LA STANZA  di ANTONIO STEFANILE 
  

Antonio Stefanile 
   

 


La religione in Libia durante la monarchia di Re Idris

Cari lettori, come avrete notato dal titolo, racconterò come e in che serenità vivevamo le rispettive religioni, quella musulmana, la cristiana e l'ebraica, negli anni trascorsi in Libia durante la monarchia del Re Idris al-Mahdi al-Senussi. Dimenticavo: sono uno dei ventimila profughi italiani cacciati dalla Libia da Gheddafi nel luglio del 1970, togliendoci tutto, incominciando dalla dignità.

Allora avevo 17 anni, ricordo tutto, come poter dimenticare! Scusate ma sinceramente io non so più in che strana società sto vivendo, specialmente riguardo le religioni e le loro tradizioni. Ascolto dai TG nazionali, leggo gli articoli di varie testate giornalistiche inerente al problema, se così si può dire del “ presepe sì, presepe no”,  compreso l'argomento crocifisso, iniziato già da tempo! Ma scherziamo!

Il presepe è una tradizione e festa cristiana e come tale va fatta e rispettata. Se nelle scuole o in altri luoghi c'è la presenza di alunni o studenti o persone di altre religioni, non è assolutamente un problema, possono restare indifferenti, nessuno li obbliga a essere partecipi. Il presepe va fatto, festeggiato, il crocifisso resta in qualsiasi posto sia stato messo, vale lo stesso discorso del presepe, nessuno obbliga  persone di altre religioni a venerarlo; rispettarlo sì, come anche il presepe.

Il crocifisso è un simbolo, il presepe, una tradizione della nostra religione: quella cristiana.

E'  la nostra identità, e anche noi giustamente, dobbiamo rispettare  le altrui religioni, con le loro tradizioni e feste, incominciando dalla musulmana, con il mese sacro del digiuno: il Ramadan, è una questione di rispetto gli uni verso gli altri e viceversa. 

Dopo questa premessa, schiaccio un pulsante e  avvolgo all'indietro  il nastro della bobina con i ricordi degli anni trascorsi in Libia. Rivedo la nostra vita con i libici e non solo, gli ebrei, i greco-ortodossi, i maltesi, greci, armeni, quest'ultime  etnie erano le meno numerose, molti di loro avuti anche come compagni di scuola.

Vedo la città di Tripoli, nei giorni di festa della nostra Santa Pasqua con la processione pomeridiana e toccante del Venerdì Santo, con il  Santissimo. Si usciva dalla cattedrale con  il baldacchino, sostenuto ai quattro angoli, sotto il quale il vescovo di Tripoli sorreggeva il crocifisso del Santissimo. Si girava intorno alla rotonda della  piazza, di fronte la cattedrale, si proseguiva sulla sinistra di quest'ultima e dopo quasi un chilometro si tornava  dalla parte opposta. 

Suggestiva, emotiva, religiosa, coinvolgente la processione, i libici mantenevano il massimo rispetto finchè si camminava, le famiglie italiane lungo il percorso esponevano i drappi e i tappeti sui balconi delle case,  lanciando sulla processione un'infinità di petali di rosa ed altri fiori. La polizia libica collaborava all'evento, fermando le macchine al nostro passaggio. Vorrei  aggiungere un episodio importantissimo, a testimonianza del clima sereno e di massimo rispetto, tra le religioni in Libia e ne fu esempio il grande e saggio monarca libico Re Idris.

Come ogni anno  la domenica di Pasqua le campane suonavano a festa, un po' più del solito forse,  il palazzo reale non distava tanto lontano dalla cattedrale e la servitù del re, pensò forse che le campane  lo disturbassero,  gli chiesero se desiderava che le facessero smettere.

Con la saggezza,  la dignità, l'onore  e la fede degli uomini del deserto, ricordiamoci che il Re Idris discendeva dalla più potente  tribù del deserto libico: la Senussia, rispose loro così: sia consentito a chiunque,  di qualsiasi religione e in qualunque modo  : festeggiare,  glorificare, santificare,  l'onnipresenza  e onnipotenza  dell'unico Dio, misericordioso e compassionevole.

Che risposta! Grande, carismatico, umano Re Idris, che esempio di tolleranza e convivenza religiosa  Io personalmente ne traggo spunto per proseguire la mia lettera e domandarmi il perchè, per cosa e per quali motivi a  distanza di quasi mezzo secolo, le cose siano cambiate in maniera così drammatica, specialmente sotto l'aspetto religioso e purtroppo ed è molto grave, non solo in Libia, ma in tutto l'Oriente. 

