ROVETO ARDENTE

 

ai miei "Maestri" indimenticati

 

CAPOTERZO DELL'ESODO

Ho i miei anni, dicevi,

e la so lunga sulle cose  del mondo,

paradigma tanto vasto di amarezze

che ti svelle quasi dall'intimo

la tua essenza d'uomo

e ti spinge talvolta a delirare

lontano dal Tempio.

Intriso di rabbia impotente,

hai visto i bimbi nei groppi del dolore,

hai visto il cancro distruggerti gli amici,

hai visto i vecchi lasciati alla deriva...

Sovente hai udito l'aspide iroso

del Potere sibilarti contro

e il passo greve dell'Economia

coprire il pianto dei diseredati.

A fatica hai ancora percepito

l'agonizzare lieve di tutti i terzomondi,

sfiorati appena dall'occhio inossidabile

dei signori del Business.

Né ti è sfuggito il rampare agevole

dei raccomandati e lo sgomento

della buona gente ai gioghi

ottusi della burocrazia.

Troppe volte hai guardato inorridito

al gesto laido degli untori

che spacciano roba di morte

e allo scialo dei beni promosso

davanti allo sguardo umiliato dei poveri...

Fu mentre erravi nei deserti

della tua sterile indignazione,

che "quella Voce" come una percossa

ha inchiodato i tuoi passi

alla consegna di toglierti i calzari

perchè la terra che calpesti è sacra

e solo ai piedi di "Colui che è"

trovi un senso agli assurdi della vita.

 

AL MODO DEI SALMI

Volevo toccare con le mani

l'esistenza dell'Altissimo,

volevo sondare nel profondo

la sua essenza ineffabile.

Mi sono tuffato per cercarlo

negli abissi del cuore,

nei luoghi del mio silenzio

ho tentato di avvicinarlo.

Sospinto da maestri e dottori

ho preso abbrivi da vertigine

prima di sfiorare le altezze.

Ho azzardato percorsi

nei mari del Tutto e del Niente

e mi sono ritratto sgomento

perchè non vi ho scorto la sua scia.

A lui che è l'esistente

io non sapevo attribuire

che il breve spazio di un concetto.

Al Dio incommensurabile

non sapevo dare che l'angustia

delle umane misure.

Volevo riprodurre l'indicibile

aggiungendo parole a parole

e presumevo di stringere l'eterno

nei lacci fragili del tempo.

L'ho spesso redatto a mia immagine

per nascondere un'estrema impotenza.

Stremato dal lungo cercare,

ho posato per conforto lo sguardo

in quello dei miei figli

e nei loro occhi ho rivisto riflessa

la sua fascinosa bellezza.

 

FRENESIE DI VITA

Fu nel principio

del nostro autunno

che inusitate frenesie di vita

hanno approdato,

cara, nel tuo grembo.

Partimmo con un viatico

d'angosce e pallido

era il lume del pensiero

all'urgenza di reinventare

i giorni e gli anni.

Ma fu nel guado

di quelle acque infide

che si toccò nell'intimo

lo scoglio conosciuto

dei pensieri grandi:

quindi il mistero diventò gaudioso

e festa la novella epifania.

Incommensurabile, con lui,

lievita ora la nostra beatitudine.

Restiamo fissi

al dilagare della vita

che dai suoi  occhi va tracimando

in forme di sorriso

e ci regala giovinezza, ancora.

 

 

VIGILIA DI NATALE

Cercavo silenzi di cometa

in questa che è la notte delle attese,

ma alto nuovamente si è levato

lo strepitare degli scappamenti

nella corsa innumerevole di auto

alla nevrosi dell'ultimo parcheggio

per un'ultima cosa da acquisire

a far grassa la festa del dio Sole.

Cercavo paesi d'angeli

e ho trovato invece i bimbi

delle guerre, ancora derubati

del gioco e del sorriso,

se non anche sfregiati nella carne.

Cercavo voci miti di pastori,

ma qui ancora la parola

s'invischia di potere e si fa laccio

e frode e argine tra gli uomini.

Qui ancora si ostenta la ricchezza

davanti agli occhi dei diseredati.

Ormai nella città dell'uomo

non c'è più quasi niente che sia umano.

Me ne andrò per i campi questa notte,

alla cerca di pecore, di stelle...

e più che mai, credo, di una grotta,

di una nuova Betlemme che mi accolga.

 

LA COSA TERRIBILE

Caro Andrea, la tua è una storia

che si legge bene anche

dall'epilogo, dall'ora cioè in cui

quell'ultimo atomo di ossigeno

accorso a prolungarti la vita

è stato eccessivo nell'impatto

e ti ha fatto cadere per sempre,

tanto eri fragile ormai...

Ma quanto diverso e vitale

ti abbiamo conosciuto,

quanto saggio e intenso!

Ci donavi la tua socievolezza,

 e la bontà, e una serie inesausta

di progetti e proposte.

Ti esponevi gioioso ai richiami

della vita e mani premurose

ti additavano mete di preziosa umanità.

Poi, nel momento che era scritto,

furtivamente la morte si è nascosta

in qualche parte di te.

