratti consistenti delle mura originali che contenevano le porte di accesso/uscita. Nel lungomare dal Castello all’entrata del porto sorgevano le magnifiche Moschee di Sidi Dragut, Ahmed Karamanli, Mustafà Gurgi, la Torre dell’Orologio, risalenti agli Ottomani (sec. XVI-XIX). Particolarmente folcloristici, i Suk Al- Muscir e Suk Al-Turk, costituivano un’attrazione per i turisti con i loro variopinti bazar, i negozi degli orafi e degli artigiani del rame e dell’argento. Qui si potevano acquistare anche i pregiati tappeti di Misurata, e nelle adiacenze bere lo “sciai” schiumato (tè) e gustare i “baklawa” (dolci). Conseguentemente alle vicende storiche, negli anni di riferimento la città aveva visto crescere una popolazione cosmopolita costituita in maggioranza da Libici, poi Italiani, Ebrei, Maltesi, Ottomani, Greci, ed altre minoranze africane, asiatiche ed europee che convivevano in armonia nel rispetto delle comuni leggi dello Stato, mantenendo i propri usi, costumi, cultura e religione, e contribuendo al suo splendore sotto la gestione di valenti sindaci, a partire da Taher Karamanli (discendente della citata dinastia ottomana), primo sindaco di Tripoli capitale della Libia indipendente nel 1951.
Tripoli vantava tra le sue attrazioni, anche una Fiera Internazionale inaugurata nel 1927, la più antica in Africa. Negli anni ’60, l’avvento del petrolio aveva portato benessere, e diverse erano le imprese sorte nell’industria, nel commercio e nell’edilizia, fiorente la pesca e crescente il turismo attratto da una città segnata da 2000 anni di storia, e porta della sognata Africa delle oasi e delle carovane di cammelli dei Tuareg.




In quegli anni, la città  godeva degli approvvigionamenti agricoli del vasto territorio della provincia, comprese le verdi oasi da cui provenivano gli ortaggi e i gustosi datteri. In partcolare, si distiguevano le coltivazioni degli agrumi tra i migliori del Mediterraneo, e gli ulivi da cui si ricavava un pregiato olio. Relativamente alla cucina, gli Europei avevano imparato a preparare il cous-cous, il tajin, la rishta, i dolci al miele. Un buon tè alla fine dei pasti costituiva un ottimo digestivo. Una “sfinz” (frittella) calda croccante al mattino metteva di buon umore, e se eri in viaggio, a  mezzogiorno  un  panino
farcito con tonno e arissa (salsa piccante), consumato all’ombra di un eucalipto risolveva il bisogno del pasto. Non mancavano i sani divertimenti, dalla caccia negli alvei asciutti degli uidian ricchi di selvaggina come lepri e pernici, alla pesca subacquea e in barca nei mari pescosi, paradiso delle cernie da farsi “all’haraimi” (pesce in salsa piccante).
Il clima mite consentiva nel corso dell’anno di organizzare gite alle antiche città romane di Leptis Magna e Sabratha, veri musei a cielo aperto di inestimabile valore archeologico. D’estate si frequentavano le belle spiagge cittadine del Lido, Beach Club, Underwater e quelle libere esterne, e d’inverno si facevano picnic nelle campagne circostanti. Al ghibli, per quanto fastidioso ci eravamo abituati, ora quando arriva qui da noi ci ricorda quei tempi e quei luoghi dove abbiamo trascoso l’infanzia e la gioventù.
In città c’erano l’elegante cineteatro Uaddan ed i cinema Alhambra, ABC, Arena Giardino, Corso, Odeon, Rex, il Circolo Italia, la passeggiata domenicale dopo la messa sul corso Vittorio Emanuele, conclusa in uno dei ritrovi preferiti: Aurora, Akropol, Gambrinus, Girus, Triestina. I Circoli Sportivi delle parrocchie e dei Fratelli delle Scuole Cristiane, associati al C.S.T. (Centro Sportivo Tripolitania), organizzavano tornei di calcio, basket ed altri sport.


Il Castello con le colonne sormontate dai simboli della città: la caravella e il cavaliere della Gefara


Il cuore pulsante della città, punto d’incontro di quella vecchia con la nuova, crocevia delle arterie principali, era Maidan Ashiuhada (Piazza dei Martiri/ Piazza Italia). Da qui come “fosse il km zero”, partivano le strade per le principali direzioni: Homs-Misurata, Ben Gashir-Tarhuna-Beni Walid, Suani Ben Adem-Azizia-Garian, Gargaresc-Zawia-Zuara.
I taxi più usati in città erano le decorate carrozze trainate da un cavallo. Sostavano in fila come taxi nei punti strategici della città consentendo di spostarsi nel traffico cittadino, ed offrivano ai turisti l’occasione di godersi il percorso del lungomare tra mare, cielo e profumate aiuole largamente anteposte agli edifici a formare una gradevole passeggiata


Maidan Ashiuhada (Piazza dei Martiri, ex Piazza Italia) con la fontana dei cavallie e la carrozza-taxi


Le feste religiose musulmane principali dei Libici erano e sono: l’Aid Al-Fitr (alla fine del mese di Ramadan), e l’Aid Al-Adha (festa del sacrificio dell’agnello). I Cristiani celebravano le loro feste religiose diffuse dal suono delle campane.
L’atmosfera armoniosa e proficua di quegli anni (1951-1969), è stata storicamente particolare per una serie di condizioni positive occorse in Libia, di cui la capitale Tripoli era il simbolo: la volontà di ricostruire un Paese nuovo dopo la guerra conclusa nel Nordafrica nel 1943, la crescita economica innescata dalla scoperta del petrolio nel 1958 nella Sirtica (Zeltan), la collaborazione sinergica tra le varie comunità favorite dallo sviluppo economico che concedeva opportunità in tutti i settori, agricolo, industriale, edile, commercio e turismo. Nelle attività menzionate la comunità italiana è stata protagonista, avendo le competenze per ricoprire ruoli responsabili di tipo tecnico e professionale nell’amministrazione dello Stato, dove larga parte delle autorità libiche dei primi governi parlava l’italiano. Diversi Libici durante la colonia, avevano frequentato le scuole italiane ed anche quelle religiose cristiane in cui si faceva cultura, non proselitismo: la religione musulmana era rispettata. Il successo di quegli anni porta tanti nomi illustri di Italiani e Libici, ma al disopra di tutti va posto il re, Sua Maestà Idris Al-Awal, giustamente definito “il saggio”. Nella sua figura carismatica, storica e religiosa (Senussi), si erano riconosciute ed unificate tutte le tribù. A Tripoli ho vissuto 30 anni; potrei continuare a descriverla e riportarne le foto dei miei tempi, ma credo che un’immagine composta come un “mosaico di pezzi pregiati”, associati a formare un collage d’insieme dedicato alla città, possa esprimere le bellezze del luogo meglio di tante parole. L’immagine che possiede questa magia, emerge dal poster artisticamente elaborato dal concittadino Mario Comastri.




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