Noi vivevamo come fratelli con i libici, ho usato il termine fratelli anche se non consanguinei, ma fratelli uniti da una grandissima parola: “Rispetto”, specialmente religioso. Però a distanza di tanti  anni, con ciò che quotidianamente osservo nei TG nazionali inerenti alla mia, alla nostra Libia, stento a credere che i libici conosciuti negli anni di permanenza in Libia, con cui abbiamo condiviso tempi meravigliosi, abbiano potuto subire un cambiamento sociale e religioso così radicale,  trasformandosi e trasmettere alle  generazioni future, così tanta malvagità.

Noi che abitavamo e lavoravamo nelle aziende agricole , dove i libici lavoravano a fianco a fianco con mio padre, solo con la forza delle braccia e una grande volontà, spesso con temperature che superavano i 40° gradi di caldo all'ombra, non credo ripeto, abbiano potuto cambiare i loro caratteri sociali, religiosi, ospitali e amichevoli di allora!

Non escludo neanche l'influenza di elementi e molti,  arrivati da paesi esterni  in Libia e per cosa?  Senza escludere  il coinvolgimento di qualche paese europeo, sempre e con l'unico scopo, di mettere le mani sulla grande ricchezza della Libia: il petrolio.

Ripeto, i libici che lavoravano la terra nella zona meravigliosa di Collina Verde (Hedba el Khadra) con mio padre erano,  rispettati come uomini prima, poi come operai, di una fedeltà e lealtà unica, dimostrata in tantissime occasioni, talvolta anche in difesa di mio padre, nonostante cristiano; con giuramenti da loro ritenuti sacri nel nome di Dio,  giuravano ed esaltavano la verità, un detto arabo dice che la verità è di Dio.

Uomini credenti in un unico Dio, che pregavano cinque volte al giorno, inginocchiandosi per terra, rivolgendosi alla Mecca e osservando il mese sacro del Ramadan, digiunavano un mese l'anno, a prescindere dalle condizioni climatiche e da qualsiasi altra cosa. Sentendo la situazione attuale della Libia mi domando chi ha contaminato le menti e il cuore di quel popolo fraterno della nostra Libia, dove vivemmo per anni?

Chi ha inquinato loro l'anima, specialmente di coloro che avrebbero dovuto essere le future generazioni!  Chi sono questi individui e tanti, giunti in Libia da altri paesi, che invocando Dio, usano un fanatismo religioso, uccidono, torturano, usano violenza anche verso gli stessi cittadini libici!

Questi non sono esseri religiosi.

No e poi no, questo non è l'Islam che io per 17 anni in Libia, ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere  e esserne testimone, ancora adesso in diverse discussioni e confronti, racconto e spiego la convivenza religiosa, pacifica e tollerante  in Libia, nel periodo della monarchia, tra le religioni musulmana, cristiana, ebraica e greco-ortodossa, condividendo e convivendo con il carattere  religioso, sociale ed ospitale del popolo libico, con cui sono cresciuto.

Ricordo ancora con emozione, i brividi a fior di pelle, quando il muezzin dal minareto della moschea, chiamava i fedeli alla preghiera di un unico Dio. Che stati d'animo! Un grande coinvolgimento emotivo anche per noi cristiani, un'atmosfera unica, spirituale,  religiosa, il muezzin con le sue parole cantilenanti annunciava l'onnipotenza e onnipresenza di Dio: Allah ua Akbar (Dio è grande) e glorificava l'unico Dio: che è anche il nostro, dei cristiani e anche degli ebrei!

Il vero Islam non è fatto di violenze, distruzioni, è per la pace, la tolleranza, il sapere, il confrontarsi con culture diverse,  Dio stesso ci ha fatti diversi perchè ci conoscessimo!

Da credente spero e prego Dio, che in un prossimo e non tanto lontano futuro, la Libia con il suo popolo giovane e fiero ritorni a gestire totalmente il proprio paese, estirpando e pulendolo da quel tumore di ignoranza e fanatismo religioso arrivato dall'esterno.

Quel paese, dove siamo nati, cresciuti, educati, con una mentalità rispettosa, sana, pulita, amichevole, solidale e sincera, anche con gli stessi libici e come ho ripetuto tantissime altre volte, era un pezzo di Paradiso restato sulla terra. Inshallah (se Dio vuole).


...Vedo la città di Tripoli, nei giorni di festa della nostra Santa Pasqua con la processione pomeridiana e toccante del Venerdì Santo, con il  Santissimo. Si usciva dalla cattedrale con  il baldacchino, sostenuto ai quattro angoli, sotto il quale il vescovo di Tripoli sorreggeva il crocifisso del Santissimo. Si girava intorno alla rotonda della  piazza, di fronte la cattedrale, si proseguiva sulla sinistra di quest'ultima e dopo quasi un chilometro si tornava  dalla parte opposta...

                                               

Antonio Stefanile 

2  Novembre 2015


      
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