E, mentre i Tuoi si estenuavano

in lotte contro l'impossibile,

tu attraversavi dignitoso

le tappe della devastazione.

poi quando ti sei arreso,

è scoccata per noi l'ora

del pianto inconsolabile.

Così, per scelta, là nella tua chiesa,

ti abbiamo restituito a Cristo

perchè provvedesse a consegnarti

ossa robuste e muscoli potenti,

dal momento che in quelle

si era annidata la cosa terribile

e queste ti si erano sciolte

adosso inopinatamente.

Di tanta vita hai diritto ancora

lassù nei pascoli dl Cielo.

 

INTORNO A QUESTA BARA

Nella bara ci sei tu

e il conto dell'overdose.

I pensieri allo sballo, percossi

dall'eco ossessiva di ritmiche tribali,

ti seguo, passi d'automa,

su su verso la chiesa.

Mi schiaccia la vergogna

della mia presenza, oggi concreta

e incline alla pietà.

Mi segna il marchio di lunghe latitanze

da quando nello stordimento

della tua bellezza

giocavi in mezzo alla città

gli assi di facili vittorie,

a quando poi mettevi al saldo i tuoi averi

e bruciavi inesorabilmente tutto,

finchè da ardere non ci fu più niente:

né carne, né sogni, né emozioni...

Ormai cane randagio,

gli assenti di oggi ancora ti braccavano

per suggerti le ossa

sotto di un cielo tossico e precario.

Io no, stavo lontano,

cristianamente inorridito,

e mi stracciavo le vesti

mostrandoti col dito a scanso di contagio...

Agghiacciante stridore di indebite presenze,

oggi, e d'ingiustificate assenze

qui intorno a questa bara

che ti ha rapito ancora tanto giovane.

 

                                                                         

 

AL MODO DI SAMARE

Dio che semini le anime a spaglio

e al modo di sàmare di acero

le sciogli nel volo ad anfratti casuali,

resterà inesplicato mistero

la sorte del povero Denis,

il suo triste allignare quaggiù

nel ventre di gerbidi e sterpi.

Nulla intorno di bello,

nessun eco a conforto.

La mannaia dei soliti onesti

imminente alla mano talvolta

allungata a raccogliere solo minuzie

dove altri esibivano sciali.

Perun gioco di sogni e di ingegno,

assemblando reliquie e rottami,

si era fatto lo scooter.

Era lui a tradurlo alle soglie

accoglienti di infime bettole.

Poi, e sodale di nuovo fu il vino,

andarono insieme allo schianto

che porta alla morte, un grande

guadagno per chi non ha niente.

Lo conobbi, era timido e buono:

credo proprio che avanzi qualcosa.

 

PIORUM MINUTIS

Sull'alto fronte della mia chiesa

sta impressa, cubitale, la memoria:

"Piorum minutis atque labore".

E io che ho preceduto nel tempo

questa nostra recente

accidiosa opulenza,

so cosa fosse sottrarre minuzie

all'avarizia di queste terre

e affidare a corali  fatiche

l'impegno di portare sul colle

la pietra rubata al torrente

e riquadrarla con sapienza

e accudire al rito della calce

sfrigolante dal sasso riarso alle calcare

per compattare solidamente i muri.

E trovarsi la sera, le reni già spezzate

dal lavoro nei campi,

a un altro diuturno gioioso sudore,

per mettere in piedi,

nuova, la casa di Dio.

Sono di molto peso le parole

dipinte sul volto della mia chiesa

che è povera d'arte, ma impastata

di fede e umana fatica.

 

FARO AL TRAMONTO

Io ti conforto

amico

che ausculti trepido

il sibilo degli anni

nel vento ormai

dell'ultima regata,

io ti conforto

a volgerti arrendevole

al Grande Faro.

Chiari approdi  nel sole

e vivide emozioni

hai perseguito

nei giorni dell'orgoglio.

Se a incerti bitte

il tuo smaniare

e a sàgole disfatte

ha consegnato la tua barca,

piega oggi la randa

a golfi di certezza.

Dopo Cristo

gli ulissidi hanno scritto

solo povere cronache

caduche.

 

TU SOLO HAI PAROLE

Sono interno allo strepito

di questi nostri giorni,

sto nel disagio delle troppe voci

dal suono tanto gonfio e presuntuoso

quanto povero d'anima-

E allora mi prende il desiderio

di cercare lontane sintonie

con la voce antica di Jaweh

che aleggiava potente sopra il nulla,

o col canto appassionato dei Profeti

percorso già da attese di salvezza.

Cerco, credo, parole per la vita

nella voce inconsutile del Cristo:

le parole che ha soffiato al vento

e quelle sparse ai bivi polverosi

nei meriggi del sole assoluto,

o quelle seminate sopra l'erbe

cui l'arsura faceva sublimare

le intime fragranze, o le altre ancora

alitate contro il fuoco dei tramonti...

Cerco tutte le parole consegnate

all'arcano di quelle ore

che stanno sopra e fuori da ogni tempo

perchè fossero il faro di ogni vita.