La stanza di Giuseppe Segalla

Giuseppe Segalla

Quelli di Emmaus

di   Giuseppe Segalla

 

Gli striscioni arrotolati, abbiamo lasciato lo stadio con la coda tra le gambe e la bocca incapace di vincere l’improvviso mutismo. Nessun incontro, nessun amico sarebbe stato in grado di rivitalizzarci dopo lo sberlone che ci avevano appena assestato in questa Champion sfortunata contro la protervia delle squadre inglesi. Non poteva proprio finire peggio di così.

      E nonostante le previsioni di certi corvacci, era ben altro quello che ci aspettavamo, dopo i passati trionfi, le profezie dei giornalisti amici e le sicurezze dell’ambiente…

         Io e il mio amico camminavamo lungo la strada per Emmaus, la sabbia rappresa sulla pelle sudata. Si stava avvicinando la sera e la stanchezza cresceva; non era la stanchezza delle gambe, perché quelle erano più che allenate a trasferte quotidiane. Eravamo svuotati dentro, come motori senza carburante. La delusione ci divorava.

Si parlava a voce bassa, per frasi brevi, nere e definitive. Non c’era verso che il discorso uscisse dal gorgo ossessivo delle ultime vicende, finite come peggio non si poteva. Un’autentica e irreparabile disfatta.

Sì, perché, pur tra qualche incomprensione, avevamo vissuto giorni e giorni di apoteosi con Lui, con Gesù di Nazareth. Un personaggio unico, enorme. Tanto grande da fare ombra ai potenti che infatti cominciavano a dare segni di nervosismo. Ma la gente era con lui, tutta. Giorno dopo giorno, lievitava in noi la sensazione che stesse per succedere qualcosa di grande: sarebbe presto diventato re, a furor di popolo. Lui re e noi, del suo giro, sicuramente coinvolti in prima persona nel governare…

E invece, nel giro di due giorni, tutto finito: Lui preso, coperto di accuse tanto inconsistenti quanto insidiose, abbandonato al suo destino dall’accidia di Pilato, consegnato alla peggiore delle morti…

Erano stati trionfi: avevamo vinto campionati in serie e mietuto coppe in tutti gli stadi del mondo, noi rossoneri nerazzurri giallorossi… E ogni volta avevamo esultato, strombazzato, osannato la notte intera nel cuore della città… Tutto finito.

Lungo la strada cammina con noi la delusione e, da poco, anche questo sconosciuto che ci ha raggiunto di buon passo e subito si è accorto che siamo giù di corda e si è messo a scandagliarci l’anima. Siamo sul lettino dello psicanalista: il tipo ha diagnosticato tutta la nostra frustrazione dovuta a quel benedetto Cristo che tanto ci aveva illuso e pareva invincibile. Invece…

Noi eravamo gente di seconda scelta, gente nata nei villaggi fuori mano. Però abbastanza giovani, così da coltivare la voglia di migliorare la nostra condizione, di allargare gli orizzonti, di inseguire qualche sogno.

Così quando lui, il Cristo, era passato dalle nostre parti il sogno si è materializzato e lo abbiamo seguito. Era bello stare con lui: faceva cose strabilianti e incredibili, fino a quella di restituire la vita ai morti. Insegnava comportamenti che parevano persino assurdi come il perdono, il mettersi agli ultimi posti, la sostanza a prevalere sulla forma…, atteggiamenti che poi percepivi in profonda sintonia con la tua natura di uomo.

La sua vicinanza trasmetteva una carica positiva straordinaria.

         Per la verità anche il tipo che si accompagna a noi ci dà queste sensazioni. E la sa lunga, la sa. Ci ha ripassato per filo e per segno tutta la Bibbia e, dentro a quella, ha inquadrato anche la storia del Cristo che poi è stata anche la nostra storia.

Ci ha fatto considerare con insistenza anche i capitoli rimossi, quelli che noi non avevamo mai voluto ascoltare perché ci risultavano indigesti. Come era possibile infatti che il nostro amico, Gesù Cristo, dovesse morire prematuramente dopo tutto quello che aveva fatto di buono e la fama che si era acquistato. Non eravamo assolutamente  nella condizione mentale di considerare possibile la morte e tanto meno la resurrezione di quello sfortunato “figlio dell’uomo”… Il tizio però insisteva nel sottolineare che questo era previsto e risultava con chiarezza dai libri sacri.

Difficile correggere la nostra opinione: il Cristo era purtroppo morto, sicuramente e definitivamente. Con lui erano morti anche i nostri progetti di riqualificazione sociale. Era amarissimo questo nostro rientro al villaggio e alle sue storie di quotidiana miseria…

         Ma il nostro compagno di viaggio non desisteva, anzi metteva in chiaro persino i nostri dubbi inespressi. Nel tentativo di sviare il discorso, abbiamo casualmente fatto cenno ai chiacchiericci di certe donne, raccolti negli ultimi giorni a Gerusalemme. Secondo quelle visionarie il Cristo si sarebbe manifestato vivo a questo e a quell’altro… Ma va’ a credere alle donne, tu!

         Intanto il buio aveva preso il campo e noi si era deciso di sostare nella locanda del villaggio, Emmaus appunto, per un boccone e una stuoia per la notte. L’indomani avremmo ripreso il cammino. Abbiamo anche usato una certa insistenza sul singolare compagno di viaggio perché condividesse la nostra scelta e quando, dopo tante, ha ceduto, ci siamo accomodati allo stesso tavolo. Per fortuna non c’era confusione e le panche, benché di legno, ci regalarono sollievo.

         A dispetto dell’ordinarietà del luogo, aleggiava qualcosa di misteriosamente intenso in quella povera locanda: era nell’aria e dentro di noi. Nessuna sensazione di stanchezza ci disturbava più e i nostri sentimenti erano involontariamente tesi al verificarsi di qualche accadimento straordinario.

L’imprevisto e misterioso compagno di viaggio prende dal cestino di vimini una rustica forma di pane. Il suo sguardo è sereno e luminoso: uno sguardo che non ci sembra nuovo. Ed ecco che spezza il pane con gesto inconfondibile! E’ proprio Lui, il Cristo. Neppure il tempo di proferirne il nome come vorrebbe l’entusiasmo affettuoso che ci ha colto, infatti è sparito!

         Noi si riparte per Gerusalemme armati di certezze e domani si prosegue per il mondo intero. Nessuno ci potrà fermare: né il carcere, né le persecuzioni, né la morte, perché ci attende l’avventura di un grande regno da costruire: il nostro Re è vivo e noi saremo al suo fianco per sempre.

 Giuseppe Segalla