LA
MIA SICILIA
Barba
gratis |
A picciutteddu
Vitu fu mannatu
no saluni di so’
ziu ch’era varveri,
picchì s’avia ‘nsignari lu
mestieri.
Spazzula, lu
chiamava u principali,
ogni tantu
c’accattava i sigaretti,
scupava ‘nterra
e puliziava i ferri.
Quannu era ura
chi s’aia ‘mparari
a maniari u
rasolu cu i cristiani,
a ‘mpratichirisi
Vitu fu mannatu
o
spitali Sant’Antonio ddà vicinu,
pi faricci a
varva a li poviri
malati,
chi unn’avianu
li soiddi pi pagari.
Mentri svarvava unu ‘n camerata,
‘ntisi un cani
chi, na strata
sutta
chiancia, comu
si ci rassiru lignati.
Dissi Vitu: “mi
fa pena, poviru cani!
ma chi ci fannu?
sti gran vastasi!”
“A varva
gratis”, fu u coru di
malati.
°°°°°°°°°
Un giovane apprendista
barbiere,
per imparare il mestiere, viene mandato a fare la barba gratis agli
ammalati
ricoverati in ospedale. Non pensa che la sua inesperienza possa
provocare
dolore ai malcapitati ma quando sente i guaiti di un cane, provenire
dalla
strada, inveisce contro dei ragazzacci che avevano maltrattato il
povero animale.
La morale, molto semplice, vuole rimarcare un concetto molto difficile:
quando
il male lo provochiamo, non ce ne curiamo, quando sono altri a
causarlo,
reagiamo con prontezza di riflessi. °°°°°°°°°
Barba
gratis
Da ragazzo Vito fu mandato
nella bottega di suo zio ch’era barbiere
perché doveva imparare il mestiere.
Spazzola, lo chiamava il principale,
ogni tanto gli comprava le sigarette,
scopava per terra e puliva i ferri.
Quando era ora che doveva imparare
A maneggiare il rasoio con le persone,
a fare pratica Vito è
stato mandato
all’ospedale Sant’Antonio, là vicino,
a fare la barba ai poveri ammalati,
che non avevano i soldi per pagare.
Mentre sbarbava uno in camerata,
ha sentito un cane che in strada sotto
guaiva, come se gli dessero legnate.
Disse Vito: ”mi fa pena, povero cane!
Ma che gli fanno? Gran maleducati”
“La barba gratis”, fu il coro dei malati.
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