LA PASSEGGIATA ESTIVA
DELLA DOMENICA SERA
Siccome
all’epoca, quand’ero ragazzino,
faceva molto caldo, la sera si usciva
a fare quattro
passi a piedi , in quanto era oramai
dimostrato che muovendo il corpo a destra e
manca si riusciva
per mezzo della ventilazione a far
passare l’aria più facilmente tra i capi di
vestito ed il corpo, ottenendo così una
sorta di benevolo piacere dovuto al
moto-ventilatorio nella calura estiva.
I capi d’abbigliamento erano rigorosamente
bianchi, in quanto il bianco era noto sin
d’allora aveva la facoltà di respingere i
raggi del sole,
ed oramai , anche se di notte il sole
non picchiava con i suoi raggi eravamo
comunque certi che anche l’irraggiamento
accumulato dai corpi potesse essere
allontanato alla stessa maniera
mitigandone così i calorosi effetti.
Prima regola, quindi, era abbigliamento
rigorosamente color bianco per camicetta o
maglietta, sotto pantaloncini dal color kaki
alla variante grigio, grigio-topo, verdino
chiaro, azzurro, in quanto sennò ad ogni
seduta ci rimaneva su qualcosa. Berretto o
berrettino, calzini di cotone e naturalmente
scarpe di cuoio.
A questo capo di abbigliamento era dovuta
una particolare
preparazione
prima dell’indossamento; ci si faceva
a gara a chi riusciva a fare i buchi
migliori
.
Ogni
buco realizzato, infatti, riusciva a far
fuoriuscire l’aria calda che si produceva
con lo schiacciamento del
rigl
(1) consentendo una migliore circolazione
della stessa tra le dita,
isolate dai calzini di cotone.
In
alcuni casi erano tollerati con
successo anche quelli di lana
per coloro che erano soggetti a
maggior sudorazione. Regola fondamentale era
, quindi,
quella di riuscir a piazzare una
decina di buchi sulle scarpe appaiati
specularmente
in modo tale da farle sembrare usciti
fuori da una fabbrica.
Ognuno di noi aveva il suo
hufrat (2) personale, chi quasi
perfettamente tonto, chi ovale, chi
addirittura quadrato e chi triangolare,
qualche ragazzina per via della ricercatezza
ostentava buchi a forma di stella o di
cuoricino, ma questa era tutta un’altra
operazione di carattere artistico
che si distaccava di gran lunga
da quello tecnico-storico-scientifico
del fare i buchi normalmente per far uscire
fuori l’aria . C’era anche chi asseriva che
il
buco a forma di cuore o di stella
invece producesse l’effetto contrario
a causa del perimetro rientrante
all’interno della figura geometrica stessa e
quindi magneticamente potesse invece far
entrare il caldo nelle dita, ma come si sa
erano scarpe per ragazzine, di quelle
speciali, quella con la puzza sotto l’
anf
(3) quelle che non ti fanno toccare le
tettine ma che le fanno solo
vedere sotto le camicette trasparenti
bianche, ed allora in quel caso si cercava
di non darci su molto peso nell’approfondire
il ragionamento dell’efficacia del processo
di raffreddamento.
In moltissimi casi le scarpe con i buchi
erano assolutamente necessarie per chi aveva
il puzzo ai piedi, così infatti, oltre la
circolazione dell’aria si favoriva la
liberazione dell’odore diluito costantemente
nel tempo e quindi un disperdimento omogeneo
con equità di distribuzione olfattiva nei
dintorni . Ordunque
così equipaggiati , e
bagda (4) aver passato
l’immancabile
bianchetto sulle scarpe coi buchi,
subito dopo l’imbrunire e dopo aver cenato
terminando alla fine con una
colossale fetta si anguria, ci si metteva
obbligatoriamente in marcia a piedi, per
prendere un pò d’aria.
Ogni volta si faceva una strada diversa.
Dzakaratu
(5) che per rendere interessante la
cosa mi ero posto un compito ben preciso:
tenevo il conto del quantitativo e della
tipologia degli escrementi che trovavo lungo
il percorso : Sterco di cavallo
giallognolo-avena, sterco di dromedario/cammello
un po’ più scuro e compatto, cagatine di
cane, qualche chiazza lasciata in giro qua e
là da vacca
e o mucca, nonché quelle più rare : le
caccoline di pecora, simili
alle olive nere, rarissime da scoprire anche
a causa oltre che del minuscolo formato
anche perchè ben si celavano nell’oscurità.
