Gli striscioni arrotolati,
abbiamo lasciato lo stadio con
la coda tra le gambe e la bocca
incapace di vincere l’improvviso
mutismo. Nessun incontro, nessun
amico sarebbe stato in grado di
rivitalizzarci dopo lo sberlone
che ci avevano appena assestato
in questa Champion sfortunata
contro la protervia delle
squadre inglesi. Non poteva
proprio finire peggio di così.
E nonostante le previsioni di
certi corvacci, era ben altro
quello che ci aspettavamo, dopo
i passati trionfi, le profezie
dei giornalisti amici e le
sicurezze dell’ambiente…
Io e il mio amico
camminavamo lungo la strada per
Emmaus, la sabbia rappresa sulla
pelle sudata. Si stava
avvicinando la sera e la
stanchezza cresceva; non era la
stanchezza delle gambe, perché
quelle erano più che allenate a
trasferte quotidiane. Eravamo
svuotati dentro, come motori
senza carburante. La delusione
ci divorava.
Si parlava a voce bassa, per
frasi brevi, nere e definitive.
Non c’era verso che il discorso
uscisse dal gorgo ossessivo
delle ultime vicende, finite
come peggio non si poteva.
Un’autentica e irreparabile
disfatta.
Sì, perché, pur tra qualche
incomprensione, avevamo vissuto
giorni e giorni di apoteosi con
Lui, con Gesù di Nazareth. Un
personaggio unico, enorme. Tanto
grande da fare ombra ai potenti
che infatti cominciavano a dare
segni di nervosismo. Ma la gente
era con lui, tutta. Giorno dopo
giorno, lievitava in noi la
sensazione che stesse per
succedere qualcosa di grande:
sarebbe presto diventato re, a
furor di popolo. Lui re e noi,
del suo giro, sicuramente
coinvolti in prima persona nel
governare…
E invece, nel giro di due
giorni, tutto finito: Lui preso,
coperto di accuse tanto
inconsistenti quanto insidiose,
abbandonato al suo destino
dall’accidia di Pilato,
consegnato alla peggiore delle
morti…
Erano stati trionfi: avevamo
vinto campionati in serie e
mietuto coppe in tutti gli stadi
del mondo, noi rossoneri
nerazzurri giallorossi… E ogni
volta avevamo esultato,
strombazzato, osannato la notte
intera nel cuore della città…
Tutto finito.
Lungo la strada cammina con noi
la delusione e, da poco, anche
questo sconosciuto che ci ha
raggiunto di buon passo e subito
si è accorto che siamo giù di
corda e si è messo a
scandagliarci l’anima. Siamo sul
lettino dello psicanalista: il
tipo ha diagnosticato tutta la
nostra frustrazione dovuta a
quel benedetto Cristo che tanto
ci aveva illuso e pareva
invincibile. Invece…
Noi eravamo gente di seconda
scelta, gente nata nei villaggi
fuori mano. Però abbastanza
giovani, così da coltivare la
voglia di migliorare la nostra
condizione, di allargare gli
orizzonti, di inseguire qualche
sogno.
Così quando lui, il Cristo, era
passato dalle nostre parti il
sogno si è materializzato e lo
abbiamo seguito. Era bello stare
con lui: faceva cose
strabilianti e incredibili, fino
a quella di restituire la vita
ai morti. Insegnava
comportamenti che parevano
persino assurdi come il perdono,
il mettersi agli ultimi posti,
la sostanza a prevalere sulla
forma…, atteggiamenti che poi
percepivi in profonda sintonia
con la tua natura di uomo.
La sua vicinanza trasmetteva una
carica positiva straordinaria.
Per la verità anche il
tipo che si accompagna a noi ci
dà queste sensazioni. E la sa
lunga, la sa. Ci ha ripassato
per filo e per segno tutta la
Bibbia e, dentro a quella, ha
inquadrato anche la storia del
Cristo che poi è stata anche la
nostra storia.
Ci ha fatto considerare con
insistenza anche i capitoli
rimossi, quelli che noi non
avevamo mai voluto ascoltare
perché ci risultavano indigesti.
Come era possibile infatti che
il nostro amico, Gesù Cristo,
dovesse morire prematuramente
dopo tutto quello che aveva
fatto di buono e la fama che si
era acquistato. Non eravamo
assolutamente nella condizione
mentale di considerare possibile
la morte e tanto meno la
resurrezione di quello
sfortunato “figlio dell’uomo”…
Il tizio però insisteva nel
sottolineare che questo era
previsto e risultava con
chiarezza dai libri sacri.
Difficile correggere la nostra
opinione: il Cristo era
purtroppo morto, sicuramente e
definitivamente. Con lui erano
morti anche i nostri progetti di
riqualificazione sociale. Era
amarissimo questo nostro rientro
al villaggio e alle sue storie
di quotidiana miseria…
Ma il nostro compagno
di viaggio non desisteva, anzi
metteva in chiaro persino i
nostri dubbi inespressi. Nel
tentativo di sviare il discorso,
abbiamo casualmente fatto cenno
ai chiacchiericci di certe
donne, raccolti negli ultimi
giorni a Gerusalemme. Secondo
quelle visionarie il Cristo si
sarebbe manifestato vivo a
questo e a quell’altro… Ma va’ a
credere alle donne, tu!
Intanto il buio aveva
preso il campo e noi si era
deciso di sostare nella locanda
del villaggio, Emmaus appunto,
per un boccone e una stuoia per
la notte. L’indomani avremmo
ripreso il cammino. Abbiamo
anche usato una certa insistenza
sul singolare compagno di
viaggio perché condividesse la
nostra scelta e quando, dopo
tante, ha ceduto, ci siamo
accomodati allo stesso tavolo.
Per fortuna non c’era confusione
e le panche, benché di legno, ci
regalarono sollievo.
A dispetto dell’ordinarietà
del luogo, aleggiava qualcosa di
misteriosamente intenso in
quella povera locanda: era
nell’aria e dentro di noi.
Nessuna sensazione di stanchezza
ci disturbava più e i nostri
sentimenti erano
involontariamente tesi al
verificarsi di qualche
accadimento straordinario.
L’imprevisto e misterioso
compagno di viaggio prende dal
cestino di vimini una rustica
forma di pane. Il suo sguardo è
sereno e luminoso: uno sguardo
che non ci sembra nuovo. Ed ecco
che spezza il pane con gesto
inconfondibile! E’ proprio Lui,
il Cristo. Neppure il tempo di
proferirne il nome come vorrebbe
l’entusiasmo affettuoso che ci
ha colto, infatti è sparito!
Noi si riparte per
Gerusalemme armati di certezze e
domani si prosegue per il mondo
intero. Nessuno ci potrà
fermare: né il carcere, né le
persecuzioni, né la morte,
perché ci attende l’avventura di
un grande regno da costruire: il
nostro Re è vivo e noi saremo al
suo fianco per sempre.
Giuseppe
Segalla