La stanza  di Carmelo R. Viola

Carmelo R. Viola

Quando si affoga nella “preda”

Il “capitalismo sostenibile” di Berlusconi

Carmelo R. Viola

            Lungi da me l’intenzione di togliere meriti all’imprenditore, all’uomo di affari, all’industriale ed alchimista dei profitti parassitari, che ha accumulato una ricchezza astronomica,  che a costui serve solo come risposta ad un bisogno patologico di possedere un superfluo senza limite potenzialmente sottratto a chi ne ha bisogno e che talora muore letteralmente di fame.

            Al signor Berlusconi ho indirizzato, nell’arco di molti anni, una serie di lettere, quasi tutte apparse su testate varie, ed anche sul quotidiano Rinascita, ponendogli delle domande da uomo ad uomo. La più recente lettera, bene articolata, risponde ad una sua notoria elettorale, relativa alle ultime competizioni, personalizzata al punto da darmi del tu e chiamarmi “caro Carmelo”: gli ho risposto chiamandolo “caro Silvio” e con lo stesso vocativo: è apparsa sulla rivista “Cronache Italiane” di Salerno. Una delle ripetute domande (indiscreta, lo riconosco) è quanti lavoratori (rimasti probabilmente quasi tutti poveri) pensa siano coloro che hanno prodotto la ricchezza che lui possiede, legalmente, per carità, ma grazie ai giochi del sistema capitalista (chiamate regole o leggi), che non distribuisce secondo equità e bisogno ma secondo la capacità di fare mercato – essendo vero che solo il lavoro produce la ricchezza.

            Il signor Berlusconi non mi ha mai risposto perché non può rispondermi. Egli non conosce l’abc della sociologia ma è solo – vale ripeterlo – un ottimo businessman, una figura esclusivamente capitalistica: un difensore d’ufficio di sé stesso. Costui ama monologare con sé stesso e si dà sempre ragione! Da sempre ce l’ha con il socialismo - che ama chiamare senz’altro comunismo per fare più effetto – perché questo non gli avrebbe consentito di possedere mezzo mondo. La paura se la porta in corpo e non riesce a nasconderla anche perché il volume della sua ricchezza gli pesa e l’opprime: non gli consente di godersela in santa pace. La cosa, che più gli è congeniale è spararle grosse e mettere le mani avanti come chi ha paura di perdere un tesoro piovutogli dall’alto e che mai avrebbe potuto produrre con il proprio personale lavoro.

            Costui ignora le vicissitudini psicologiche di una massa, purtroppo tradita e vituperata anche da un folto gruppo di ex-compagni, che probabilmente socialisti non sono stati mai ma solo dei miserabili avventurieri, saltati, col pugno chiuso, su un cavallo che credevano vincente e che, incapaci di tener testa al nemico dell’umanità (al capitalismo, voglio dire), hanno scelto di pensare a sé stessi e loro stessi hanno atterrato quel cavallo, azzoppato e finito. Questa massa (che ritengo improprio chiamare popolo) è molto sensibile agli “ottundori sociali”, approntati dallo stesso capitalismo vincente, come il consumismo (lo shopping fine a sé stesso), il tifo sportivo, il predaludismo (giochi a premi in cui fanno a gara le TV e dove va gente con la speranza di risolvere problemi d’esistenza) e tutte le scommesse settimanali (dal superenalotto in su), che dànno l’illusione di potere diventare dei piccoli “berlusconi” con un colpo di fortuna dall’oggi al domani. Una massa così malridotta, risponde facilmente alle promesse fasulle che un avventuriero traduce in adesioni coscienti e “democratiche” al “salvatore della patria”.

            Sono sicuro che mi legga anche stavolta e che faccia finta di niente in quanto il mio discorso rimane estraneo al suo monologo e all’autoconsenso. Sul suo Giornale di oggi, 9 marzo 2009, costui parla del suo “capitalismo sostenibile”, e sostiene che la crisi non sia questione di mercato ma di alcune regole del gioco, che vanno cambiate (purché, s’intende, venga conservata la possibilità di accumulare una preda così grande come la sua: è questo, infatti, il suo capitalismo sostenibile!),  mentre il socialismo darebbe solo miseria e illibertà. Lo invito a meditare su quanto segue:

            1 - i marxisti della Rivoluzione d’Ottobre hanno certamente commesso errori ed abusi ed è  anche vero che un certo Stalin ha abusato del proprio potere per spezzare, anche brutalmente e criminosamente, certa resistenza di avversari, veri o presunti, un po’ per la megalomania del suo carattere un po’ per la mania di persecuzione indotta dalle minacce del capitalismo accerchiante e minacciante com’è vero che l’esperimento sovietico è crollato anche per il complotto Reagan-Woytyla;

            2 - nessun principio può essere valutato sulla base della violenza che sia stata commessa in nome di esso: della violenza è stata commessa in nome di Cristo (storico o mitico poco importa) senza con ciò compromettere il cristianesimo dell’evangelico “amore del prossimo” (il cattolicesimo è un’altra cosa) come della violenza è stata commessa in nome del socialismo senza con ciò compromettere il principio del socialismo ( teorizzato dai vari Proudhon,  Marx, Gramsci e tanti altri);

            3 - non è affatto vero che il socialismo in quanto tale abbia prodotto solo miseria e  illibertà. E’ vero che laddove uno possa possedere per mille, molti soffrono per lui e che colà – siamo in Italia! – non possa esserci alcuna giustizia economica e sociale! Invito il signor Berlusconi a studiare la psicologia sociale e a leggere la storia del socialismo;

            4 - il capitalismo non ha bisogno di violenza fisica per essere compromesso perché è criminalità per sé stesso in quanto riproduce, in abiti surrettizi, la predazione della foresta che consente a chiunque di giocare al mercato, rispettando, per l’appunto,  certe “regole di gioco”: a pochi dà la possibilità di appropriarsi di ricchezza senza misura , ai più, innocenti, lascia la condanna alle difficoltà, alle ristrettezze, ai sacrifici, al bisogno  quando non alla fame e al suicidio;

            5 - il capitalismo comprende la corruzione “intralegale” (vedi “tangentopoli” senza fine!) e quella “paralegale” delle varie mafie con le quali non ha soluzione di continuità in un rapporto di naturale-potenziale collusione (anche non appariscente), come la cronaca quotidiana ci dimostra; i suoi attributi (differenze abissali, disoccupazione, mala occupazione, precarietà, delinquenza da bisogno o da emulazione e così via) estendono l’istinto predatorio, per analogia psicologica, alle cose (vandalismo) e alle persone (predazionismo sessuale con riferimento particolare allo stupro); l’agonismo predatorio si traduce in fagocitazione di imprese deboli da parte di imprese forti (investire per vincere significa appunto questo!), sul piano nazionale, e in imperialismo su quello internazionale (prevaricazione dei più forti : vedi USA e Stato d’Israele), sul piano naturale, in disintegrazione ecologica con il rischio reale di un possibile “suicidio” della specie umana per incompatibilità di habitat biologico.

            Il signor Berlusconi è invitato a studiare anche la storia sanguinaria del capitalismo e a chiedersi se lo trovi compatibile con l’uomo, con la natura, con il futuro e il bene che vogliamo ai nostri figli e nipoti, al limite psichiatrico e di morte della civiltà. Lo ascolterò volentieri.

                                                                                             Carmelo R. Viola

Silvio Berlusconi

(Quando si affoga nella preda – 09.03.09 – 2534)