L’unica cosa era però che quando ti
imbattevi in una zona “visitata”
era la fortuna perchè ce n’era una
quantità veramente innumerevole, roba da
raccoglierle tutte e metterle in un piatto
- di nascosto - quando veniva a cena
la Signora Teresa.
Ricordo che tenevo a mente la
contabilità utilizzando un metodo
personalmente elaborato:
quelle di
cavallo
me
le
piazzavo
idealmente
sulla
ras (6), quelle di dromedario/cammello
sulla spalla
iamin (7), come se avessi una pila
invisibile in equilibrio, quelle di vacca
sulla spalla sinistra,
quelle di cane, sempre più abbondanti
a dieci alla volta, utilizzando il conteggio
delle dita delle mani , alternativamente
nella tasca dei pantaloni,
destra e sinistra, in un enorme zaino,
invece,
mettevo, quando mi ci imbattevo, le
caccoline di capre e di pecora. Che serate
favolose !!
Di tutta quella statistica ne andavo proprio
fiero!!
Che serate e che conteggi!!
Viva la
contabilità e la matematica !!
Ricordo però che una
masah (8),
che ora però non ricordo quale essa
fosse, forse
Giugno, Luglio, Agosto del
‘57 / ‘58 o giù di lì
ritornando dopo la
tanazzagha (9) contabile e dopo aver
mangiato il cono di
gijlaat (10), obbligatoriamente pseudo
trigusto
dello stesso sapore ma di colore
abiad
(11),
hamra (12)
ed
akdar (13), in omaggio alla bandiera
Italiana, sulla via del ritorno mi imbattei
in una
kascafa (14) a dir poco eccezionale: in
un angolo a ridosso di una
Bab
Al
Hadid (15) di una
Dukkan (16)
scorsi una piccola scatoletta color
avorio contenente dentro sino a circa ¾ una
pagliuzzetta colorata.
Magia
della sorte !!
Che
spettacolo eccezionale !!
Le
pagliuzze sottili sottili, manco a farlo
apposta erano tutte spiegazzate e tra una
spiegazzatura e l’altra mandava ,proprio
nell’angolo di incidenza, un bagliore
colorato, e poi, bastava spostare
leggermente la scatola che tutte quelle
lucine bianche, rosse, rosa, verdi e azzurre
si spostassero di qui e di là.
Scoperta
la scatola con
il suo fantastico contenuto, me la
infilai sotto la maglietta, giunto a casa la
nascosi sotto il
firaasciu (17).
Bagda kalil
(18) quando i miei genitori e fratelli
dormivano, scesi dal letto, l’afferrai, la
sparpagliai
sulle lenzuola e me la misi intorno.
Mi sentivo un Emiro disteso tra ori e
nafiisu (19).
La sera seguente tutta quella magnifica roba
non c’era più.
La mia mamma , senza dir nulla, aveva fatto
piazza pulita.
Da
allora, senza
dir
nulla anch’io a nessuno, cambiai la mia
missione segreta durante le trasferte serali,
ed iniziai
a
cercare le pagliuzzette colorate
VOCABOLI LA PASSEGGIATA
DELLA DOMENICA SERA
1
|
rigl
|
piede
|
2
|
hufrat
|
buco
|
3
|
anf
|
naso
|
4
|
bagda
|
dopo
|
5
|
dzakaratu
|
ricordo
|
6
|
ras
|
testa
|
7
|
iamin
|
destra
|
8
|
masah
|
sera
|
9
|
tanazzagha
|
passeggiata
|
10
|
gijlaat
|
gelato
|
11
|
abiad
|
bianco
|
12
|
hamra
|
rosso
|
13
|
akdar
|
verde
|
14
|
kascafa
|
scoperta
|
15
|
bab
al Hadid
|
Bab
= porta - Hadid = ferro
- porta di Ferro =
saracinesca
|
16
|
Dukkan
|
Bottega
|
17
|
firaasciu
|
letto
|
18
|
Bagda kalil
|
più
tardi
|
19
|
nafiisu
|
preziosi.
|
|
|
Architettura |
Le mura sul mare |
|
|
Zanghette |
Lo shaj |
|